Re Colapesce

Escursione del 28 settembre 2025

Escursione  del 28 settembre 2025 a Monte Cavallo  per il posizionamento  della targa del Progetto  Gli Ottomille.
Appuntamento  con Elena  Serban  alle 7,25 alla chiesa  di San  Luca. Cielo coperto dopo un acquazzone mattutino.
Partenza da Messina e arrivo  a Roccalumera  alle 7,50. Qui c’era  Giuseppe  Fava che ci aspettava  e siamo andati ad un vicino  bar per fare  colazione.
Posteggiata la macchina di Elena  sul lungomare  siamo  saliti  su quella di Giuseppe  che, con molta  disponibilità, oggi  ci fa da guida su un percorso diverso da quelli generalmente  indicati  per raggiungere  Monte  Cavallo  partendo da Mandanici  oppure  dalla Santissima.
Da Roccalumera abbiamo  imboccato  la via Torrente  Sciglio e poi la SP 25/b di Sciglio che abbiamo abbandonato ad una curva alcune centinaia  di metri  prima di arrivare  nel borgo per immetterci su una strada con le indicazioni Contrisa e Cammino valle del Dinarini.
Dopo  circa  venti  minuti  su una strada  che si inerpica tra i terreni coltivati,  con fondo a volte  sconnesso, tanto che in un   punto  abbiamo sgombrato le  pietre rotolate dal soprastante  pendio abbiamo superato  un nucleo di vecchie abitazioni di contadini  e di nuove ville con telecamere di sorveglianza e cancelli automatici , alle 8,35, a quasi cinque  chilometri  dalla deviazione, abbiamo parcheggiato la macchina in contrada Contrisa, vicino  ad un cancello  con un cartello  con scritto ” Attenti al cane feroce”.
Il  cielo è coperto e c’è minaccia di pioggia, e alle 8,37  ci incamminiamo sulla comoda strada in salita tra le ultime  case del piccolo nucleo di case .La pendenza è  accettabile,  andando avanti  si vedono dei bellissimi panorami : verso sud  Capo Sant’Alessio con il castello, monte Veneretta e Monte Kalfa  e dall’altra parte il castello di Fiumedinisi .
A un certo punto abbiamo incontrato un signore in macchina insieme alla moglie che  stavano  trasportando dei bidoni  di mosto prodotti nella sua vigna poco distante e Giuseppe gli ha chiesto informazioni sullo stato del sentiero Scillizzo e se  fosse percorribile o meno, ma non lo sapeva perché non andava da diversi anni.
Alle 9,15 abbiamo  incontrato un gruppo  di cacciatori con due fuoristrada e i cani   che si apprestavano ad una battuta di caccia ai cinghiali negli impervi valloni al di sotto della strada.
Prendendo spunto  da questa  pratica  abbiamo  parlato delle nostre  esperienze  personali  relative  ai pericoli che si possono  correre durante  le escursioni  per sgradevoli  incontri  con cani, maiali, bovini ed altre specie  e dei comportamenti  da seguire  per evitare problemi.
Dopo circa due chilometri  e 200 metri  dalla partenza,alle  9,20, in corrispondenza di una curva a sinistra , all’altezza di un albero con una strana incavatura, siamo arrivati  ad un bivio dove  a destra  la strada scende  nel vallone da cui provenivano i latrati dei cani e le voci di altri  cacciatori. 
La strada prosegue  in salita   verso Pizzo Speria e poi verso Pizzo Scillizzo .
La  morfologia dei luoghi  circostanti è caratterizzata da una  successione di picchi, crinali e burroni. Dalla linea di cresta, stretta e sinuosa, che corre ad un’altitudine media di 800-1000 m. precipitano a valle, entro gole profonde, innumerevoli corsi d’acqua che nel tratto medio-inferiore si aprono in ampie fiumare piene di detriti.
Le rocce più diffuse, di antichissima datazione, sono in parte di origine magmatica ed in parte metamorfica con  stratificazioni di scisti , quarzo, granito etc.. il suolo è  spesso in  arenaria  facilmente disgregabile ed asportabile dall’impeto delle acque.
