Inizio del trekking sul Sentiero del Brigante, prima tappa ,da Gambarie ai Piani della Limina.
Appuntamento con Carmelo Geraci alle 5,10, raggiunti al porto Stefania Davì e Antonio Zampaglione e preso il catamarano della Liberty Lines alle 5,30 ormeggiato a Reggio alle 6,00.
Dopo dieci minuti siamo arrivati alla vicina fermata ATAM, accanto alla Ipercoop, e sulla panchina abbiamo trovato un tablet abbandonato. La biglietteria e il supermercato erano ancora chiusi e non sapendo a chi lasciarlo abbiamo iniziato la ricerca del proprietario.
Alle 6,54 è passato l’autobus n.319, guidato dal signor Giovanni ( il nome lo aveva avuto Antonio dal suo collega che giorno 12 aprile ci aveva portati a Mammola) e alle 8,00 siamo arrivati al capolinea a Gambarie al Ritrovo Romeo . Qui abbiamo sostato per il caffè e per continuare la ricerca del proprietario del tablet.
Ottenuta dalla segretaria di una scuola di Venetico , che avevamo contattato precedentemente perché avevamo trovato il numero sulla rubrica interna, l’indicazione della scuola Jerace di Polistena, dove pare che insegni la proprietaria, abbiamo cercato su internet il numero e abbiamo chiamato una impiegata dell’ufficio del personale alla quale abbiamo spiegato quanto accaduto lasciando il recapito telefonico di Alberto. Poco dopo la proprietaria del tablet, Emanuela Pirrone, rintracciata dalla collega , lo ha chiamato e inizialmente voleva conto e ragione del perché lo avessimo portato a Gambarie dove avrebbe avuto difficoltà per recuperarlo. L’autista del pullman non era disposto a prenderlo in custodia per riportarlo a Reggio , ma grazie alla disponibilità della proprietaria del locale abbiamo concordato che lo avremmo lasciato in custodia a lei.
Nel frattempo un simpatico avventore , che aveva sentito il cognome della proprietaria, ha capito che si trattava della sorella di un suo amico che ha contattato telefonicamente , gli ha spiegato l’accaduto ed ha ritirato il tablet per consegnarglielo.
Tutto sembrava risolto nella maniera migliore, ma poco dopo la proprietaria ha telefonato nuovamente ad Alberto e, con un tono piuttosto indisponente, si è lamentata perché non voleva avere contatti con il fratello. Mandata elegantemente a quel paese, siamo andati in una bottega locale, segnalata da Carmelo ieri, dove Antonio ha comprato un tipico panino con il quale ha fatto colazione.
Seguendo le indicazioni che ci aveva fornito un dipendente della Forestale ci siamo mossi in direzione di Tre aie alla ricerca dell’inizio del sentiero n.100, ma una volta arrivati alla fontana con accanto un abete monumentale ci siamo resi conto che le informazioni erano errate e siamo tornati indietro.
Sulla strada abbiamo Incontrato una macchina dei Carabinieri Forestali a cui abbiamo chiesto informazioni sul sentiero e la loro risposta ci ha un po’ spiazzati perché hanno detto che il sentiero è privo di manutenzione, con alberi caduti che intralciano il cammino e scarsamente segnalato.
Giunti in piazza ci siamo accorti della presenza di una tabella che indicava l’inizio del sentiero dalla parte opposta a quella da cui venivamo e seguendola siamo arrivati , alle 10,45, nei pressi del lago Rumia.
Non avendo trovato neanche da questa parte l’inizio del sentiero siamo tornati al Ritrovo di Gambarie e dopo aver scambiato due chiacchiere con la titolare e fatta una foto insieme, alle 11,45 abbiamo preso gli zaini e siamo tornati alla bottega dove abbiamo fatto preparare alcuni panini anche per chi ci avrebbe raggiunti più tardi.
Seguendo il segnale sulla tabella posta
nella Piazza Mangeruca di Gambarie (m.1304) ci siamo nuovamente incamminati lungo la SP 3, in direzione lago Rumia .
Dopo 550 m. circa, s’imbocca, sulla destra, il sentiero (inizialmente non di facile individuazione), contrassegnato da segnavia a strisce verticali di colore rosso-bianco-rosso con al centro , a volte,l’acronimo SB100 ( Sentiero Brigante) e da segnavia a strisce orizzontali bianco rosso poste sugli alberi a distanza di una ventina di metri una dall’altra.
A questo punto ci siamo fermati per aspettare l’arrivo degli altri briganti che avevano preso il catamarano delle 10,0 e l’autobus che li ha portati a Gambarie alle 12,25.
Alle 12,40 il gruppo, formato da Marcello Aricò, Filippo Cavallaro , Rosalba Fera, Giuseppe Finanze, Caterina Iofrida,Rosario Sardella e i Giuseppe Spanò, si è unito a noi e ci siamo messi in marcia per raggiungere il rifugio Il Biancospino ai Piani di Carmelia.
Dopo un breve tratto rettilineo, la strada piega di 90° gradi a sinistra e prosegue nel Bosco di Gambarie (Terreni Rossi).
Alle 12,57 abbiamo incrociato una fontana e alle 13,05 abbiamo iniziato la discesa che conduce , dopo una ventina di minuti, al Torrente Saltolavecchia ,( a quota 1352 metri.
Tolte scarpe e calze abbiamo facilmente
guadato la fiumara scattando le prime foto significative del percorso.
Dalla sponda opposta si risale, per un breve tratto, fino alla strada interna Pidima-Quarti per circa 350 m., quindi s’imbocca, sulla destra, superando un dislivello di pochi metri, il sentiero che attraversa la faggeta a ridosso del Laghetto Rumia.
Proseguendo in direzione Nord-Ovest e attraversando più di un ruscello, alle 13,35 abbiamo intersecato la strada asfaltata che si segue per un centinaio di metri fino a quando , sul lato destro , a una ringhiera in legno a protezione di alcuni gradini, si trova una tabella che indica la località Piani Quarti distante venti minuti .
Si procede lungo il margine dei Piani, si piega a destra e, dopo un breve tratto in salita lungo una strada sterrata, si piega repentinamente a sinistra per immettersi nel sentiero che scende a zig-zag fino al ruscello che scorre lungo il Vallone delle Serre.
Superato alle 14,05 il ponticello in legno sopra il ruscello ci siamo accorti che mancavano all’appello Giuseppe S., Giuseppe F., Stefania , Filippo e Rosario per cui Alberto è tornato indietro fino all’inizio della discesa per recuperarli.
Arrivati al ponticello ci siamo associati a quelli che ci aspettavano e abbiamo fatto una sosta fino alle 14, 45 per consumare il pranzo.
Riguadagnata quota abbiamo seguito il sentiero che s’insinua per un breve tratto nella boscaglia, fino a intercettare l’antica strada, in parte acciottolata, che sale, sulla destra, verso il bivio Nino Martino a quota 1351 metri , che abbiamo raggiunto alle 15,30 dopo aver attraversato, un quarto d’ora prima, un altro ponticello in legno.
Alle 14,55, anticipata da un fragoroso tuono, era intanto iniziata una forte pioggia, diventata quasi subito grandine, che è durata circa mezz’ora.
Le tabelle poste sul sentiero , sistemate con criterio cinofallico, cominciavano a ” dare i numeri” perché le distanze indicate, espresse in minuti di percorrenza, non erano congruenti con la strada percorsa.
Proseguendo lungo la strada, in parte sterrata, che sale dolcemente in direzione Nord-Est , alle 15,45 siamo arrivati all’incrocio del sentiero 122 a 1374 metri di altezza.
Seguendo la direzione dei cartelli indicatori , alle 16,10 siamo arrivati alla sorgente Acqua del Monaco (m.1425), che si trova a destra della strada, a poche decine di centimetri da terra, dove si può fare rifornimento d’acqua.
Lasciata la sorgente, si sale, per un breve tratto, fino a uno slargo dal quale si dipartono due strade sterrate.
Un cartello, raggiunto alle 16, 17 indica la direzione del Passo delle due Fiumare a mezz’ora di strada. Si segue quella di sinistra, che si snoda a mezza costa per pochi metri prima di immettersi, sulla destra, nella strada sterrata che scende fino al Passo delle Due Fiumare che abbiamo raggiunto alle 17,26 ( quaranta minuti in più rispetto a quanto indicato )
Alle 17,31 abbiamo superato su un ponticello
la Fiumara Vasì e, cinque minuti dopo, sempre su un ponte in legno, la Fiumara del Cervo .
Il tracciato s’inerpica lungo il sentiero che, ben presto, si immette in una più comoda strada sterrata di mezza costa.
Si piega a sinistra e si segue, per un breve tratto, la suddetta strada sterrata.
Alla prima biforcazione si piega a destra e alle 18,09 siamo arrivati a Serro di Cistinari a quota 1357 metri.
La strada prosegue in salita e più di qualcuno ha cominciato ad accusare una certa stanchezza che ha rallentato la marcia.
Alle 18,30, dopo avere superato un altro ruscello, abbiamo incontrato una bella salamandra dai vivaci colori che abbiamo fotografato,e finalmente alle 18,47 abbiamo raggiunto la piacevole radura del Piano Melia (m.1393).
