Re Colapesce

Diario di bordo

Trekking Sentiero del Brigante dal 29 aprile al 3 maggio 2025

29 aprile 2025
Inizio del  trekking sul Sentiero  del Brigante, prima tappa ,da Gambarie ai Piani della Limina.
Appuntamento con Carmelo Geraci alle 5,10,  raggiunti al porto  Stefania Davì e Antonio Zampaglione e preso il catamarano della Liberty Lines alle 5,30 ormeggiato a Reggio alle 6,00.
Dopo dieci minuti siamo arrivati alla vicina  fermata ATAM, accanto alla Ipercoop, e sulla panchina  abbiamo  trovato  un tablet abbandonato. La biglietteria  e il supermercato  erano ancora chiusi e non sapendo a chi lasciarlo  abbiamo iniziato la  ricerca del proprietario.
Alle 6,54 è passato l’autobus n.319, guidato  dal signor  Giovanni ( il nome lo aveva  avuto  Antonio  dal suo collega  che giorno 12 aprile ci aveva  portati a Mammola) e alle  8,00 siamo  arrivati al capolinea  a Gambarie al   Ritrovo Romeo . Qui  abbiamo  sostato  per il caffè e per   continuare la ricerca  del proprietario del tablet.
Ottenuta dalla segretaria di una scuola di Venetico , che avevamo  contattato  precedentemente perché  avevamo trovato  il numero sulla rubrica interna, l’indicazione della scuola Jerace di Polistena,  dove pare che insegni  la proprietaria, abbiamo cercato su internet il numero e abbiamo chiamato una impiegata dell’ufficio  del personale  alla quale  abbiamo  spiegato quanto  accaduto lasciando il recapito telefonico di Alberto. Poco  dopo la proprietaria del tablet,  Emanuela Pirrone, rintracciata dalla collega , lo ha chiamato e inizialmente   voleva  conto e ragione del perché  lo avessimo portato  a Gambarie dove avrebbe  avuto difficoltà  per recuperarlo. L’autista del pullman  non era disposto  a prenderlo in custodia  per riportarlo a Reggio , ma grazie  alla disponibilità  della proprietaria del locale  abbiamo  concordato  che lo avremmo lasciato  in custodia a lei.
Nel frattempo  un simpatico  avventore , che aveva  sentito  il cognome della proprietaria, ha capito  che si trattava  della sorella  di un suo amico che ha contattato  telefonicamente , gli ha spiegato  l’accaduto ed ha ritirato  il  tablet per consegnarglielo.
Tutto sembrava risolto nella maniera migliore, ma poco  dopo  la proprietaria ha telefonato  nuovamente  ad Alberto  e, con un tono piuttosto  indisponente, si è lamentata perché  non  voleva  avere  contatti con il fratello. Mandata elegantemente a quel paese, siamo  andati  in  una bottega  locale, segnalata da Carmelo ieri, dove Antonio ha comprato un tipico panino con il quale ha fatto  colazione.
Seguendo  le indicazioni  che ci aveva fornito un dipendente della Forestale ci  siamo mossi in direzione di  Tre aie alla ricerca dell’inizio del sentiero n.100, ma una volta  arrivati alla fontana con accanto un abete monumentale ci siamo  resi conto che le informazioni erano errate e siamo  tornati indietro.
Sulla strada abbiamo Incontrato una macchina dei Carabinieri  Forestali a cui abbiamo  chiesto  informazioni  sul sentiero  e la loro  risposta  ci ha un  po’ spiazzati perché hanno  detto  che il sentiero è  privo di manutenzione, con alberi caduti  che intralciano il cammino e scarsamente  segnalato.
Giunti in piazza ci siamo  accorti  della presenza di una tabella che indicava l’inizio del sentiero  dalla parte opposta a quella da cui venivamo  e seguendola siamo  arrivati , alle 10,45,  nei pressi  del lago  Rumia.
Non avendo trovato neanche  da questa parte l’inizio  del sentiero  siamo  tornati al Ritrovo di Gambarie  e dopo aver  scambiato due chiacchiere con la titolare e fatta una  foto  insieme, alle 11,45 abbiamo  preso  gli zaini e  siamo tornati  alla bottega dove abbiamo fatto  preparare alcuni  panini anche per chi ci avrebbe  raggiunti più  tardi.
Seguendo il segnale sulla tabella posta
nella  Piazza Mangeruca di Gambarie (m.1304) ci siamo nuovamente incamminati lungo la SP 3, in direzione lago Rumia .
Dopo 550 m. circa, s’imbocca, sulla destra, il sentiero (inizialmente non di facile individuazione),  contrassegnato da segnavia a strisce verticali di colore rosso-bianco-rosso con al centro , a volte,l’acronimo SB100 (  Sentiero Brigante) e da segnavia a strisce orizzontali bianco rosso poste sugli alberi a distanza di una ventina  di metri  una dall’altra.
A questo  punto ci siamo   fermati  per  aspettare  l’arrivo degli altri briganti  che avevano  preso il catamarano  delle 10,0 e l’autobus che li ha portati   a Gambarie alle 12,25.
Alle 12,40 il gruppo, formato da Marcello Aricò, Filippo  Cavallaro , Rosalba  Fera, Giuseppe Finanze, Caterina Iofrida,Rosario Sardella e i Giuseppe  Spanò, si è unito  a noi e ci siamo messi  in marcia  per raggiungere il rifugio Il Biancospino  ai Piani di Carmelia.
Dopo un breve tratto rettilineo, la strada piega di 90° gradi a sinistra e  prosegue nel Bosco di Gambarie (Terreni Rossi).
Alle 12,57 abbiamo  incrociato  una fontana  e alle 13,05 abbiamo iniziato la discesa che conduce , dopo una ventina  di minuti, al  Torrente Saltolavecchia  ,( a quota 1352 metri.
Tolte scarpe e calze abbiamo facilmente
guadato la fiumara scattando le prime foto  significative  del percorso.
Dalla sponda opposta si risale, per un breve tratto, fino alla strada interna Pidima-Quarti per circa 350 m., quindi s’imbocca, sulla destra, superando un dislivello di pochi metri, il sentiero che attraversa la faggeta a ridosso del Laghetto Rumia.
Proseguendo in direzione Nord-Ovest e attraversando più di un ruscello, alle 13,35 abbiamo intersecato  la strada asfaltata  che si segue  per un centinaio di metri  fino a quando  , sul lato  destro , a una ringhiera  in legno a protezione di alcuni gradini, si trova una tabella che indica la località Piani Quarti  distante venti minuti .