Giuseppe lungo la strada ci ha indicato  i rilievi più importanti  visibili  su entrambi  i versanti con il caratteristico Pizzo  Faleco alla nostra  destra, raggiungibile con un sentiero  non particolarmente  agevole e con la parte sommitale franata negli scorsi  anni  nel vallone  sopra Fiumedinisi.
Le frane, di dimensioni anche imponenti,  sono visibili sui fianchi  delle montagne circostanti completamente prive di vegetazione  , distrutta da innumerevoli  incendi.
La strada a volte si riduce a una traccia che corre tra alti cespugli di salvione e di euforbie, ma non ci sono particolari problemi a parte qualche breve rampa .
Alle 10,15 la strada  passa in un boschetto molto fitto  di vecchi castagni  carichi di ricci non ancora maturi, con i  muretti a secco dei terrazzamenti in  ottime condizioni  e con una  casa con i muri perimetrali ancora integri.
Si avanza in uno scenario  completamente diverso rispetto  a quello desolato incontrato  poco prima e alle 10,29 si incontra un altro  rudere  completamente  incendiato di cui restano  solo  i muri, le travi carbonizzate del tetto  e  qualche  elemento  di arredo, oltre a una incongrua finestratura in alluminio  anodizzato.
Per un lungo  tratto, tra le pietre del sentiero, abbiamo  incontrato  migliaia di scarabei stercorari impegnati a realizzare le palline di sterco ovino, abbondanti  ovunque, lavorando  da soli o in gruppo.
Dopo circa mezz’ora, alle 11,03, a sei chilometri  dalla  partenza, si arriva ad una strada con un cancello in ferro che dà su una vallata  praticamente a strapiombo.
Qui si cominciano  a vedere i cartelli triangolari, completamente sbiaditi, che delimitano la zona della riserva   Fiumedinisi/Monte Scuderi.
Da destra arriva la  strada che parte dalla Santissima, costeggia il torrente  Capitanello e attraversa la contrada Brunno.
Dopo 700 metri, in parte avvolto  nelle nuvole, appare il massiccio del Monte Cavallo  e alla sua  destra punta Murtareddu.
Si prosegue sulla strada sterrata e dopo un’ampia curva a sinistra, a sette chilometri  dalla partenza , si incontra una strada che va a sinistra ma che non si deve prendere.
Poche centinaia  di metri dopo, sulla destra, si imbocca una traccia che porta   in cresta in un tratto quasi fuori  pista   che passa da Portella Palumba.
Sono le il cielo si è  completamente  annuvolato, il vento  soffia a raffiche e comincia  a cadere qualche goccia di pioggia  che fa temere il peggio, ma noi non demordiamo e iniziamo  decisi la risalita  sul sentiero , poco più  di una traccia,  piuttosto confuso tra pietre e con strapiombi da entrambi  i lati puntando verso punta Murtareddu.
La rampa, di quasi 900 metri , è  piuttosto  impegnativa con pendenza media del 18%.Nel tratto  finale costeggia una recinzione , in parte abbattuta perché  gli incendi hanno bruciato i paletti di sostegno, e alle 12,13 raggiungiamo un’altra trazzera proveniente anch’essa da destra da Fiumedinisi.
Abbiamo proseguito su  questa strada verso Monte  Cavallo per alcune centinaia  di metri e, prima di arrivare ad un grosso albero di agrifoglio che la costeggia, l’abbiamo abbanbonata inerpicandoci sul fianco della montagna , su un sentiero abbastanza  visibile che porta sulla “sella” dalle quale abbiamo raggiunto le due gobbe del monte.
Alle 12,32, a quasi nove chilometri dalla partenza , abbiamo raggiunto la nostra  meta: il punto più alto di Monte  Cavallo.
La montagna è   una delle cime principali dei Monti Peloritani, situata tra i territori di Mandanici, Fiumedinisi e Santa Lucia del Mela. raggiunge un’altezza di 1 216 metri sul livello del mare.
Al nostro  arrivo  in cima spirava un vento piuttosto forte e, nonostante la temperatura non fosse particolarmente bassa, siamo stati costretti ad indossare le giacche a vento..