Si prosegue verso sinistra, lungo la strada, in parte acciottolata, che dopo un centinaio di metri si abbandona, per immettersi, verso destra, nel sentiero in discesa che s’insinua nella boscaglia.
Arrivati in fondo al sentiero, al ruscello Mignotta, è successo un imprevisto: Caterina nell’attraversarlo, è scivolata ed è caduta nell’acqua gelida facendosi molto male alla caviglia sinistra.
L’ha colta una crisi di panico che ha superato solo con l’intervento di Antonio, sopraggiunto a velocità, nonostante il dolore ai piedi che lo faceva soffrire.
Con l’aiuto di Filippo, tornato indietro per soccorrerla, di Antonio e di Alberto, muovendosi con estrema cautela sulle pietre instabili e sdrucciolevoli e superando i lancinanti dolori che la tormentavano quando appoggiava il piede a terra, cadendo un’altra volta in acqua quando il bastoncino tirato da Alberto, a cui si era aggrappata, si è sfilato dal manico, è passata sull’altra sponda ed è iniziata la faticosa salita su un sentiero sconnesso e pieno di pietre smosse dalla violenta pioggia del pomeriggio.
Si avanzava a piccoli passi, sostenendo da entrambe le braccia Caterina in modo da diminuire il peso scaricato sul piede e contenere , per quanto possibile, il dolore.
Il buio stava scendendo rapidamente e Rosalba, rimasta indietro con noi faceva luce con la torcia elettrica,estratta dallo zaino da Antonio, per illuminare il percorso.
Non avevamo idea di quanta strada mancasse prima di arrivare alla fine della salita e poi alla strada asfaltata ed eravamo molto preoccupati.
Fortunatamente alle 20,13 , Antonio Barca, titolare del rifugio Il Biancospino , che ci aspettava, preoccupato del nostro ritardo, ha telefonato ad Alberto ed è riuscito, dopo diversi tentativi falliti, a mettersi in contatto con lui che gli ha raccontato la nostra disavventura chiedendogli di venire in nostro soccorso.
Antonio è stato immediatamente disponibile, ma da quanto aveva sentito non era riuscito a capire dove ci trovassimo. Il tentativo di inviargli la posizione su whatsapp è abortito per mancanza di campo e subito dopo il telefono si è scaricato completamente e si è spento.
Nel frattempo Marcello era andato avanti e anche i due Giuseppe, forzando l’andatura, avevano raggiunto la strada asfaltata.
La situazione era decisamente grave, l’oscurità era ormai totale, Caterina era completamente bagnata, demoralizzata e molto stanca e procedendo alla velocità consentita dalle sue condizioni sarebbero state necessarie diverse ore per arrivare a destinazione.
Vista le lentezza con cui si procedeva nell’andare verso piani di Carmelia, anche Filippo da solo e con due zaini , si è avviato per raggiungere gli altri e descrivere la situazione che Caterina, Antonio, Alberto e Rosalba stavano affrontando.
Dopo circa 10 minuti di cammino ha visto avvicinarsi le luci di un mezzo.
Era quello su cui c’erano Antonio Barca,del rifugio, e Giuseppe S. che per prima cosa gli hanno chiesto come stesse Caterina.
Saputo che il gruppetto distava una decina di minuti e che stava lentamente superando la salita si sono resi conto che con il loro mezzo non avrebbero avuto problemi a raggiungerli.
Mentre i due procedevano verso il ruscello Mignotta, Filippo avanzava da solo verso i piani di Carmelia con i due zaini in spalla che gli hanno fatto da ammortizzatori nella caduta che lo ha colto da lì a poco.
Arrivato ai piani di Carmelia, Filippo non ha trovato gli altri perché nel frattempo erano stati recuperati dalla macchina di Teresa, la moglie di Antonio, e portati al rifugio.
Quando lo sconforto stava per avere il sopravvento, come in un film di avventura, abbiamo visto in alto sopra di noi le luci di due fari e subito dopo abbiamo sentito il rumore di una macchina: era Antonio con il suo pick up che, insieme a Giuseppe S., ci aveva raggiunti.
Saliti a bordo, con Alberto sul cassone,abbiamo invertito il senso di marcia e siamo andati sulla strada sterrata verso la strada asfaltata prendendo a bordo anche Filippo che , procedendo da solo con due zaini ( il suo e quello di Alberto) era caduto e si era procurato sotto il pantalone una piccola escoriazione superficiale allo stinco di sinistra.
Finalmente alle 22,00 circa, con grande sollievo, abbiamo raggiunto il rifugio, lontano alcuni chilometri dal torrente Mignotta.
Teresa si è subito attivata per dare assistenza a Caterina , facendola cambiare ed asciugare e mettendole una pomata sulla caviglia, mentre gli altri facevano la doccia e prendevano posto nelle stanze.
La sistemazione adottata ha visto Antonio e Caterina e Stefania e Rosalba in due camere doppie al pianterreno,Filippo, Giuseppe S. e Alberto al primo piano e nelle altre due Marcello e Carmelo in una e Rosario e Giuseppe F. nell’altra.
Intorno alle 23,00 è arrivata l’ora della attesa cena, la cuoca ha preparato una squisita pasta con patate e zucchine, frittata , melenzane e mozzarella , ‘nduia, grigliata mista, patate lesse, apprezzate da tutti.
Dopo che Filippo ha verificato che la caviglia di Caterina non fosse rotta ha lasciato la pomata e la protezione che aveva messo Teresa e dopo una valutazione palpatoria di dorso e pianta del piede destro, riconoscendo un presumibile trauma della parte prossimale del metatarso del terzo raggio ed una irritazione della benderella plantare che irradiare su 2 e 1 raggio, le ha fatto calzare la scarpa in modo da contenere il piede.
L’esperienza di oggi ci è servita da insegnamento: non bisogna fidarsi solo delle indicazioni e delle recensioni trovate in rete che considerano la tappa relativamente semplice , mentre in effetti il fondo delle strade, reso viscido ed instabile a causa dell’abbondante acqua ha reso difficoltoso il cammino e insieme alla forte grandine ha fatto raddoppiare i tempi di percorrenza per cui è sempre meglio partire al più presto possibile. .
Il percorso rilevato su Komoot di Alberto, dall’inizio del sentiero, fino al Torrente Mignotta è stato di 15,5 chilometri.
30 aprile
Prima di iniziare la cronaca della giornata mi sembra doveroso accennare al rifugio in cui siamo stati ospitati che ieri notte, dopo le traversie descritte, non avevamo apprezzato come merita.
Il nome deriva da un grande albero di biancospino dalle dimensioni particolari che è inserito nel registro dagli alberi monumentali d’Italia con il numero identificativo 001/D268/RC/18 per età, dimensioni, forma e portamento.
La caratteristica costruzione si trova a 1260 metri di quota, immersa nel verde di un grande giardino alberato fiorito e ben curato, all’interno di una proprietà di diversi ettari.
È stato realizzato nel 2001, è aperto da aprile a novembre ed è punto di riferimento per gli escursionisti e gli amanti della mountain bike.
Ha venti posti letto distribuiti in confortevoli camere identificate non con numeri , ma con i nomi delle cime dei monti che circondano il rifugio.
I due servizi in comune con doccia , wc e lavandino si trovano al pianterreno dove c’è anche l’accogliente zona soggiorno, con un camino, diversi divani e un lungo tavolo.
Nella funzionale cucina adiacente Teresa prepara squisite pietanze utilizzando prodotti locali e ortaggi e verdure coltivate nell’orto.
I particolari sono ben curati e si respira un’atmosfera familiare, grazie ad Antonio e Teresa, ospiti disponibilissimi.
Nella veranda all’ingresso si lasciano gli zaini e questa pratica ieri sera si è rivelata provvidenziale perché ha evitato che la processionaria, che era caduta su qualche zaino, si diffondesse all’interno.
A questo proposito c’è da dire che Marcello, nel mettersi il pigiama, si è accorto di essere stato in contatto con un esemplare che gli ha causato dolorose irritazioni in tutto il corpo.
Antonio è una delle guide più anziane del Parco dell’Aspromonte e promotore dello stesso ed è conosciuto, apprezzato e stimato per la sua competenza , umanità e spirito di servizio ( a dimostrazione della sua “fama” ieri gli abbiamo portato i saluti di tre persone incontrate a Gambarie che ce lo hanno raccomandato per le sue qualità).
Anche un grosso esemplare di docile pastore maremmano, di nome Sansone, rende caratteristico il rifugio.
Alle 8,30, abbiamo preso posto al tavolo e fatto colazione con latte, caffè, te, pane a fettine e marmellate di arance, prugne e limoni.
Alle 9,30, dopo aver fatto asciugare al caldo sole gli indumenti e le calzature umide per la pioggia di ieri e fatto una foto di gruppo con tutti i partecipanti, ci siamo messi in cammino.
Antonio e Caterina sono stati accompagnati in macchina a Delianuova , per incontrarsi con il figlio che era venuto da Messina a prenderli.