Si procede lungo il margine dei Piani, si piega a destra e, dopo un breve tratto in salita lungo una strada sterrata, si piega repentinamente a sinistra per immettersi nel sentiero che scende a zig-zag fino al ruscello che scorre lungo il Vallone delle Serre.
Superato  alle 14,05 il ponticello in legno sopra il ruscello ci siamo  accorti  che mancavano  all’appello Giuseppe S., Giuseppe  F., Stefania , Filippo e  Rosario per cui Alberto  è  tornato  indietro  fino all’inizio della discesa per recuperarli.
Arrivati al ponticello ci siamo  associati a quelli che ci aspettavano e abbiamo  fatto  una sosta   fino  alle 14, 45 per consumare  il pranzo.
Riguadagnata quota  abbiamo seguito il sentiero che s’insinua per un breve tratto nella boscaglia, fino a intercettare l’antica strada, in parte acciottolata, che sale, sulla destra, verso il bivio Nino Martino  a quota 1351 metri , che abbiamo raggiunto alle 15,30 dopo aver attraversato, un quarto  d’ora prima, un altro  ponticello in legno.
Alle 14,55, anticipata da un fragoroso tuono, era intanto iniziata una forte pioggia, diventata  quasi subito  grandine, che è  durata  circa mezz’ora.
Le tabelle poste sul sentiero , sistemate  con criterio cinofallico, cominciavano  a ” dare i numeri” perché  le distanze indicate, espresse in minuti di percorrenza, non erano  congruenti con la strada percorsa.
Proseguendo lungo la strada,   in parte sterrata, che sale dolcemente in direzione Nord-Est ,  alle 15,45 siamo  arrivati  all’incrocio del sentiero  122 a 1374 metri di altezza.
Seguendo la direzione dei cartelli  indicatori , alle 16,10 siamo arrivati alla sorgente Acqua del Monaco (m.1425), che si trova a destra della strada, a poche decine di centimetri da terra, dove si può fare rifornimento d’acqua.
Lasciata la sorgente, si sale, per un breve tratto, fino a uno slargo dal quale si dipartono due strade sterrate.
Un cartello, raggiunto alle 16, 17 indica la direzione del Passo delle due Fiumare a mezz’ora di strada. Si segue quella di sinistra, che si snoda a mezza costa per  pochi metri  prima di immettersi, sulla destra, nella strada sterrata che scende fino al Passo delle Due Fiumare che abbiamo  raggiunto  alle 17,26 ( quaranta  minuti in più  rispetto  a quanto indicato )
Alle 17,31 abbiamo superato  su un ponticello
la Fiumara Vasì e, cinque minuti  dopo, sempre  su un ponte  in legno, la Fiumara del Cervo .
Il tracciato s’inerpica lungo il sentiero che, ben presto, si immette in una più comoda strada sterrata di mezza costa.
Si piega a sinistra e si segue, per un breve tratto, la suddetta strada sterrata.
Alla prima biforcazione  si piega a destra e alle 18,09 siamo arrivati  a Serro di Cistinari  a quota 1357 metri.
La strada prosegue in salita e più di qualcuno ha  cominciato ad accusare una certa  stanchezza che ha rallentato  la marcia.
Alle 18,30, dopo avere superato un altro  ruscello,  abbiamo incontrato una bella salamandra dai vivaci colori che abbiamo fotografato,e finalmente alle  18,47 abbiamo raggiunto la piacevole radura del Piano Melia (m.1393).
Si prosegue verso sinistra, lungo la strada, in parte acciottolata, che dopo un centinaio di metri si abbandona, per immettersi, verso destra, nel sentiero in discesa che s’insinua nella boscaglia.
Arrivati  in fondo al sentiero,  al ruscello Mignotta, è successo  un imprevisto: Caterina nell’attraversarlo,  è  scivolata  ed è  caduta nell’acqua  gelida facendosi molto male alla caviglia sinistra.
L’ha colta  una crisi di panico che ha superato solo  con l’intervento di  Antonio, sopraggiunto a velocità, nonostante  il dolore ai piedi che lo faceva  soffrire.
Con l’aiuto  di Filippo, tornato  indietro per soccorrerla, di Antonio e di Alberto, muovendosi con estrema cautela sulle pietre  instabili e sdrucciolevoli e superando i lancinanti dolori che la tormentavano quando appoggiava il piede  a terra, cadendo un’altra  volta in acqua quando il bastoncino tirato da Alberto,  a cui si era aggrappata, si è  sfilato dal manico, è  passata sull’altra sponda ed è iniziata la faticosa salita su un sentiero sconnesso e pieno  di pietre smosse dalla violenta pioggia del pomeriggio.
Si avanzava  a piccoli passi, sostenendo da entrambe le braccia Caterina in modo  da diminuire il peso scaricato  sul piede e contenere , per quanto possibile, il dolore.
Il buio stava scendendo rapidamente e Rosalba, rimasta indietro con noi faceva luce con la torcia elettrica,estratta dallo zaino da Antonio,  per illuminare il percorso.
Non avevamo idea  di quanta strada  mancasse  prima di arrivare  alla fine della salita e  poi alla  strada asfaltata ed eravamo  molto  preoccupati.
Fortunatamente alle 20,13 , Antonio  Barca, titolare  del rifugio Il Biancospino ,  che ci aspettava,  preoccupato  del  nostro  ritardo, ha telefonato ad Alberto ed è  riuscito, dopo diversi  tentativi falliti, a mettersi in contatto  con lui  che gli ha raccontato  la nostra  disavventura chiedendogli di venire in nostro soccorso.
Antonio è stato immediatamente disponibile, ma da quanto aveva sentito  non era riuscito a capire  dove  ci trovassimo. Il tentativo  di inviargli la posizione su whatsapp è abortito per mancanza di campo e subito  dopo  il telefono  si è  scaricato completamente e si è spento.
Nel frattempo Marcello era andato  avanti e anche  i due Giuseppe, forzando l’andatura, avevano  raggiunto la strada asfaltata.
La situazione era decisamente grave, l’oscurità  era ormai  totale, Caterina era completamente  bagnata, demoralizzata e  molto  stanca e procedendo  alla  velocità  consentita dalle sue condizioni sarebbero state necessarie  diverse  ore per arrivare a destinazione.