Nuvole basse coprivano tutto , ma quando c’era qualche spiraglio si aveva un’idea del  territorio circostante, con  panorama sul borgo di Mandanici, sull’area selvaggia, fittamente boscata del cosiddetto Bosco San Ferdinando, porzione montana appartenente al comune rivierasco di Nizza di Sicilia, e su tutto il paesaggio che si puó ammirare dai crinali peloritani.
Tutta la parte sommitale è coperta da rocce di un bianco smagliante che ricordano il marmo e da steli secchi di cardi.
Dopo una breve ricognizione e consultazione abbiamo  scelto  il luogo in cui  posizionare  la targa, vicino ad una fossa  circolare profonda una sessantina di centimetri che sembra  essere stata  scavata artificialmente , piena di cespugli  verdi di salvione.
La roccia è risultata molto dura e solo con l’ausilio della percussione sul trapano abbiamo  fatto  i quattro  fori per il fissaggio, usando punte  di diametro  crescente, per alloggiare i tasselli ad espansione preventivamente cosparsi di acciaio liquido.  Dopo circa quaranta minuti di lavoro  Elena ha ufficialmente scoperto  la targa e abbiamo  scattato  le foto  che ci immortalavano sul posto.
Mentre eravamo in cima abbiamo esaminato  la possibilità  di non fare la stessa  strada  percorsa all’andata per vedere  luoghi diversi, in particolare  Postoleoni, distante, secondo  Giuseppe, poco più  di mezz’ora, ma questo  avrebbe comportato la necessità di trovare un mezzo di trasporto  per raggiungere  la macchina. Alberto, superando  la reticenza di Giuseppe, ha telefonato  a Marcello per verificare  la sua disponibilità  a prenderci a Mandanici e una volta ottenuta, abbiamo deciso  quale  itinerario  seguire.
Alle 13,35 siamo scesi dalla cima per raggiungere  la strada  in basso  senza seguire  un sentiero, camminando in fuori pista tra le rocce sparse  e,  nella parte più in basso,  tra le alte  felci dove , dopo un quarto  d’ora, poco prima di raggiungere  la strada, abbiamo  incrociato  un grosso  bruco.
La sterrata prosegue con contenuti  saliscendi  tra alberi di lecci,abeti, robinie e pini, uno dei quali , con buona parte delle radici nel vuoto, abbiamo  fotografato  alle 14,20.
Dopo un paio di minuti abbiamo superato i ruderi di una piccola costruzione,  parzialmente coperta con lastre di eternit, che in passato  ha offerto rifugio ad alcuni escursionisti guidati da Giuseppe.
Alle 15,37 abbiamo superato due pilastri posti ai lati della strada per alloggiare una catena e da qui si ha un’altra prospettiva di Monte  Cavallo e del mare Ionio.
Alle 14,41, a circa 2,2 chilometri dalla cima, dopo avere superato pizzo Cipolla, la strada si innesta  sulla Dorsale  dei Peloritani che,; a destra prosegue per Monte Poverello, Piano ppseguendo si apprezzano  splendidi panorami sui boschi e sulle vallate.
Dopo una decina di minuti si supera un cancello verde che sbarra una pista forestale  di servizio che scende  verso destra e dopo altri dieci minuti si intercetta fonte Lilicita dove si possono  riempire  le borracce.
Da qui in avanti  la Dorsale  si apre sul versante tirrenico con bellissimi scorci sulle montagne, su Rocca Vernava  e , in fondo, sulla penisola  di Milazzo e  sul mare.
Alle 15,15 siamo  finalmente arrivati a Postoleoni, a 4 chilometri  e mezzo dalla partenza.
L’area  attrezzata è ben tenuta, ci sono molti tavoli con panche, strutture per  fare la brace,due  fontane e un caratteristico pagliaio con dentro panche dove  si può trovare riparo in caso  di maltempo,  dal momento  che il grande  edificio in muratura e i locali  posti più  in basso sono chiusi  al pubblico.
Nella vasta area  c’è anche  un laghetto circolare completamente  recintato per impedire di accedere per evitare incidenti come quello accaduto nel maggio del 2018 quando vi annegò un uomo di Mandanici.
Preso posto  ad uno  dei tavoli abbiamo consumato il nostro pranzo mentre dal cielo, nuovamente annuvolato, cadeva qualche gocciolina di pioggia.