La seconda tappa del sentiero va dai piani di Carmelia all’ex Sanatorio di Zervò , ma noi, seguendo il suggerimento di Antonio, abbiamo fatto una deviazione per raggiungere la cima di Monte Fistocchio.
Lasciato il Rifugio si prende la strada a destra, che dopo circa 900 metri incrocia la strada che dai Piani di Carmelia conduce a Zervò e al Piano Zillastro. Si segue a sinistra e dopo poche decine di metri, lasciata in alto a destra una fontana con un poderoso getto d’acqua si
piega a destra per immettersi nel sentiero che sale verso Monte Fistocchio, individuato da segnavia orizzontali bianco-rosso e dal numero 133 (Catasto Sentieri PNA) .
Il sentiero, in costante e leggera salita,si snoda tra bellissimi boschi di faggi illuminati dalla splendida luce mattutina, raggiungendo alle 11,00 la fontana di località Fontanelle a quota 1410 metri e alle 11, 05 il passo Mastrangelo a quota 1420.
Intercettata la strada asfaltata proveniente da Montalto che conduce a San Luca e poi a Polsi
abbiamo fatto una sosta su un muretto e Filippo ha cantato ” Camicia rossa ” coinvolgendoci nel ripetere il ritornello.
Ripreso il cammino Filippo ha parlato della storia di Garibaldi, del suo ferimento dell’Aspromonte , degli intrighi diplomatici e delle manovre poco note che portarono all’unità d’Italia.
Dal passo si sale a sinistra lungo la strada asfaltata e in prossimità dell’incrocio con la strada di cresta si lascia la strada asfaltata e si procede sul ripido pendio erboso a sinistra “tra gli alberi che neve e vento hanno fatto chinare , quasi a salutare chi sale in cima” fino a raggiungere alle 12,05 la vetta di Monte Fistocchio (m.1568), distante circa cinque chilometri dalla partenza,dalla quale si gode la vista di incantevoli scorci panoramici.
Tra il verde risaltano piccole e grandi pietre sparse ovunque che alla sommità sembrano disposte in modo preciso che fa ipotizzare che il materiale sia servito per la costruzione di un avamposto militare di una certa importanza, vista la posizione altamente strategica.
Lo sguardo spazia a 360 gradi , con la cima di Montalto a sud e a est lo Ionio con la caratteristica mole di Monte Pietra Castello.
I boschi di faggi e di abete , con le diverse sfumature di verde, il cielo azzurro e il prato coperto di fiorellini bianchi e gialli sono uno spettacolo appagante.
Il sole caldo ha permesso ad alcuni di restare a torso nudo e apprezzare il contatto con l’erbetta sul prato.
Alle 12,40, dopo la foto di gruppo, siamo tornati indietro per imboccare il sentiero SB 100.
Alberto e Carmelo hanno cercato una scorciatoia che aveva indicato Antonio Barca e che avrebbe permesso di risparmiare strada, ma, non avendola trovata, siamo stati costretti ad arrivare nuovamente all’imbocco del sentiero al passo Mastrangelo.
Seguendo le indicazioni ci siamo addentrati nel bosco e dopo circa un’ora e mezza dalla partenza, a circa 2, 6 chilometri dalla cima , ci siamo fermati per mangiare il nostro panino, comodamente sul tronco abbattuto di un grosso faggio sradicato dal vento.
Dopo una ventina di minuti, ritemprati e rifocillati, abbiamo ripreso il cammino seguendo la segnaletica e alle 14,50 siamo arrivati a Baraccone a quota 1379 metri. La ta6bella indica il passo della Cerasara a 50 minuti di distanza, ma noi l’abbiamo raggiunto solo alle 16,30, cioè un’ ora e quaranta minuti dopo.
Le indicazioni riportate al passo , a quota 1399 metri, danno Croce di Toppa a 30 minuti e Piani di Zervò a 1 ora e 10 minuti.
Da qui, sulla sinistra, ha inizio la strada sterrata che scende a valle fino a intercettare la strada Piani di Carmelia, Zervò, Zillastro nei pressi della Croce di Toppa (m. 1218) dove siamo arrivati alle 17,25 e abbiamo fatto una lunga sosta per aspettare Marcello e Filippo che tardavano perché avevano allungato il cammino non essendosi accorti dei segnali che indicavano una deviazione a novanta gradi a destra sul sentiero in discesa.
I cartelli qui posizionati indicano Zervò a 40 minuti e Terreno Russo a 20.
Si piega a destra lungo la strada asfaltata per circa 700 metri, prima di immettersi, sulla sinistra, nel sentiero, immerso nel bosco che conduce all’ampia pianura di Panacuma.
Prima di imboccare il sentiero ci siamo fermati per capire quale strada convenisse seguire e abbiamo deciso di seguire il sentiero.
Andando avanti si piega a destra e si prosegue lungo la strada sterrata che si snoda ai margini della pianura.
Arrivati a Terreno Russo alle 18,31 , visto che che Marcello e Rosario non si vedevano, Alberto è tornato indietro a cercarli e quando sono arrivati abbiamo proseguito per raggiungere il resto del gruppo.
Alla biforcazione ancora a destra per immettersi nel sentiero che si sviluppa nel bosco, attraversa due piccoli corsi d’acqua, e sale dolcemente verso la grande pineta.
Nonostante la segnaletica abbiamo smarrito più di una volta il sentiero, ma con l’aiuto di Franco Napoli, che ci ha detto che i Piani di Zervò e il Sanatorio sono praticamente la stessa cosa , abbiamo proseguito lungo la strada sterrata fino a quando è apparsa, intorno alle 19,15 l’imponente struttura del Sanatorio.
Il complesso fu realizzato per accogliere i malati di tubercolosi, inaugurato il 28 ottobre 1929 solo pochi anni dopo, nel 1934, a causa del clima freddo-umido della zona, poco compatibile con le esigenze dei malati, cessò la propria funzione e restò abbandonato per diversi decenni , danneggiato dalle intemperie e dagli uomi
A seguito di una ristrutturazione, dal 1996 al 2014, tali strutture sono state utilizzate in concessione da una delle Comunità Incontro di Don Pierino Gelmini (morto il 12 agosto 2014). A seguito della morte di Don Gelmini la Comunità ha terminato la sua presenza in Zervò.
Il complesso edilizio è stato quindi restituito al Comune di Scido che con un bando pubblico, dal 2 giugno 2015, ha concesso lo stesso, con contratto di comodato d’uso a titolo oneroso alla Cooperativa Sociale “Il Segno” di Oppido Mamertina.
Una parte della struttura accoglie, in comode stanze con bagno in camera, i viaggiatori a piedi o in bicicletta e il ristorante ‘ U rifuggiu du’Bati offre ottimi piatti locali.
La sistemazione nelle stanze di stasera, in camere triple, vede Rosalba e Stefania insieme a Marcello, Carmelo, Giuseppe F. e Alberto e Filippo, Rosario e Giuseppe S..
Dopo la doccia, fatta con acqua tiepida , alle 20,30 ci siamo ritrovati per la cena in un tavolo lungo tavolo apparecchiato per noi.
Nella sala, oltre al nostro c’era un tavolino per una coppia di ciclisti provenienti da Firenze e un altro per un ciclista bolognese che viaggiava da solo.
Il menù prevedeva Bruschette con olio e con pomodoro,olive piccole, zucchine grigliate, pasta con il sugo del maiale nero, grigliata mista, patate lesse accompagnate da un vino leggermente liquoroso , ma molto gradevole.
Dopo cena alcuni di noi sono usciti a vedere le stelle mentre gli altri sono andati nel salone a chiacchierare intorno al fuoco acceso nel camino.
La tappa di oggi, secondo le indicazioni reperite in rete, sarebbe dovuta essere di 13 chilometri da percorrere in cinque ore , noi abbiamo impiegato dieci ore percorrendo complessivamente poco meno di venti chilometri (dato ricavato dal contapassi di Alberto, considerata la salita a monte Fistocchio e vari andirivieni).
1 maggio
Terza tappa dal Sanatorio di Zervò al ristorante La Quiete dei Monti al villaggio Trepitò.
Mi sono alzato alle 7,30 ed ho preso qualche appunto sulle due tappe percorse.
La coppia che viaggia in bicicletta ha dormito in tenda e stava preparando il caffè su un fornellino…beata gioventù!!!
Ho inviato ad Antonio un messaggio chiedendogli come stessero lui e Caterina e la risposta che riporto sotto mi ha fatto scompisciare dalle risate.
“Buongiorno Alberto. Qui facciamo passi da gnomino🤣. Io riesco a muovermi un po’ stamattina, ieri ero una boatta di acido lattico con piccoli fastidi diffusi a tutto il corpo tranne le parti intime( ma solo perche erano disperse in Aspromonte)”.
Alle 8,00 Franco ha servito la colazione costituita da biscotti, marmellata, latte, caffè . e Carmelo, Alberto, Giuseppe F. e Rosalba che si erano già alzati, ne hanno approfittato e poi sono tornati in camera per preparare gli zaini.
Dopo un poco Marcello , di evidente malumore, li ha richiamati e, piuttosto bruscamente, ha lamentato il fatto che la colazione non fosse stata fatta insieme,come, secondo lui , si era concordato ieri sera.