Vista le lentezza con cui si procedeva nell’andare verso piani di Carmelia, anche Filippo da solo e  con due zaini , si è avviato per raggiungere gli altri e descrivere la situazione che Caterina, Antonio, Alberto e Rosalba stavano affrontando.
Dopo circa 10 minuti di cammino ha visto avvicinarsi  le luci di un mezzo.
Era quello su cui c’erano  Antonio Barca,del rifugio, e Giuseppe S. che per prima cosa gli hanno chiesto come stesse Caterina.
Saputo che il gruppetto distava una decina di  minuti e che stava lentamente superando  la salita si sono resi conto che   con il loro mezzo non avrebbero avuto problemi a raggiungerli.
Mentre i due procedevano verso il ruscello Mignotta, Filippo avanzava  da solo verso i piani di Carmelia con i due zaini in spalla che gli hanno fatto da ammortizzatori nella caduta che lo ha colto da lì a poco.
Arrivato ai piani di Carmelia, Filippo non  ha trovato gli altri perché nel frattempo erano  stati recuperati dalla macchina di Teresa,  la moglie di Antonio, e portati al rifugio.
Quando lo sconforto stava per avere  il sopravvento, come in un film di  avventura, abbiamo  visto  in alto sopra  di noi le luci di due fari e subito  dopo abbiamo sentito il rumore  di una macchina: era  Antonio con il  suo pick up che,  insieme  a Giuseppe S.,  ci aveva  raggiunti.
Saliti a bordo, con Alberto  sul cassone,abbiamo invertito il  senso di marcia e siamo andati sulla strada sterrata verso la strada asfaltata prendendo a bordo  anche  Filippo  che , procedendo da solo con due zaini ( il suo e quello  di Alberto) era caduto e si era  procurato sotto il pantalone una piccola escoriazione superficiale allo stinco di sinistra.
Finalmente alle 22,00 circa, con grande  sollievo, abbiamo raggiunto il rifugio,  lontano alcuni chilometri  dal torrente Mignotta.
Teresa si è  subito  attivata per  dare  assistenza  a Caterina , facendola cambiare ed asciugare  e mettendole  una pomata  sulla  caviglia, mentre  gli altri facevano la doccia e prendevano  posto nelle stanze.
La sistemazione adottata ha visto Antonio e Caterina e Stefania e Rosalba in due  camere  doppie al pianterreno,Filippo, Giuseppe S. e Alberto al primo piano e nelle altre due Marcello e Carmelo  in una e Rosario e Giuseppe F. nell’altra.
Intorno alle 23,00  è arrivata l’ora della attesa  cena, la cuoca ha preparato una squisita pasta con patate e zucchine, frittata , melenzane e mozzarella , ‘nduia, grigliata mista, patate lesse,  apprezzate da tutti.
Dopo  che Filippo ha verificato  che la caviglia di Caterina  non fosse  rotta ha lasciato la pomata e la protezione che aveva messo Teresa e dopo una valutazione palpatoria di dorso e pianta del piede destro,  riconoscendo un presumibile trauma della parte prossimale del metatarso del terzo raggio ed una irritazione della benderella plantare che irradiare su 2 e 1 raggio, le ha fatto calzare la scarpa in modo  da contenere il piede.
L’esperienza di oggi ci è  servita  da insegnamento: non bisogna fidarsi solo delle indicazioni e delle recensioni trovate in rete che considerano la tappa relativamente semplice , mentre in effetti   il fondo delle strade,  reso viscido ed instabile a causa dell’abbondante acqua ha reso difficoltoso il cammino e insieme  alla  forte grandine ha fatto raddoppiare i tempi di percorrenza per cui è sempre meglio partire al più presto possibile. .
Il percorso rilevato su Komoot di Alberto, dall’inizio del sentiero, fino al Torrente  Mignotta è stato di 15,5 chilometri.

30 aprile
Prima di iniziare la cronaca della giornata mi sembra  doveroso accennare al rifugio in cui  siamo stati ospitati che ieri notte, dopo le traversie descritte, non avevamo apprezzato  come merita.
Il nome deriva da un grande  albero di biancospino dalle dimensioni particolari  che è  inserito nel registro  dagli  alberi monumentali  d’Italia con il numero identificativo 001/D268/RC/18 per età, dimensioni, forma e portamento.
La caratteristica costruzione si  trova a 1260 metri di quota, immersa nel verde di un grande giardino alberato fiorito e ben curato, all’interno  di una proprietà di diversi ettari.
È stato realizzato nel 2001, è aperto da aprile  a novembre ed è punto di riferimento  per gli escursionisti e gli amanti  della mountain bike.
Ha venti posti  letto  distribuiti in confortevoli  camere identificate non con  numeri , ma con i nomi delle cime dei monti  che circondano il rifugio.
I due  servizi in comune con doccia , wc e lavandino si trovano al pianterreno dove c’è  anche l’accogliente  zona soggiorno, con un camino, diversi divani e  un lungo  tavolo.
Nella funzionale cucina adiacente  Teresa  prepara squisite pietanze utilizzando  prodotti  locali e ortaggi e  verdure coltivate nell’orto.
I particolari  sono ben curati  e  si respira un’atmosfera familiare, grazie ad  Antonio e Teresa, ospiti  disponibilissimi.
Nella veranda all’ingresso si lasciano gli zaini e questa pratica ieri sera  si è  rivelata provvidenziale perché ha evitato  che la processionaria,  che era caduta su qualche  zaino,  si diffondesse all’interno.
A questo proposito c’è da dire che Marcello, nel mettersi il pigiama, si è  accorto di essere  stato in contatto  con un esemplare che  gli ha causato dolorose irritazioni in tutto  il corpo.
Antonio è una delle guide più  anziane del Parco  dell’Aspromonte e promotore dello  stesso  ed è conosciuto, apprezzato e stimato  per la sua  competenza ,  umanità e spirito di servizio ( a dimostrazione della sua “fama” ieri gli abbiamo  portato  i saluti  di tre persone incontrate a Gambarie che ce lo hanno  raccomandato per le sue qualità).
Anche un grosso esemplare di docile pastore maremmano,  di nome Sansone, rende caratteristico il rifugio.
Alle 8,30, abbiamo  preso posto  al tavolo e fatto  colazione  con latte, caffè, te, pane a fettine e marmellate di arance, prugne e limoni.
Alle 9,30, dopo aver fatto  asciugare al caldo  sole gli indumenti e le calzature umide per la pioggia di ieri e fatto una foto  di gruppo con tutti i partecipanti, ci siamo  messi  in cammino. 