L’area  ricade nel  comune  di Pace  del Mela, e  seguendo  una strada  in discesa  si arriva a Castel di Margi e a Castroreale.
Noi invece, intorno alle 16,00,  ci siamo  rimessi  in cammino  sulla strada  che ,in salita, porta  a Pizzo  Mualio.
Dopo una quindicina di minuti abbiamo  superato  una edicola votiva eretta come ex voto di ringraziamento alla Vergine Maria dai due componenti della pattuglia della Forestale da lei salvati in un incidente  del 28 dicembre 1992 e dopo cinque minuti siamo arrivati ad un palo con sopra  una stazione metereologica alimentata da due  pannelli  solari.
Qui si lascia la Dorsale dei Peloritani  e si prosegue  sulla Trazzera  Mandanici-Piano Margi-Castroreale.
Alle 16,24, a un chilometro  e mezzo da Postoleoni, alla fine della salita, sotto  Pizzo Mualio, abbiamo fotografato  una lapide con sopra  scritto: ” A MARCELLO, IN RICORDO DEL PIACEVOLE TEMPO TRASCORSO INSIEME “ci è sembrata simpatica e l’abbiamo  postata sulla chat di Recolacafè.
A questo  punto ci siamo resi conto di essere  stati troppo  ottimisti quando avevamo dato  appuntamento  a Marcello alle 17,00 a Mandanici  e  gli abbiamo telefonato per dirgli di arrivare  più tardi, ma la connessione non è riuscita.
Da qui in avanti  la strada  è  tutta  in discesa e l’abbiamo  seguita  senza prendere alcuna  deviazione, superando alle 16,30 il cancello con uno scavalco che porta ad un casolare  ristrutturato  con un orto ben curato e successivamente Fossa Lupo, da dove parte  una pista  che porta  al Torrente Dinarini, affluente  del Torrente  Pagliara che raggiunge  Mandanici.
Per buona parte  del percorso  la strada  corre tra gli alberi  e supera il bosco delle Fate, dove anni  fa Giuseppe  incontrò un essere di bassa statura, quasi uno gnomo.
Partendo da questa  esperienza la conversazione  è  scivolata su fatti inspiegabili accaduti in diverse occasioni e  Elena ci ha parlato del libro che sta leggendo in questi  giorni, scritto da Giandomenico Ruta, intitolato “Messina Infernale ” che tratta di fatti inquietanti che sono avvenuti in città, la terza, dopo Torino e Genova in cui ci sono persone che credono nel diavolo e celebrano messe nere e riti satanici con sacrifici umani.
Secondo  l’autore ci sarebbero  1800 persone affiliate a queste sette i cui capi sarebbero insospettabili professionisti e uomini di potere della “Messina bene”.
Ad un certo punto ha chiamato Marcello,; che era già  arrivato  a Mandanici  insieme  a Santino,  e Giuseppe  gli ha detto  di proseguire  fino alla fine della strada asfaltata.
Proseguendo siamo stati  superati da un gruppo di ciclisti che successivamente hanno  incontrato  Marcello.
Alle 17,30 dopo  più di un’ora di discesa, abbiamo  visto un cartello  che indica il “Cammino Valle Dinarini” posizionato  in maniera  errata  e Giuseppe  lo ha ruotato  come necessario.
Superato pizzo Melia, dove è installato un brutto, ma necessario ripetitore, siamo stati  nuovamente chiamati  da Marcello  che aveva proseguito  anche sulla strada  sterrata e finalmente  , alle 18,00 circa, siamo arrivati alla sua macchina.
Marcello  ci ha accompagnati al lungomare  di Roccalumera dove c’era la macchina di Elena  e siamo tornati  a Messina e poi hanno  portato  Giuseppe a recuperare  la sua macchina al punto  di partenza.
Il percorso complessivo registrato è stato  di circa 22 chilometri, con una ascesa di 890 metri, il trekking è stato  particolarmente  piacevole, sia per i luoghi attraversati che per la piacevolissima compagnia e Giuseppe  si è  dimostrato, ancora una volta, una guida attenta  e responsabile.

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