L’intervento è stato, secondo alcuni di noi, piuttosto sproporzionato rispetto a quanto accaduto e comunque chi aveva mangiato prima lo aveva fatto solo a causa di un equivoco.
Presi i sacchetti preparati da Franco per il pranzo, contenenti il panino e una mela, e raccolti i soldi (60 euro a testa) per pagare il saldo della sosta, a integrazione del bonifico fatto da Marcello come acconto, abbiamo fatto una foto ricordo insieme a Franco e , alle 9,30, pieni di entusiasmo e buona volontà ci siamo messi in marcia seguendo le indicazione della tabella lungo la strada comunale che scende a destra verso Santa Cristina d’Aspromonte.
Si costeggiano una serie di stalle e ricoveri in legno vuoti con le targhe descrittive degli animali che vi alloggiavano e proseguendo di buon passo sulla strada in costante discesa, tenendo d’ occhio i segnali orizzontali bianco / rosso presenti sul guard rail, sui muretti e sugli alberi, alle 11,05 siamo arrivati in località Fontanelle distante quasi 4 chilometri dalla partenza.
Nel primo tratto i simpatici cagnolini del Sanatorio, prima con la famiglia intera poi solo i più piccoli ci sono venuti dietro mentre noi cercavamo di cacciarli. Solo dopo un po’ di tempo abbiamo fermato un furgone cassonato che li ha caricati a bordo e riportati alla base.
A Fontanelle c’è una edicola votiva con una Madonnina ed una fontana che dà il nome alla contrada.
Fortunatamente abbiamo incontrato
due contadini del luogo ai quali abbiamo chiesto informazioni.
Il più giovane ci ha detto che eravamo completamente fuori strada, ma Alberto inizialmente, con una certa presunzione, voleva proseguire.
Vista però la sua sicurezza ha guardato con più attenzione la traccia registrata su Komoot fino a quel momento e si è reso conto che eravamo effettivamente completamente fuori strada.
Il ragazzo, nato e vissuto nella zona e conoscitore dei luoghi, nel frattempo si era consultato con suo Padre che aveva confermato che proseguendo sulla strada saremmo arrivati a Santa Cristina e per raggiungere il crocifisso di Zervò, una delle nostre mete intermedie di riferimento, saremmo dovuti passare da Oppido con una marcia di due giorni.
A questo punto, per tornare indietro sulla strada, adesso in salita, abbiamo
tentato di contattare Franco per chiedergli di venire a recuperarci con il suo pick up, ma non è stato possibile per mancanza di campo così abbiamo deciso di tornare tutti indietro seguendo il protocollo Zampaglione ( autostop), visto che oggi, per la prima volta avevamo visto qualche veicolo transitare sulla strada.
Marcello, Filippo, Rosario, Giuseppe S, e Rosalba si sono fermati alla fontana per fare l’autostop , mentre Stefania, Alberto, Carmelo e Giuseppe F. tornavano a piedi per arrivare a Zervò e incontrare Franco.
Dopo poche centinaia di metri il gruppetto ha fermato una macchina con due persone a bordo, che stava procedendo in direzione contraria alla loro, verso Santa Cristina.
La coppia, molto disponibile, ha fatto inversione di marcia e ci ha caricati tutti a bordo accompagnandoci a Zervò.
L’autista era un operaio forestale dipendente di una ditta che sta facendo il taglio dei boschi nel Parco dei Nebrodi.
Arrivati al Sanatorio non abbiamo visto il pick up e siamo andati a cercare Franco che era andato a Oppido a lasciare la macchina ed ora era impegnato nella preparazione del pranzo per una trentina di commensali e non poteva assentarsi. Comunque si è reso disponibile ad accompagnare in macchina quelli che erano rimasti indietro, ma solo dopo pranzo e non prima delle 14,30/15,00.
Franco Napoli, ex proprietario e gestore di un locale a Oppido, da alcuni anni si dedica con passione e competenza a curare i locali dell’ex Sanatorio mantenendoli puliti ed accoglienti e, con il minimo indispensabile aiuto , si occupa della preparazione dei pasti nell’annesso ristorante.
A questo punto Stefania, Alberto e Carmelo sono andati alla ricerca del sentiero SB 100 che, seguendo le indicazioni di Franco, si imbocca ” andando a destra e poi a destra”.
In effetti alla fine del primo rettifilo, dopo aver superato tutte le stalle in legno e prima di arrivare alla curva a sinistra,si vede a destra una larga strada che si addentra nel bosco e arriva ad un torrente piuttosto largo che si può guadare solo togliendosi scarpe e calze. I segni sugli alberi identificano sicuramente il nostro sentiero ma, vista l’ora non sarebbe stato prudente imboccarlo quando gli altri si sarebbero uniti a noi.
Nell’attesa degli altri camminatori Stefania e Alberto sono andati a zonzo tra i numerosi edifici dell’ex Sanatorio, alcuni restaurati, ma già con segni di abbandono, altri chiusi e utilizzati come ostello per attività scout.
Una alta torre campanaria in acciaio , di costruzione moderna, si erge incongrua in un vasto slargo e fa pensare che sia il risultato di qualche appalto espletato al solo fine di spendere soldi, senza alcuna reale funzione.
Nei prati circostanti si ammirano anche nove abeti enormi inseriti nel registro degli alberi monumentali.
Dopo più di un’ora sono arrivati, con due passaggi distinti , Rosalba e Rosario e poco dopo Giuseppe S.
A questo punto siamo riusciti a contattare Marcello ed abbiamo concordato di incontrarci al Crocefisso di Zervò che avremmo raggiunto seguendo la strada asfaltata invece di percorrere il sentiero.
Abbiamo lasciato Rosalba , che aveva qualche problema alle gambe,al Sanatorio, in attesa che Franco si rendesse disponibile per prendere in macchina Filippo e Marcello.
I due nel frattempo avevano visto una Panda , a cui pensavano di chiedere un passaggio,imboccare una sterrata in salita. La macchina si è fermata e il conducente ha mostrato loro il carico di fieno che riempieva l’auto e che stava trasportando all’ovile posto sopra la strada per nutrire le sue pecore. Dopo un quarto d’ora un gregge si è “sdirrupato” sulla strada da dietro la fontana mentre due cani da pastore , ringhiando , li invitavano a non interferire al trasferimento del gregge.
Il pastore ha urlato di stare fermi e di non preoccuparsi perché né le pecore, né i cani li avrebbero infastiditi e infatti quasi subito si sono diretti verso Santa Cristina d’Aspromonte.
Dopo poco il pastore è tornato sulla strada a scambiare due parole, visto che aveva sistemato gli agnellini ed aveva 5 minuti liberi prima di recuperare il gregge a valle. Argomenti trattati,come al solito, l’attività della Forestale e la fatica del lavoro di pecoraio. Filippo gli ha chiesto se suonasse la zampogna e lui ha risposto di non averne la dote.
Arrivata l’ora di recuperare il gregge si è incamminato verso valle e dopo pochissimo 4 pecore sono arrivavate da monte a razzo con sconquasso di campanacci prendendo direttamente la trazzera per l’ovile.
Intorno alle 14,00 Giuseppe F., Carmelo, Stefania e ,dietro, Rosario, Giuseppe S. e Alberto, si sono incamminati sulla provinciale.
A quell’ora il traffico era praticamente nullo e gli ultimi hanno fermato una pattuglia di Carabinieri chiedendo ai due giovani occupanti di prendere a bordo Rosario, ma i militari hanno risposto che lo avrebbero potuto fare solo se si fosse trattato di una persona sospetta .
Alle 14,27 siamo arrivati ad una fontana identificata come ” Acqua dell’ Abitu” e dopo alcune centinaia di metri abbiamo intercettato un fuoristrada che procedeva in direzione contraria alla nostra.
La macchina, al nostro cenno, si è fermata e abbiamo chiesto all’autista la cortesia di prendere a bordo Rosario, ma lui ha risposto che avrebbe imbarcato noi tre insieme o nessuno.
Una volta a bordo, vista l’affabilità e la disponibilità del conducente, che si scusava per le condizioni di pulizia della maccchina aziendale, ci siamo messi a chiacchierare e ,tra l’altro , abbiamo saputo che lui si chiama Antonio Murdica ed è il titolare dell’azienda agricola Monte Zervò specializzata nella coltivazione di prodotti biologici. Ci ha raccontato che nel corso della sua vita ha avuto una ditta, con una ventina di dipendenti, che si occupava della installazione di impianti termoidraulici, ed ha lavorato molti anni in Lombardia e nella Sicilia sud orientale.
Ad un certo punto si è dedicato alla politica ed è stato vicesindaco ad Oppido. In questo ruolo si è trovato in contatto con tanti giovani che gli chiedevano di lavorare e per questo ha costituito nella zona una ditta che dà lavoro a molte persone. Raggiunti gli altri viandanti li ha fatti salire a bordo e, alle 15,00, dopo esserci scambiati i recapiti telefonici ed averci invitato nella sua azienda, ci ha lasciati al quadrivio dove si trova il grande Crocifisso, a quota 1050 metri, che vigila sui viandanti.