Antonio e Caterina  sono stati  accompagnati in macchina a Delianuova , per incontrarsi con  il figlio che era venuto da Messina  a prenderli.
La seconda tappa del sentiero va  dai piani di Carmelia all’ex Sanatorio  di Zervò , ma noi, seguendo  il suggerimento di  Antonio, abbiamo  fatto una  deviazione  per raggiungere  la cima di Monte   Fistocchio.
Lasciato il Rifugio si prende la strada  a destra, che dopo circa 900 metri incrocia la strada che dai Piani di Carmelia conduce a Zervò e al Piano Zillastro. Si segue  a sinistra e dopo poche decine di metri, lasciata in alto a destra una fontana con un poderoso getto d’acqua  si
piega a destra per immettersi nel sentiero che sale verso Monte Fistocchio, individuato da segnavia orizzontali bianco-rosso e dal numero 133 (Catasto Sentieri PNA) .
Il sentiero,  in costante e leggera  salita,si snoda  tra bellissimi boschi di faggi illuminati dalla splendida luce mattutina, raggiungendo alle 11,00 la fontana di località  Fontanelle a quota 1410 metri e alle 11, 05 il  passo Mastrangelo a quota 1420.
Intercettata la strada asfaltata proveniente  da Montalto che conduce a San Luca  e poi a Polsi
  abbiamo fatto  una sosta su un muretto e Filippo ha cantato ” Camicia rossa ” coinvolgendoci nel ripetere il ritornello.
Ripreso il cammino Filippo ha parlato della storia di Garibaldi, del suo ferimento dell’Aspromonte , degli intrighi diplomatici e  delle manovre poco note che portarono all’unità d’Italia.
Dal passo si sale a sinistra  lungo la strada asfaltata e in prossimità dell’incrocio con la strada di cresta si lascia la strada asfaltata e si procede sul ripido pendio erboso a sinistra “tra gli alberi che neve e vento hanno fatto  chinare , quasi  a salutare chi sale  in cima” fino a raggiungere alle 12,05  la vetta di Monte Fistocchio (m.1568), distante circa cinque chilometri dalla partenza,dalla quale si gode la vista di incantevoli scorci panoramici.
Tra il verde risaltano piccole e grandi pietre sparse ovunque che alla sommità  sembrano disposte in modo  preciso che fa ipotizzare che il materiale  sia servito per la costruzione di un  avamposto  militare di una certa importanza, vista la posizione altamente  strategica.
Lo sguardo  spazia a 360 gradi , con la cima di Montalto a sud e a est lo Ionio con la caratteristica mole di Monte Pietra Castello.
I boschi di faggi e di abete , con le diverse sfumature di verde, il cielo azzurro e  il prato coperto di fiorellini bianchi e gialli sono uno spettacolo  appagante.
Il sole caldo ha permesso ad alcuni di restare a torso nudo e apprezzare il  contatto  con l’erbetta sul prato.
Alle 12,40, dopo la foto  di gruppo, siamo tornati  indietro per imboccare il sentiero SB 100.
Alberto e Carmelo  hanno  cercato  una scorciatoia   che aveva  indicato  Antonio Barca  e che avrebbe permesso  di risparmiare  strada, ma, non avendola trovata, siamo  stati  costretti  ad arrivare  nuovamente all’imbocco del sentiero al passo Mastrangelo.
Seguendo le indicazioni  ci siamo  addentrati nel bosco e dopo circa un’ora e mezza dalla partenza, a circa 2, 6 chilometri  dalla  cima , ci siamo  fermati  per mangiare  il nostro panino, comodamente sul tronco abbattuto di un grosso  faggio sradicato dal vento.
Dopo  una ventina  di minuti, ritemprati e rifocillati, abbiamo  ripreso  il cammino  seguendo  la segnaletica e alle 14,50 siamo arrivati a Baraccone a quota  1379 metri. La ta6bella indica il passo della Cerasara a 50 minuti di distanza, ma noi l’abbiamo  raggiunto solo alle 16,30, cioè  un’ ora e quaranta minuti  dopo.
Le indicazioni riportate al passo , a quota 1399 metri, danno Croce di Toppa a 30 minuti  e Piani di Zervò a 1 ora e 10 minuti.
Da qui, sulla sinistra, ha inizio la strada sterrata che scende a valle fino a intercettare la strada Piani di Carmelia, Zervò, Zillastro nei pressi della Croce di Toppa (m. 1218) dove  siamo  arrivati alle 17,25 e abbiamo  fatto  una lunga  sosta  per aspettare  Marcello  e Filippo  che tardavano perché avevano allungato il cammino   non  essendosi accorti  dei segnali che indicavano una deviazione  a novanta gradi a destra sul sentiero  in discesa.
I cartelli qui posizionati   indicano Zervò a 40 minuti e Terreno Russo a 20.
Si piega a destra lungo la strada asfaltata per circa 700 metri, prima di immettersi, sulla sinistra, nel sentiero, immerso nel bosco che conduce all’ampia pianura di Panacuma.
Prima di imboccare il sentiero  ci  siamo  fermati  per capire quale  strada convenisse seguire e abbiamo  deciso di  seguire il sentiero.
Andando avanti si  piega a destra e si prosegue lungo la strada sterrata che si snoda ai margini della pianura.
Arrivati a Terreno  Russo alle 18,31 , visto che che Marcello e Rosario non si vedevano, Alberto  è tornato indietro  a cercarli e quando  sono arrivati abbiamo  proseguito  per raggiungere  il resto  del gruppo.
Alla biforcazione ancora a destra per immettersi nel sentiero che si sviluppa nel bosco, attraversa due piccoli corsi d’acqua, e sale dolcemente verso la grande pineta.
Nonostante la segnaletica abbiamo smarrito  più  di una volta  il sentiero, ma con l’aiuto di Franco Napoli, che ci ha detto che i Piani di Zervò e il Sanatorio sono praticamente la stessa cosa , abbiamo proseguito lungo la strada sterrata fino a quando è apparsa, intorno alle 19,15 l’imponente struttura del Sanatorio.
Il complesso fu realizzato per accogliere i malati di tubercolosi, inaugurato il 28 ottobre 1929 solo  pochi anni dopo,  nel 1934, a causa del clima freddo-umido della zona, poco compatibile con le esigenze dei malati, cessò  la propria funzione e restò abbandonato per diversi decenni , danneggiato dalle intemperie e dagli uomi
A seguito di una ristrutturazione, dal 1996 al 2014, tali strutture sono state utilizzate in concessione da una delle Comunità Incontro di Don Pierino Gelmini (morto il 12 agosto 2014). A seguito della morte di Don Gelmini la Comunità ha terminato la sua presenza in Zervò.
Il complesso edilizio è stato quindi restituito al Comune di Scido che con un bando pubblico, dal 2 giugno 2015, ha concesso lo stesso, con contratto di comodato d’uso a titolo oneroso alla Cooperativa Sociale “Il Segno” di Oppido Mamertina.
Una parte della struttura accoglie, in comode stanze con bagno in camera, i viaggiatori a piedi  o in bicicletta e il ristorante ‘ U rifuggiu du’Bati offre ottimi  piatti  locali.
La sistemazione  nelle stanze  di   stasera, in camere triple, vede Rosalba e Stefania  insieme  a Marcello, Carmelo, Giuseppe F. e Alberto e Filippo, Rosario e Giuseppe S..
Dopo la doccia, fatta con acqua  tiepida , alle 20,30 ci siamo  ritrovati  per la cena in un tavolo  lungo tavolo apparecchiato per noi.
Nella sala, oltre al nostro c’era un tavolino per una coppia di ciclisti provenienti  da Firenze e  un altro  per un ciclista bolognese  che viaggiava da solo.
Il menù prevedeva Bruschette con olio e con pomodoro,olive piccole, zucchine grigliate, pasta con il sugo del maiale nero, grigliata mista, patate lesse accompagnate da un vino leggermente liquoroso , ma molto  gradevole.
Dopo cena alcuni di noi sono usciti a vedere  le stelle mentre gli altri sono andati  nel salone a chiacchierare  intorno  al fuoco acceso nel camino.
La tappa di oggi, secondo  le indicazioni reperite in rete, sarebbe dovuta essere  di 13 chilometri da percorrere  in cinque ore , noi abbiamo impiegato  dieci ore percorrendo complessivamente poco meno  di venti  chilometri (dato ricavato  dal contapassi di Alberto, considerata la salita  a monte Fistocchio  e vari andirivieni).

1 maggio
Terza tappa dal Sanatorio  di Zervò al ristorante  La Quiete  dei Monti al villaggio Trepitò.
Mi sono alzato alle 7,30 ed ho preso qualche  appunto sulle due tappe percorse.
La coppia  che viaggia   in bicicletta  ha dormito in tenda e  stava  preparando il caffè su un fornellino…beata gioventù!!!
Ho inviato  ad Antonio un messaggio chiedendogli come stessero lui e  Caterina e la risposta  che riporto sotto mi ha fatto scompisciare dalle risate.
“Buongiorno Alberto. Qui facciamo passi da gnomino🤣. Io riesco a muovermi un po’ stamattina, ieri ero una boatta di acido lattico con piccoli fastidi diffusi a tutto il corpo tranne le parti intime( ma solo perche erano disperse in Aspromonte)”.
Alle 8,00 Franco ha servito  la colazione costituita da  biscotti, marmellata, latte, caffè .  e  Carmelo, Alberto, Giuseppe F. e Rosalba che si erano già alzati, ne hanno  approfittato e poi sono tornati in  camera per preparare gli zaini.
Dopo un poco Marcello , di evidente malumore,  li ha richiamati  e, piuttosto bruscamente, ha lamentato il fatto  che la colazione  non fosse  stata  fatta  insieme,come, secondo  lui , si era concordato ieri sera.
L’intervento è stato, secondo  alcuni di noi, piuttosto sproporzionato rispetto  a quanto  accaduto e comunque chi aveva mangiato prima lo aveva fatto   solo a causa  di un equivoco.
Presi i sacchetti preparati da Franco per il pranzo, contenenti il panino e una mela,  e raccolti i soldi (60 euro a testa) per pagare  il saldo della sosta, a integrazione del bonifico fatto da Marcello come acconto, abbiamo fatto una foto ricordo insieme a Franco e , alle 9,30, pieni di entusiasmo e buona volontà ci siamo messi in marcia  seguendo le indicazione della tabella  lungo la strada comunale che scende a destra  verso Santa Cristina d’Aspromonte.
Si costeggiano una serie di stalle e ricoveri in legno vuoti  con le targhe descrittive degli animali che vi alloggiavano e  proseguendo di buon  passo sulla strada in costante discesa, tenendo d’ occhio  i segnali orizzontali  bianco / rosso presenti sul guard rail, sui muretti  e sugli  alberi, alle 11,05 siamo arrivati  in località  Fontanelle distante quasi 4 chilometri  dalla partenza.
Nel primo tratto i simpatici cagnolini del Sanatorio, prima con la famiglia intera poi solo i più piccoli ci sono venuti dietro mentre noi cercavamo di cacciarli. Solo dopo un po’ di tempo  abbiamo fermato un furgone cassonato che li ha caricati a bordo e riportati alla base.
A Fontanelle c’è una edicola votiva con una Madonnina ed una fontana che  dà il  nome alla contrada.
Fortunatamente abbiamo incontrato
due contadini del luogo ai quali  abbiamo  chiesto  informazioni.
Il più  giovane  ci ha detto  che eravamo  completamente  fuori  strada, ma Alberto  inizialmente, con una certa  presunzione, voleva  proseguire.
Vista  però la sua sicurezza ha guardato con più  attenzione  la traccia registrata  su Komoot  fino  a quel  momento e si è  reso  conto  che  eravamo effettivamente completamente  fuori  strada.
Il ragazzo, nato  e vissuto nella zona e conoscitore  dei luoghi, nel  frattempo  si era consultato con suo Padre  che aveva  confermato  che proseguendo sulla strada  saremmo arrivati  a Santa  Cristina e per raggiungere il  crocifisso  di Zervò, una delle nostre  mete intermedie  di riferimento, saremmo  dovuti  passare  da Oppido con una marcia  di due  giorni.
A questo  punto, per tornare indietro sulla strada, adesso  in salita, abbiamo 
tentato  di contattare  Franco per chiedergli di venire  a recuperarci con il suo pick up, ma non  è  stato possibile per mancanza di  campo così abbiamo deciso di tornare tutti  indietro  seguendo il protocollo Zampaglione ( autostop), visto  che oggi, per la prima volta avevamo visto qualche veicolo transitare sulla strada.
Marcello, Filippo, Rosario, Giuseppe S, e Rosalba si sono fermati alla fontana per fare l’autostop ,  mentre Stefania, Alberto, Carmelo  e Giuseppe  F. tornavano  a piedi per arrivare  a Zervò  e incontrare  Franco.