Appena lui è partito è arrivato ad Alberto un messaggio di Marcello che spostava l’appuntamento direttamente alla meta della giornata per cui ci siamo incamminati senza aspettare il loro arrivo.
Dopo un poco è arrivato Franco con a bordo Rosalba e Marcello e Filippo che aveva preso a Fontanelle.
Ha fatto salire anche Rosario ed ha caricato i nostri zaini tranne quello di Giuseppe S. procedendo verso Trepitò.
Senza zaini la marcia è diventata una piacevole passeggiata tra i boschi.
Alle 15,20 abbiamo raggiunto una edicola votiva eretta sul bordo della strada come ex voto da un tale Francesco Timpano .
Proseguendo per altri cinquanta minuti siamo arrivati ad una sella con un cocuzzolo roccioso dal qual si possono vedere il mare Tirreno da un lato e lo Ionio dall’altro.
Stefania, Giuseppe S. ed Alberto sono saliti per godere della splendida vista dello Ionio mentre la foschia impediva la vista dell’altro mare e, sfidando il forte vento che faceva volare i cappelli, hanno fatto un paio di foto dal posto.
Dopo dieci minuti, alle 16,21 siamo arrivati ad un bivio con un cartello che indicava a sinistra la nostra meta, il ristorante La Quiete dei Monti, distante due chilometri.
Seguendo la freccia siamo entrati nel bellissimo bosco di faggi e alle 16,30 abbiamo incontrato sul bordo della strada a destra i cartelli che indicano il sentiero sentiero del Brigante ora contrassegnato con l’acronimo SB 200 proveniente , da sinistra, dalla valle dell’Uomo Morto che fa parte del percorso previsto nella terza tappa.
Procedendo sulla strada abbiamo così evitato una lunga e ripida discesa seguita da una altrettanto impegnativa salita.
Poco prima delle 17,00 siamo arrivati
alla Quiete dei Monti, ristorante gestito dalla famiglia De Maria dove ci attendeva il resto della brigata.
Siamo stati accolti dal gentile gestore Massimo De Maria la cui voce quasi in falsetto, causata da un problema alle corde vocali , contrasta con il suo aspetto fisico.
Tutti,tranne Marcello, Rosario ed Alberto hanno preso posto nelle tre stanze doppie ( di cui solo una con bagno in camera) in una struttura separata distante una decina di metri dal ristorante, con le coppie Rosalba e Stefania, Filippo e Giuseppe S. e Carmelo con Giuseppe F. e dopo la doccia ci siamo incontrati nuovamente nella sala del bar.
Visto che era ancora presto e la serata era splendida , Marcello, Carmelo, Stefania, Rosario ed Alberto, intorno alle 18,10, si sono diretti ad un punto panoramico distante circa un chilometro e mezzo.
Alle 18,30 siamo arrivati al belvedere Catorella, ma purtroppo la foschia impediva la vista panoramica che si apprezza normalmente dell’ampia vallata e del mare con le Eolie in fondo.
Saliti su una big bench troneggiante sul piazzale ci siamo fatti fotografare e poi ci siamo fermati su una panchina fino alle 19,00, mentre Stefania e Carmelo giocavano su un’altalena.
Tornando verso il ristorante ci siamo soffermati ad osservare le villette del villaggio Trepitò, alcune abbandonate , ma graziose.
Prima delle 20,00 ci siamo seduti a tavola per un’ottima cena , Massimo ci ha servito Tagliatelle ai funghi, maccheroni al sugo, maccheroni con il caprettone, grigliata mista , sella di vitello con i funghi, insalata verde, patate fritte, amaro 108.
Filippo, che cominciava a perdere la voce ed a guadagnare tosse, ha mostrato come fare stretching senza bisogno di una seconda persona, semplicemente utilizzando un rialzo di pochi centimetri sotto la parte anteriore dei due piedi, tenendo i talloni a terra, mantenendo la posizione per 30 secondi. Nel caso nostro abbiamo usato il montante della spalliera della sedia poggiato a terra.
Dopo cena Massimo ha portato in macchina Marcello, Rosario e Alberto al paese di Molochio, distante circa 8 chilometri, e li ha accompagnati al ristorante pizzeria La Madonnina, dove c’è anche un comodo B&B in cui si sono sistemati in una stanza con un letto matrimoniale e uno singolo e un grande bagno in camera.
Percorso complessivo della giornata (rilevato dal pedometro di Alberto ) 21,7 chilometri.
2 maggio
Notte agitata, Marcello ha dormito male a causa dell’ irritazione da processionaria e Rosario per difficoltà respiratoria e apnea.
Dopo la doccia e una squallida colazione con latte di soia e cornetti di produzione industriale, siamo usciti ad aspettare Massimo De Maria che è venuto a prenderci alle 8,30 .
Prima di tornare al villaggio siamo passati dalla farmacia del paese, dove Marcello ha acquistato il Bentelan e il Locoidon , una blanda pomata al cortisone per lenire il bruciore in tutto il corpo causatogli dal contatto con la processionaria.
Mentre aspettavamo in macchina Massimo ci ha raccontato che il villaggio di Trepitò è sorto negli anni settanta dello scorso secolo dopo la realizzazione della strada costruita grazie all’interessamento di Andreotti, amico di un notabile locale. Per diversi anni è stato un centro piuttosto vivace , frequentato da villeggianti e da cacciatori provenienti dalle regioni del centro Italia per la passa delle quaglie. In quel periodo in estate c’erano una salumeria , una macelleria e una edicola mentre adesso, per qualsiasi necessità, occorre andare a Molochio.
Intorno alle 9,00 abbiamo raggiunto il resto della compagnia e, dopo aver pagato, ritirato il panino per il pranzo e fatta la foto di gruppo, alle 9,30 ci siamo messi in cammino sulla strada asfaltata per la Quarta Tappa del sentiero, dal Ristorante pensione La Quiete dei monti di Monte Trepitò a Canolo Nuovo da Cosimo.
Percorsi circa 1,5 km. in direzione contraria a quella di ieri siamo arrivati alle 10,00 ai cartelli Bosco di Trepitò 1039 metri , che a sinistra indicano il “Sentiero del Brigante” nel bosco di Trepitò ma con la nuova identificazione SB 200.
Un cartello indica la direzione delle cascate Mundo e Galasia, delle quali ci aveva parlato Massimo, distanti 2 ore, ma dalla parte opposta al nostro percorso.
Il sentiero, in questo tratto, ha andamento sinuoso per assecondare la fitta vegetazione e per questo motivo è necessario prestare attenzione ai segnavia sugli alberi.
Ben presto il sentiero si perde nella strada sterrata ai margini del Piano Moleti (m. 990). Si prosegue sulla strada sterrata, lungo la quale si affacciano alcune casette di villeggiatura in costruzione o abbandonate. Superato , alle 11,00 , un ponte di cemento al villaggio Moleti sud, si piega a sinistra, seguendo la strada asfaltata, e subito dopo a destra, per attraversare nella sua interezza il Villaggio Moleti, completamente vuoto, che probabilmente si anima solo nel periodo estivo.
Nel punto in cui, ai margini del villaggio, la strada asfaltata cede il passo al sentiero c’è una recinzione in legno con un cancelletto che delimita un vasto prato alberato dove, alle 11,15 abbiamo sostato per uno spuntino sotto la statua del Cristo benedicente,ex voto dei coniugi Grillo- Longo. Tempo splendido, sole caldo , colori smaglianti umore alto che ci ha visti stinnicchiati sul verde prato umido.
Qualcuno con il suffareddu si è preparato alla partenza prima degli altri che ancora godevano della pace e del silenzio del luogo.
Alle 11, 45 abbiamo ripreso il cammino.
Al primo incrocio si piega a destra e subito dopo a sinistra per seguire la strada sterrata che conduce al Piano Vaccarizzo (m. 1032), una verde radura dove è facile incontrare animali al pascolo. Dopo qualche minuto abbiamo incrociato un palo con i cartelli che indicano il Passo di Càncelo a 25 minuti, il laghetto di Zomaro a 30 minuti e il Passo del Mercante a 1,5 ore.
Alle 12,00 siamo arrivati al villaggio Moleti nord a 1027 metri.
Si attraversa la radura e si prosegue lungo la strada sterrata fino a quando, alla prima biforcazione, si piega a sinistra. Ben presto sarà necessario abbandonare la strada sterrata per piegare repentinamente a destra e seguire il sentiero, adiacente a un avvallamento, che intercetta la SP 36 al Passo di Càncelo (m.953 ) dove siamo arrivati alle 12,45.
Qui i cartelli indicano il bosco di Trepitò a 50 minuti ( in effetti lo abbiamo imboccato alle 10,00, anche se abbiamo fatto la sosta alla statua del Redentore) , il laghetto di Zomaro a 25 minuti e Piano Stempato a 50 minuti.
Si attraversa il ponte che caratterizza il Passo e subito dopo, sulla sinistra, s’imbocca il sentiero che, dopo un’iniziale breve salita piuttosto ripida, si snoda quasi pianeggiante immerso nella faggeta lasciando presto spazio a una strada sterrata.
Alle 13,19 siamo arrivati in vista del pittoresco laghetto artificiale conosciuto come laghetto Zomaro e alle 13, 24 al cartello che lo pone a quota 978 metri.
Qui abbiamo fatto la sosta per il pranzo con i panini preparati da Massimo accompagnati da un buon vino che ci aveva offerto alla partenza.
Il luogo è incantevole, il piccolo laghetto quasi circolare e con un diametro di poche centinaia di metri, è incastonato tra i verdi boschi e sulle rive ricoperte di erbetta e fiorellini ci siamo fermati per una pennichella al caldo sole.
Alberto ha approfittato della sosta per fare il periplo del laghetto , impiegando una ventina di minuti e vi si è immerso sino alle ginocchia, passeggiando per qualche minuto.
Alle 14,25 ci siamo messi in marcia,si lascia la strada sterrata per proseguire, sulla destra, lungo il sentiero che si snoda nella faggeta, prestando attenzione ai segnavia rosso-bianco-rosso con a centro, di tanto in tanto, l’acronimo SB. In brevissimo tempo s’intercetta e si attraversa la SP 36. Si piega a sinistra e si segue il sentiero che scende dolcemente fino a lambirla.
Alle 14,52 su un albero c’è un cartello indicante la direzione del Rifugio Boschetto, ma senza il tempo di percorrenza per arrivarci. Pochi minuti dopo, alle 14,58, siamo arrivati ad un cartello che indica Piano Stempato a 5 minuti, Piano Liso a 15 minuti, Passo del Mercante a 40 minuti.
Ma in effetti solo dopo mezz’ora, alle 15,30, abbiamo raggiunto il cartello di Piano Liso a 955 metri che indica il Passo del Mercante a 25 minuti.
Si piega a destra, subito dopo a sinistra e ancora a destra prima di imboccare, sulla sinistra, la strada sterrata che corre diritta, nella pineta, per circa 2 km.
A metà strada abbiamo incontrato due ragazzi e una ragazza con un cagnolino che procedevano in direzione contraria alla nostra.
Ci siamo fermati a chiacchierare ed abbiamo scoperto che uno dei ragazzi è Sebastiano Fazio, una guida ambientale che avevamo incontrato due anni or sono sul sentiero Coda di Volpe sotto Tindari.
Lui , che per vent’anni ha lavorato nel settore delle telecomunicazioni e conosce anche Rocco La Fauci, stava verificando le condizioni del sentiero, ma è tornato indietro insieme a noi.
Alle 15,55 siamo siamo arrivati al cartello di Piano Melia a 955 metri , che indica in 15 minuti la distanza del Passo del Mercante mentre noi , seguendo le indicazioni di Sebastiano, lo abbiamo raggiunto solo dopo 35 minuti,alle 16,30, a conferma che, da quando siamo partiti, le indicazioni relative ai tempi di marcia sono state abbondantemente sottostimate.
Durante la marcia e successivamente quando ci siamo fermati ai tavoli in legno al Passo, Marcello ha avuto da lui la piena disponibilità a farci da guida in una escursione alla scoperta di Pietra Tonda, Pietra Cappa ed altre particolari formazioni rocciose presenti in zona.
Alle 16,40 abbiamo scattato una foto insieme a lui e l’abbiamo inviata a Rocco La Fauci, che si trovava a Montepiselli con Carlo Panzera e ci siamo salutati seguendo la strada a destra che conduce a Canolo Nuova distante circa 2 km.
Dopo una ventina di minuti, a sinistra , in posizione sopraelevata rispetto alla strada, nell’aperta campagna , si incontra un campo di calcio e una bassa costruzione che dovrebbe ospitare i servizi annessi, ma i lavori di realizzazione dell’impianto sportivo, di importo pari a cieca 133.000 euro, non sono completati nonostante un cartello che indica la fine lavori nel luglio di quattro anni orsono, e tutto versa in stato di abbandono conni segni di atti vandalici, ennesima dimostrazione di incapacità di gestire correttamente i fondi pubblici.
Giunti ad un chiosco all’inizio dell’abitato, dove qualcuno ha preso una bottiglietta di succo di bergamotto, è arrivato un signore con un fuoristrada che si è presentato come Cosimo, titolare dell’omonimo ristorante dove eravamo diretti, che ci ha fatto strada e ci ha sistemati nelle stanze ricavate nei locali in cui , fino ad alcuni anni orsono , c’era il ristorante.
Filippo, che ricordava quella via e quelle palazzine, ha chiesto a Cosimo informazioni su un ragazzo di nome Nicodemo che aveva conosciuto al Policlinico a Messina dove era in cura perché non camminava bene per la malattia di Duchenne e che viveva lì.
Cosimo gli ha indicato l’abitazione, situata proprio nella palazzina accanto, e Filippo è andato a trovarlo , così come aveva fatto quasi 10 anni fa, incontrando tutta la famiglia che si ricordava benissimo di lui e hanno fatto un selfie con cui hanno salutato i colleghi che oggi lo seguono a Messina.
Per la notte Stefania e Rosalba erano insieme in una camera doppia, Filippo, Carmelo e Alberto in una tripla, ed era previsto che in altre due camere doppie prendessero posto Marcello e Rosario in una e i due Giuseppe nell’altra, ma , a seguito della messa a disposizione di due camere singole la sistemazione finale ha visto i due Giuseppe godersi per l’ ultima notte una singola ciascuno.
Alle 19,45 dopo aver fatto la doccia ( Stefania e Alberto con l’acqua fredda perché era stata consumata tutta dagli altri ) ci siamo incamminati verso il ristorante, distante alcune centinaia di metri dagli alloggi.
Alle 20,00 abbiamo iniziato a cenare.Il menù comprendeva piatti ottimi e abbondanti:
tagliere con salumi, tagliere con formaggi, zeppole, polpette di melenzane, carciofi fritti, maccheroni al sugo, tagliatelle ai funghi, grigliata mista, patate lesse, fragole.
Durante la cena si è avvicinata la moglie del titolare, che oggi festeggiava il compleanno e si è fermata a parlare con Marcello della propria salute e di medici, ospedali, interventi chirurgici subiti e nel corso della chiacchierata ha ottenuto qualche suggerimento dal Presidente.
Dopo cena siamo tornati agli alloggi per dormire il sonno dei giusti.
Lunghezza complessiva della strada percorsa oggi, misurata con il pedometro di Alberto , 19 chilometri e ottocento metri.
Lunghezza indicata della tappa odierna 12 chilometri.
3 maggio
Sveglia alle sette e appuntamento alle 7,45, con gli zaini pronti, fuori dagli alloggi.
Ci siamo spostati al ristorante dove ci hanno servito la colazione più abbondante e tra le più varie tra tutte quelle del trekking. A tavola c’erano latte, caffè , te , marmellate, yogurt, biscotti e pane.
Dopo aver fatto apporre il timbro della tappa, abbiamo pagato (aggiungendo ai 55 euro stabiliti altri cinque euro per il servizio di trasporto che ci offrivano).
Fatta la foto di gruppo insieme ai signori Stalteri e presi i panini che avevano preparato, alle 9,00 siamo saliti su tre macchine , guidate da Federico, da sua madre e da una loro amica , e , seguendo la SP 35, siamo stati portati fino al Casello Barca dove siamo arrivati alle 9,15 circa.
La signora Trimarchi ci ha raccontato la storia del paese. La vecchia Canolo fu duramente colpita da una disastrosa alluvione nel 1951. A seguito di ciò si rese necessario trasferire il centro abitato sui Piani della Melia. Non tutti accettarono il trasferimento, cosi che nel borgo antico rimasero diverse famiglie. Con il passare degli anni, il nuovo centro divenne sempre più popoloso, grazie anche alla numerosa presenza di terreni per il pascolo e campi per la coltivazione. Successivamente però cominciò a spopolarsi a causa della emigrazione e al ritorno a Canolo vecchia di molti abitanti.
I cartelli presenti al Casello indicano il Passo del Mercante distante 55 minuti (il che significa che , alla nostra velocità media, abbiamo risparmiato almeno un’ora e mezza di marcia) e il Passo della Limina a due ore di marcia.
Da qui è quindi cominciata per noi la quinta ed ultima tappa del trekking che prevede il percorso da Canolo nuova al Passo della Limina.
Al Casello Forestale Barca (m.950) c’è l’area per picnic Trippa Cotta, attrezzata con tavoli e barbecue vicino ad una sorgente d’acqua.
Qui inizia il sentiero di Manganeji, come informa un cartello del Comune di San Giorgio Morgeto, lungo un chilometro e trecento metri , che si addentra nel bosco e conduce alla omonima cascata alta circa 40 metri.
Da quello che si legge si apprende che la pendenza media è del 19%, ma alla fine c’è una rampa con pendenza del 70%!!!.
Sembra che dal sentiero ci siano panorami stupendi con vista sulla piana di Gioia Tauro.
Alle 9,25 abbiamo iniziato il cammino a piedi seguendo la strada che inizialmente sale rettilinea per addentrarsi nella pineta , prosegue in piano e alla fine di una breve discesa, dopo una ventina di minuti, intercetta la SP 35.