Dopo  poche centinaia di metri il gruppetto  ha fermato  una macchina con due persone  a bordo, che stava procedendo   in direzione contraria  alla loro,  verso Santa  Cristina.
La coppia, molto disponibile, ha fatto inversione di  marcia e ci ha caricati tutti a bordo  accompagnandoci a Zervò.
L’autista era  un operaio forestale dipendente  di una ditta che sta facendo  il taglio dei boschi nel Parco dei Nebrodi.
Arrivati al Sanatorio non abbiamo  visto  il pick up e siamo andati a cercare Franco che era andato a Oppido a lasciare la macchina ed ora era impegnato nella preparazione del  pranzo  per una trentina  di commensali e non poteva assentarsi. Comunque si è  reso disponibile ad accompagnare  in macchina  quelli che erano  rimasti  indietro, ma solo dopo pranzo e non prima delle 14,30/15,00.
Franco Napoli, ex proprietario e gestore di  un locale a Oppido, da alcuni anni si dedica con passione  e competenza a curare i locali dell’ex Sanatorio mantenendoli puliti ed accoglienti e, con il minimo indispensabile  aiuto , si occupa della preparazione  dei pasti  nell’annesso ristorante.
A questo  punto  Stefania, Alberto e Carmelo sono andati alla ricerca del sentiero SB 100 che, seguendo le indicazioni di Franco, si imbocca ” andando a destra e poi a destra”.
In effetti alla fine del primo rettifilo, dopo aver superato  tutte le stalle in legno e prima di arrivare  alla curva a sinistra,si vede a destra una larga strada  che si addentra nel bosco e arriva ad un torrente piuttosto largo che si può  guadare solo togliendosi scarpe e calze. I segni sugli  alberi  identificano sicuramente il nostro  sentiero ma, vista l’ora non sarebbe stato prudente imboccarlo quando  gli altri  si  sarebbero  uniti  a noi.
Nell’attesa degli altri  camminatori Stefania e Alberto sono andati a zonzo tra i numerosi edifici  dell’ex Sanatorio, alcuni restaurati, ma già con segni di abbandono, altri  chiusi e utilizzati come ostello per attività scout.
Una alta torre campanaria in acciaio , di costruzione moderna, si erge incongrua in un vasto  slargo e fa pensare che sia il risultato  di qualche appalto espletato  al solo fine di spendere soldi, senza alcuna reale funzione.
Nei prati circostanti si ammirano anche nove abeti enormi inseriti  nel registro  degli alberi  monumentali.
Dopo più di un’ora sono arrivati,  con due passaggi distinti ,  Rosalba e Rosario e poco dopo Giuseppe S.
A questo punto siamo  riusciti  a contattare  Marcello ed abbiamo  concordato di incontrarci al Crocefisso di Zervò che  avremmo raggiunto seguendo la strada asfaltata  invece di percorrere il  sentiero.
Abbiamo  lasciato Rosalba , che aveva  qualche  problema  alle gambe,al Sanatorio,  in attesa che Franco si rendesse  disponibile per prendere in macchina Filippo  e Marcello.
I due  nel frattempo avevano visto una Panda , a cui pensavano di chiedere  un passaggio,imboccare una sterrata in salita. La macchina si è fermata e il conducente ha mostrato loro il carico di fieno che riempieva l’auto e che stava   trasportando   all’ovile posto sopra la strada per nutrire le sue pecore. Dopo un quarto d’ora un gregge  si è “sdirrupato” sulla strada da dietro  la fontana mentre due cani da pastore ,  ringhiando , li invitavano  a non interferire al trasferimento del gregge.
Il pastore ha urlato di stare fermi e di non preoccuparsi perché né le pecore, né i cani li avrebbero infastiditi e infatti quasi subito si sono diretti verso Santa Cristina d’Aspromonte.
Dopo poco il pastore è tornato sulla strada a scambiare due parole, visto che aveva sistemato gli agnellini ed aveva 5 minuti liberi prima di recuperare il gregge a valle. Argomenti trattati,come al solito, l’attività della Forestale e la fatica del lavoro di pecoraio. Filippo gli  ha chiesto se suonasse la zampogna e lui ha  risposto di non averne la dote.
Arrivata l’ora di recuperare il gregge si è incamminato verso  valle e dopo pochissimo 4 pecore  sono  arrivavate da monte a razzo con sconquasso di campanacci  prendendo direttamente la trazzera per l’ovile.
Intorno alle 14,00 Giuseppe F., Carmelo, Stefania e ,dietro,  Rosario, Giuseppe S. e Alberto, si sono incamminati  sulla provinciale.
A quell’ora il traffico  era praticamente  nullo e gli ultimi hanno fermato  una pattuglia di Carabinieri chiedendo ai due giovani occupanti di prendere a bordo Rosario, ma i militari hanno risposto che lo avrebbero potuto fare solo se si fosse trattato di una persona sospetta .
Alle 14,27 siamo  arrivati ad una fontana identificata come ”  Acqua dell’ Abitu” e  dopo alcune centinaia di metri abbiamo  intercettato  un fuoristrada che procedeva in direzione contraria  alla nostra.
La macchina, al nostro  cenno, si è fermata e abbiamo  chiesto all’autista  la cortesia  di prendere a bordo  Rosario, ma lui ha risposto  che avrebbe  imbarcato noi tre insieme o nessuno.
Una volta  a bordo, vista l’affabilità e la disponibilità  del conducente, che si scusava per le condizioni di pulizia  della maccchina aziendale, ci siamo messi  a chiacchierare e ,tra l’altro , abbiamo  saputo  che lui si chiama  Antonio  Murdica ed è  il titolare dell’azienda agricola  Monte  Zervò  specializzata  nella coltivazione  di prodotti  biologici.  Ci ha raccontato che nel corso della sua vita ha avuto  una ditta, con una ventina  di dipendenti,  che si occupava della installazione di impianti  termoidraulici, ed ha lavorato  molti anni in Lombardia e nella Sicilia sud orientale.
Ad un certo punto si è  dedicato alla politica  ed è stato  vicesindaco ad Oppido. In questo  ruolo si è  trovato  in contatto  con tanti giovani  che gli chiedevano di lavorare e per questo  ha costituito nella zona una ditta che dà lavoro a molte  persone. Raggiunti gli altri  viandanti  li ha fatti  salire a bordo e, alle 15,00, dopo esserci scambiati i recapiti  telefonici ed averci invitato nella sua azienda, ci ha lasciati al quadrivio dove si trova il grande Crocifisso, a quota 1050 metri, che vigila sui viandanti.