Attraversata la strada s’imbocca il sentiero che corre rettilineo e che, dopo un brevissimo tratto, si perde in una più consistente strada sterrata. Si piega a sinistra, in leggera salita, e si segue la strada sterrata, immersa nella faggeta, che presto incrocia una seconda strada sterrata. Si attraversa e si prosegue lungo il Piano Mortelle (m. 960) avendo cura di tenersi sulla sinistra, a ridosso degli alberi. Giunti ai margini del Piano si piega a sinistra per scendere dolcemente fino a un pianoro e alla strada asfaltata che conduce a San Giorgio Morgeto, al Passo della Limina e Siderno (m. 882).
Attraversata la strada asfaltata s’imbocca il sentiero che, dopo una breve salita, piega a sinistra per snodarsi lungo la sommità di una formazione di arenaria, avendo sempre, alla sua sinistra, la SP 35 dir.
Ad un certo punto lo sguardo spazia su una enorme vallata alberata che alla fine fa immaginare il mare mentre a destra si innalza una imponente e ripida parete rocciosa.
Il sentiero prosegue a lievi saliscendi nel bosco e per un centinaio di metri è quasi invaso da alte ortiche che hanno massaggiato gli stinchi scoperti di Marcello e Alberto.
Alle 10,30 ci siamo fermati per una breve sosta sedendoci su un grosso tronco abbattuto dove abbiamo scattato alcune foto.
Ripreso il cammino si percorre il sentiero che si avvicina fino a lambire, per la seconda volta, la SP 35 dir. e si prosegue avendo alla propria sinistra la formazione di arenaria. Alle 10,54 si arriva a un cancelletto in legno a sinistra che da l’accesso ad una sorgente che raccoglie l’acqua in una adiacente depressione naturale.
Poco più avanti i segnali sugli alberi si confondono, ma il sentiero sul quale proseguiamo è certamente giusto perche ai lati ci sono diverse macchine agricole e una tettoia e subito dopo una masseria, visibile in basso a destra.
Qui s’intercetta la SP 35 dir. che proviene da Canolo e S. Giorgio Morgeto e si dirige verso il Piano della Limina.
Sono le 10,56 ed è passata un’ora e mezza dalla partenza dal casello Barca mentre un cartello lo pone a una distanza di 1,05 ore.Lo stesso cartello indica in dire opposta il passo della Limina a 40 minuti.
Percorsi una decina di metri sull’asfalto si piega a destra e, subito dopo a sinistra, per imboccare e percorrere il sentiero che si snoda tra gli alberi lungo la linea mediana di una formazione di arenaria, seguendo l’andamento delle paline del metanodotto per circa trentacinque minuti.
Quando si esce dal bosco e appare il fantastico panorama del Piano della Limina si piega a destra e si scende per alcune decine di metri lungo un ripido sentiero appena accennato, con una pendenza del 16%, che riporta alla SP 35 dir in corrispondenza di una curva a gomito.
Qui un cartello, incrociato alle 11,33, indica la località Torre di Carditto a 10 minuti.
Ci siamo fermati per fare una sosta e Filippo, Alberto, Marcello e Stefania ne hanno approfittato per andare sulla vicina parete di roccia sedimentaria a estrarre alcune conchiglie fossili affioranti.
Dopo circa mezz’ora abbiamo ripreso il cammino in discesa prendendo una scorciatoia che permette di evitare un lungo tornante e , proseguendo sulla strada asfaltata, dopo dieci minuti abbiamo raggiunto il cartello di Contrada Cardito e successivamente, alle 12,25 il Ristorante Passo del Mercante, luogo dell’appuntamento fissato con Walter Pidalà, distante un paio di chilometri dal Passo della Limina (m 822) il cui nome deriva dal latino “limen” ( confine) e indica il punto in cui finisce l’Aspromonte e cominciano le Serre segnando il confine settentrionale del Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Il percorso che abbiamo fatto a piedi stamattina è stato di circa 6,5 chilometri, poco più della metà della lunghezza totale della tappa.
L’appuntamento con i due ragazzi incaricati da Walter per prenderci era fissato alle 15, 00 e, visto il largo anticipo, abbiamo deciso di approfittarne per mangiare qualcosa di caldo.
Tutti, tranne i due Giuseppe, siamo entrati nell’accogliente sala, abbiamo preso posto ad un grande tavolo e abbiamo ordinato un piatto di spaghetti al sugo e una bottiglia di vino.
Mentre aspettavamo di essere serviti , Alberto ha invitato un messaggio a Francesco Galluccio, uno dei due ragazzi che sarebbero dovuti venire a prenderci, chiedendogli di anticipare l’arrivo al più presto possibile.
Dopo l’ottimo pranzo ed il caffè siamo usciti ad oziare nell’attesa e abbiamo fatto l’ultima foto di gruppo.
Poco prima delle 14,00 è arrivato Francesco alla guida di un pulmino da nove posti della Caritas di Polistena dove ci siamo accomodati.
Inizialmente avevamo chiesto di essere accompagnati a Rosarno , ma per strada, visto che Francesco avrebbe dovuto lasciare il mezzo a Gioia Tauro, abbiamo proseguito con lui.
Considerato che eravamo in largo anticipo rispetto ai programmi, Francesco, che sta facendo il servizio civile con la Caritas, ha fatto una deviazione per mostrarci dall’esterno la vasta tendopoli di San Ferdinando , un accampamento dove vivono in uno stato inimmaginabile di degrado alcune centinaia di migranti impiegati nelle campagne locali per i lavori più gravosi.
Alcuni anni orsono la tendopoli ebbe un momento di notorietà sulla stampa nazionale, ma ultimamente tutto è rientrato e i poveri cristi sono “invisibili ” alla gente del luogo e ricevono assistenza solo dai volontari della Caritas che cucinano e portano loro da mangiare ogni giorno.
Non c’è alcun presidio di pronto soccorso e i due containers dove c’era la Polizia sono stati abbandonati e occupati da alcuni residenti.
Viste le condizioni c’è da meravigliarsi che all’interno regni un relativo ordine, mantenuto dall’Imam.
Dopo aver consegnato due nostre spillette e lasciati 90 euro a titolo di ringraziamento per la loro disponibilità, siamo scesi alla stazione e fatti i biglietti siamo saliti sul treno per Villa San Giovanni delle 15,14 dove siamo arrivati dopo mezz’ora.
Giuseppe S. è andato a prendere il traghetto della Caronte mentre tutti gli altri, nell’attesa della nave veloce delle 16,10 abbiamo divorato il panino che non avevamo mangiato a pranzo.
Alle 16, 25 abbiamo messo piede sull’isola dopo cinque giorni di vita sul Continente.
Anche questo trekking è stato molto bello, nonostante la disavventura del primo giorno, con l’infortunio di Caterina, l’esperienza è stata pienamente positiva, ci ha permesso di scoprire luoghi fantastici e ci ha fatto incontrare persone di una gentilezza e disponibilità fuori dal comune.
Lo spirito del gruppo dei ” veterani” si è rinsaldato ed è stata spontanea e naturale l’integrazione completa dei neofiti.
Un grazie di cuore a tutti e alla prossima.
Di seguito riporto le considerazioni di ognuno dei partecipanti.
Filippo
Un’avventura di fraternità che ha permesso di conoscersi meglio. Ognuno con la propria storia di vita, con il proprio carattere, mettendo a disposizione degli altri competenze ed abilità.
Stefania
Seconda esperienza di trekking di più giorni. Sempre positiva perché amo camminare ed anche condividere impressioni e sensazioni con compagni di viaggio vecchi e nuovi di cui scopro sempre qualcosa di diverso.
Carmelo
Prima di intraprendere il percorso, immaginavo un itinerario non molto impegnativo: poco più di una passeggiata con amici. La realtà è risultata diversa e ciò ha sicuramente arricchito l’incanto e la magia del cammino sia dal punto di vista fisico che interiore. La “terapia immateriale della strada”, il trovarsi con amici immersi nella natura, l’attraversare meravigliosi e suggestivi paesaggi, il condividere fatica e riflessioni, la connessione con sé stessi negli affascinanti suoni della natura lascia sempre un senso di bellezza e di serenità tale da far risultare quasi incantevole anche il ritmo delle vibrazioni dei tessuti molli nella respirazione durante il sonno.
Caterina
Un cammino inizia con un rito: la preparazione dello zaino. Ci metti dentro i beni materiali, cerchi di essere minimalista , di lasciare spazio. Già perché uno zaino non è un semplice bagaglio ma un contenitore che dovrà arricchirsi durante il viaggio di sensazioni, stupore , bellezza , stanchezza , sudore , condivisione. E così inizia il Cammino del Brigante. Un gruppo di “ persone “ che conosci più o meno ma che condividono la stessa passione. 1 Tappa da Gambarie ai piani della Carmelia . Il sentiero si mostra subito in tutta la sua bellezza . Boschi, ruscelli con e senza ponticelli da attraversare, la fatica delle salite e delle discese, il rumore dell’acqua , una grandinata improvvisa. L’attesa di chi ha sbagliato il sentiero, un panino con delizie calabresi condiviso. La ripartenza dopo una sosta , una chiacchierata, una risata e così le persone diventano gruppo. In una escursione non sai mai cosa ti aspetta, gli imprevisti sono all’ordine del giorno……sbagliare un sentiero, arrivare col buio, una caduta imprevista che spesso hanno qualcosa da insegnare. Una caduta…..e già proprio quella dietro l’angolo e non vi sto a dire il nome di quell’ultimo torrente che è stato fatale. Una scivolata, dolore atroce al piede …non riesco a camminare. In questi momenti scopri cosa significa camminare in gruppo. La prontezza , l’esperienza di chi ti sta accanto sono fondamentali. Il PANICO CI STA TUTTO . , ma deve durare un attimo . Bisogna arrivare a destinazione costi quel che costi . Il buio scende , le torce illuminano un sentiero accidentato in salita , qualcuno va avanti, c’è chi si carica due zaini in spalla , cade, chi prova a telefonare non c’è campo e poi finalmente una luce , quei fari che illuminano il cammino…è Antonio il locandiere del rifugio dove avremmo dovuto passare la notte che avvisato da chi era andato avanti è venuto in soccorso . Tiriamo tutti un sospiro di sollievo. Si arriva al rifugio… Teresa e Antonio padroni di casa si sono subito prodigati per mettere tutti a proprio agio. Sono stata coccolata , una tisana calda , il cambio vestiti inzuppati e freddi , il fuoco del camino riscalda il cuore e allontana la paura. Adesso si cena poi domani come diceva qualcuno “ è un altro giorno “. Per me fisicamente il Cammino del Brigante finisce al mattino con una bella colazione ma, ho continuato a vivere le sensazioni con le foto , i commenti dei miei compagni di viaggio che , hanno arricchito la mia convalescenza. Scrutavo nelle foto il loro stupore per la bellezza di un lago , le loro risate dopo aver sbagliato un sentiero e aver allungato di 5 chilometri , la loro stanchezza alla fine della giornata , i commenti sulla cena migliore. E cosi indistintamente dico ai Briganti e alle Brigantesse: grazie amici il mio cammino è stato breve ma mi sono divertita nonostante tutto .
Marcello
E sono tre l’esperienza di Cammino che ho fatto con i soci della nostra associazione. Tre esperienze diverse che mi hanno fatto uscire dalla solita routine per trovare l’avventura con vecchi e nuovi amici. Quest’anno la full immersion nella natura mi ha completamente inebriato fino a farmi quasi ubriacare di verde. Questo nostro Grande Fratello è stata positivo mettendo a nudo pochi dei nostri limiti e difetti. L’ho vissuto con una certa fatica fisica, sintomo che gli anni passano, ma rinfrancato dal sorriso e dai lazzi di un gruppo ben rodato. Va bene così, pronto per la prossima avventura.
Giuseppe F.
Anche se lontano dall’Italia,mi piace partecipare a questa serie di interventi individuali che esprimono le sensazioni che questa escursione di 5 giorni ci ha fatto provare.
Confesso che qualche domanda, sui motivi che mi avevano spinto a questa avventura , me la sono fatta, soprattutto nei primi 2 giorni. Non ho trovato immediatamente delle risposte. O forse erano risposte semplici. Oggi a distanza di circa un mese vedo molto meglio quanto questa esperienza ( assolutamente nuova per me) mi abbia arricchito.
Vorrei dire anch’io che sono pronto per la prossima avventura ma sono un po’ frenato dalla mia ragguardevole età.
Diciamo che mi tengo pronto.A giorni rientro in Italia e sarò felice di rivedervi alla prima occasione.
Giuseppe S.
Il Sentiero del Brigante calabrese.
La mia terza esperienza con gli amici della ReColapesce di un trekking di più giorni, dopo i due da “Pellegrino siculo”.
Il trekking è un’ esperienza con svariate sfaccettature.
Immersi nella natura, si chiacchiera via via con i vari compagni di camminata ed ogni chiacchierata racchiude qualcosa di diverso, si spazia da argomenti frivoli a quelli più impegnati, si scambiano esperienze di vita e si confrontano visioni della vita.
E quando si resta soli:
si ammira la Natura e la mente e l’ anima si librano leggere fra passato, presente e futuro, talvolta raggiungendo le nostre vette e talvolta i nostri abissi. In quei momenti la Natura ed il Tempo solo per noi ci mettono di fronte a noi stessi come non può accadere nella vita quotidiana.
Aggiungerei senza dilungarmi oltre che le tante varie esperienze arricchiscono di emozioni e ricordi la nostra memoria e rendono le vite: vite vissute.
Il trekking di più giorni, il Cammino del Brigante, è un moltiplicatore di tutto questo ed aggiunge altre più forti emozioni ed esperienze facendo condividere anche le sere, le notti e tutte quelle situazioni che si creano stando lontani da casa più giorni.
Il Cammino del Brigante ci ha fatto soffrire il primo giorno per lunghezza, asprezza, durata del percorso e condizioni metereologiche avverse: prima grandine, poi pioggia e vento ed infine una fastidiosa pioggerellina che ci ha accompagnato sino al tramonto. Abbiamo perso per infortunio Caterina, accompagnata dall’ amorevole marito e grande compagno di trekking Zamps.
Il secondo giorno, percorso e clima ci hanno addolcito il cammino e fatto riconciliare con la Natura ed il trekking.
Il terzo giorno è stato diverso dagli altri perché smarrita la strada, con grande stupore di noi tutti, proprio dal migliore dei Trekker, si sono improvvisati passaggi in automobile e si è arrivati tutti alla spicciolata.
Il quarto giorno si è fatto trekking in maniera finalmente “normale”, anche se un po’ di fatica ha cominciato ad affiorare.
Il quinto giorno è stato leggero perché il cammino si è accorciato e la fine delle fatiche era vicina.
Finito questo Cammino la mia considerazione è la stessa degli altri precedenti trekking con gli amici delle ReColapesce:
“Soddisfatto per averlo fatto 😎 !
Non lo rifarei di nuovo 😳 ! !
Non vedo l’ora di fare quello dell’ anno prossimo 🤗😎 ! ! !
Un abbraccio forte a chi è stato Brigante, a chi è stato Brigante e Pellegrino e chissà cosa saremo l’ anno prossimo🤔💪😎
Rosalba
Che dire altro rispetto a quello che hanno espresso i meravigliosi compagni di avventura. Ogni cammino ti fa assaporare la dolcezza, solidarietà, affetto dei compagni di viaggio. Questo in particolare è stato più vissuto perché siamo stati tutti più vicino a Caterina per quello che le è successo, a Marcello vittima della processionaria, ad ognuno di noi dolorante alla fine di ogni giornata,ma sempre felici di stare insieme e di avere superato i più impervi percorsi, sempre aiutandoci uno con l’altro. È questo il bello del cammino, ci si aiuta reciprocamente e si instaurano amicizie e rapporti che non si dimenticheranno mai 💕
Antonio
I nostri padri davano importanza ai ” presentimenti” . Noi pensiamo invece che sono solo cattivi pensieri. Dopo mesi di attesa e preparativi, siamo partiti per il cammino del brigante. Il “mignotta” è stato non solo un torrente ,ma anche l’appuntamento con un pensiero mancato. Gli imprevisti immaginati sono,purtroppo, accaduti. Al calare dell’oscurità del primo giorno, Caterina,cadeva e per poco non lasciava un piede nel torrente il cui nome avrebbe dovuto insospettirci se lo avessimo saputo. Il panico ha lasciato spazio all’euforia quando il buio si è illuminato di una luce che sembrava soprannaturale, invece erano i fari di una jeep. Antonio, il gestore del rifugio ci sembrò Superman quando ci ha prelevati lungo il sentiero per accompagnarci al rifugio , dove al caldo del camino l’euforia si tramutò in speranza che non ci fosse nulla di rotto. Il giorno dopo alla speranza sopraggiunse la rabbia, quando le strade si sono divise. Io e Caterina rientravamo a casa il resto della combriccola, zaino in spalla proseguiva .Poi sopraggiunse l’accettazione, in fondo poteva andare peggio. All’accettazione si sostitui’ la gioia nel vedere le foto dei miei compagni che tra fatiche inaspettate ,errori di percorso, tappa dopo tappa scoprivano boschi,torrenti e laghi dal sapore magico e fiabesco. Ho vissuto il cammino, la fatica, e il meritato riposo dai loro racconti dalle loro risate e dalle loro foto. Purtroppo non ho potuto condividere i sapori della cucina che li ha sempre ripagati della fatica giornaliera. Orgoglioso nel sapere la loro soddisfazione per la calorosa ospitalità calabrese, ringrazio chi ha saputo dare non solo una mano fisica , (e che mano)ma anche e soprattutto un sostegno morale nel momento del bisogno. Un grazie ideale anche ad Antonio,la sua jeep e sua moglie Teresa che da vera donna del sud ha saputo dare a Caterina ,con discrezione e generosità quel ‘ aiuto che solo da donna a donna si riesce a percepire. Un cammino condiviso crea legami umani , sottili ,invisibili, ma duraturi. La prossima avventura sarà ancora più bella e la affronteremo con lo stesso entusiasmo,maggiore consapevolezza e un anno in più all’anagrafe,ma ancora insieme.