Appena lui è partito è arrivato ad Alberto  un messaggio di Marcello  che  spostava l’appuntamento direttamente alla meta della giornata  per cui ci siamo incamminati senza aspettare il loro  arrivo.
Dopo  un poco è arrivato Franco  con a bordo Rosalba e Marcello e Filippo che aveva  preso a Fontanelle.
Ha fatto  salire anche  Rosario  ed ha caricato i nostri  zaini tranne quello  di Giuseppe S. procedendo verso Trepitò.
Senza zaini  la marcia è diventata una piacevole  passeggiata tra i boschi.
Alle 15,20 abbiamo  raggiunto  una edicola votiva eretta sul bordo  della strada come ex voto da un tale Francesco Timpano .
Proseguendo per altri  cinquanta  minuti  siamo arrivati  ad una sella con un cocuzzolo roccioso dal qual si possono  vedere il  mare Tirreno  da un lato e lo Ionio  dall’altro.
Stefania, Giuseppe  S. ed Alberto  sono saliti per godere della splendida  vista dello Ionio mentre la foschia impediva la vista dell’altro mare e, sfidando il forte vento che faceva  volare  i cappelli, hanno  fatto  un paio di foto  dal posto.
Dopo dieci minuti, alle 16,21 siamo  arrivati ad un bivio con un cartello che indicava a sinistra la nostra  meta, il ristorante  La Quiete dei Monti, distante  due chilometri.
Seguendo la  freccia siamo entrati  nel bellissimo  bosco di faggi e alle 16,30 abbiamo  incontrato sul bordo  della strada  a destra i cartelli che indicano  il sentiero sentiero del Brigante ora contrassegnato con l’acronimo SB 200 proveniente , da sinistra, dalla valle dell’Uomo Morto che fa parte del percorso  previsto nella terza tappa.
Procedendo sulla  strada abbiamo così evitato  una lunga e ripida discesa seguita da una altrettanto  impegnativa salita.
Poco prima delle 17,00 siamo arrivati
alla Quiete dei Monti, ristorante gestito dalla famiglia De Maria dove ci attendeva  il resto  della brigata.
Siamo  stati  accolti dal gentile gestore Massimo De Maria  la cui voce quasi in falsetto, causata da un  problema  alle corde vocali , contrasta con il suo aspetto  fisico.
Tutti,tranne  Marcello, Rosario  ed Alberto  hanno preso posto  nelle tre   stanze doppie ( di cui solo una con bagno in camera) in una struttura  separata distante  una decina  di metri  dal ristorante, con le coppie Rosalba e  Stefania, Filippo  e Giuseppe  S. e Carmelo  con Giuseppe  F. e dopo la doccia  ci siamo  incontrati  nuovamente  nella  sala del bar.
Visto  che era ancora  presto e la serata era splendida , Marcello, Carmelo, Stefania, Rosario  ed Alberto, intorno  alle 18,10, si sono  diretti  ad un punto  panoramico  distante  circa un chilometro  e mezzo.
Alle 18,30 siamo  arrivati  al belvedere Catorella, ma purtroppo  la foschia impediva la vista panoramica che si apprezza normalmente dell’ampia vallata e del mare con le Eolie in fondo.
Saliti  su una  big bench troneggiante sul piazzale ci siamo  fatti  fotografare e poi ci siamo  fermati  su una panchina fino alle 19,00,  mentre  Stefania  e Carmelo  giocavano  su un’altalena.
Tornando verso il ristorante  ci siamo  soffermati  ad osservare le villette del villaggio  Trepitò, alcune abbandonate , ma graziose.
Prima delle 20,00  ci siamo  seduti  a tavola per un’ottima  cena , Massimo ci ha servito Tagliatelle ai funghi, maccheroni al sugo, maccheroni con il caprettone, grigliata mista , sella di vitello con i funghi, insalata verde,  patate fritte, amaro 108.
Filippo, che cominciava a perdere la voce ed a guadagnare tosse,  ha mostrato come fare stretching senza bisogno di una seconda persona, semplicemente utilizzando un rialzo di pochi centimetri sotto la parte anteriore dei due piedi, tenendo i talloni a terra, mantenendo la posizione per 30 secondi. Nel caso nostro abbiamo usato il montante della spalliera della sedia poggiato a terra.
Dopo cena Massimo ha portato in macchina Marcello, Rosario  e Alberto  al paese di Molochio, distante  circa 8 chilometri, e li ha accompagnati al ristorante  pizzeria La Madonnina, dove c’è  anche un comodo B&B in cui  si sono sistemati in una  stanza con un letto  matrimoniale  e uno singolo e un  grande bagno  in camera.
Percorso  complessivo  della giornata (rilevato  dal pedometro di Alberto ) 21,7 chilometri.

2 maggio
Notte agitata,  Marcello  ha dormito  male a causa dell’ irritazione da processionaria  e Rosario per difficoltà  respiratoria e apnea.
Dopo la doccia e una squallida colazione con latte di soia e cornetti di produzione industriale, siamo usciti ad aspettare Massimo De Maria che  è  venuto  a prenderci alle 8,30 .
Prima di tornare  al villaggio siamo  passati dalla farmacia del paese, dove Marcello  ha acquistato il Bentelan e  il Locoidon , una blanda  pomata al cortisone per lenire il bruciore in tutto il  corpo causatogli dal contatto con la processionaria.
Mentre aspettavamo  in macchina  Massimo  ci ha raccontato  che il villaggio  di Trepitò  è  sorto negli  anni  settanta  dello scorso  secolo dopo la realizzazione della strada costruita grazie all’interessamento di Andreotti, amico  di un notabile  locale. Per diversi  anni  è stato  un  centro piuttosto vivace , frequentato  da villeggianti e da cacciatori provenienti  dalle regioni del centro  Italia  per la passa delle quaglie. In quel periodo in estate  c’erano una salumeria , una macelleria e una edicola mentre  adesso, per qualsiasi  necessità, occorre  andare  a Molochio.
Intorno alle 9,00 abbiamo  raggiunto il resto della compagnia e, dopo aver  pagato, ritirato il panino per il pranzo e fatta la foto  di gruppo, alle 9,30 ci siamo  messi in cammino sulla  strada  asfaltata per la Quarta Tappa del sentiero,  dal Ristorante pensione La Quiete dei monti di Monte Trepitò a Canolo Nuovo da Cosimo.
Percorsi circa 1,5 km. in direzione contraria a quella di ieri siamo arrivati alle 10,00  ai cartelli Bosco di Trepitò  1039 metri , che   a sinistra indicano il “Sentiero del Brigante” nel bosco di Trepitò ma con la nuova identificazione SB 200.
Un cartello  indica la direzione delle cascate Mundo e Galasia, delle quali ci aveva parlato Massimo,  distanti 2 ore, ma dalla parte opposta  al nostro percorso.
Il sentiero, in questo tratto, ha andamento sinuoso per assecondare la fitta vegetazione e per  questo motivo è necessario prestare attenzione ai segnavia sugli alberi.
Ben presto il sentiero si perde nella strada sterrata ai margini del Piano Moleti (m. 990). Si prosegue  sulla strada sterrata, lungo la quale si affacciano alcune casette di villeggiatura in costruzione o abbandonate. Superato , alle 11,00 , un ponte di cemento al villaggio Moleti sud,  si piega a sinistra, seguendo la strada asfaltata, e subito dopo a destra, per attraversare nella sua interezza il Villaggio Moleti, completamente vuoto,  che probabilmente  si anima solo nel periodo estivo.
Nel punto in cui, ai margini del villaggio, la strada asfaltata cede il passo al sentiero c’è una recinzione in legno con un cancelletto che delimita un vasto prato  alberato  dove, alle 11,15 abbiamo  sostato per uno spuntino  sotto la statua del Cristo  benedicente,ex voto dei coniugi Grillo- Longo. Tempo splendido, sole caldo , colori smaglianti umore alto che ci ha visti stinnicchiati sul verde prato umido.
Qualcuno con il suffareddu si è  preparato  alla partenza prima degli altri  che ancora godevano della pace e del silenzio  del luogo.
Alle 11, 45 abbiamo  ripreso il cammino.
Al primo incrocio si piega a destra e subito dopo a sinistra per seguire la strada sterrata che conduce al Piano Vaccarizzo (m. 1032), una verde radura dove è facile incontrare animali al pascolo. Dopo  qualche  minuto  abbiamo  incrociato un palo con i cartelli  che indicano il Passo  di Càncelo a 25 minuti, il laghetto di Zomaro  a 30 minuti  e il Passo  del Mercante  a 1,5 ore.
Alle 12,00 siamo  arrivati  al villaggio  Moleti  nord a 1027 metri.
Si attraversa la radura e si prosegue lungo la strada sterrata fino a quando, alla prima biforcazione, si piega a sinistra. Ben presto sarà necessario abbandonare la strada sterrata per piegare repentinamente a destra e seguire il sentiero, adiacente a un avvallamento, che intercetta la SP 36 al Passo di Càncelo (m.953 ) dove siamo  arrivati  alle 12,45.
Qui i cartelli  indicano il bosco  di Trepitò a 50 minuti ( in effetti lo abbiamo  imboccato  alle 10,00, anche  se abbiamo  fatto  la sosta alla statua del Redentore) , il laghetto  di Zomaro  a 25 minuti  e Piano  Stempato  a 50 minuti.
Si attraversa il ponte che caratterizza il Passo e subito dopo, sulla sinistra, s’imbocca il sentiero che, dopo un’iniziale breve salita piuttosto ripida, si snoda quasi pianeggiante immerso nella faggeta lasciando presto spazio a una strada sterrata.
Alle 13,19 siamo arrivati  in vista del  pittoresco laghetto artificiale conosciuto come laghetto Zomaro e alle 13, 24 al cartello che lo pone   a quota 978 metri.
Qui abbiamo  fatto  la sosta per il pranzo con i panini preparati  da Massimo  accompagnati  da un buon vino che ci aveva  offerto  alla partenza.
Il luogo  è  incantevole, il piccolo laghetto quasi circolare  e con un  diametro  di poche centinaia  di metri, è incastonato tra i verdi boschi e sulle rive ricoperte di erbetta  e fiorellini ci siamo  fermati  per una pennichella  al caldo sole.
Alberto  ha approfittato  della sosta  per fare  il periplo del  laghetto , impiegando una ventina  di minuti e vi si è immerso sino alle ginocchia, passeggiando per qualche minuto.
Alle 14,25 ci siamo  messi in marcia,si lascia la strada sterrata per proseguire, sulla destra, lungo il sentiero che si snoda nella faggeta, prestando attenzione ai segnavia rosso-bianco-rosso con a centro, di tanto in tanto, l’acronimo SB. In brevissimo tempo s’intercetta e si attraversa la SP 36. Si piega a sinistra e si segue il sentiero che scende dolcemente fino a lambirla.
Alle 14,52 su un albero c’è un cartello indicante la direzione del Rifugio Boschetto, ma senza il tempo di percorrenza per arrivarci. Pochi  minuti dopo, alle 14,58, siamo  arrivati  ad un cartello  che indica Piano  Stempato  a 5 minuti, Piano  Liso a 15 minuti, Passo del Mercante  a 40 minuti.
Ma in effetti solo dopo mezz’ora, alle 15,30,  abbiamo  raggiunto  il cartello  di Piano  Liso a 955 metri che indica il Passo  del Mercante  a 25 minuti.
Si piega a destra, subito dopo a sinistra e ancora a destra prima di imboccare, sulla sinistra, la strada sterrata che corre diritta, nella pineta, per circa 2 km.
A metà  strada abbiamo incontrato  due ragazzi e una ragazza con un cagnolino che procedevano in direzione  contraria alla nostra.
Ci siamo  fermati  a chiacchierare  ed abbiamo  scoperto  che uno dei ragazzi è Sebastiano Fazio, una guida ambientale che avevamo incontrato due anni or sono sul sentiero  Coda di Volpe  sotto  Tindari.
Lui , che per vent’anni  ha lavorato  nel settore delle telecomunicazioni e conosce anche Rocco La Fauci, stava verificando  le condizioni  del sentiero, ma è  tornato  indietro  insieme  a noi.
Alle 15,55 siamo siamo arrivati  al cartello  di Piano  Melia a 955 metri , che indica in 15 minuti la distanza del Passo del Mercante mentre noi , seguendo  le indicazioni  di Sebastiano, lo abbiamo   raggiunto solo dopo 35 minuti,alle 16,30, a conferma  che, da quando  siamo  partiti, le indicazioni  relative  ai tempi  di marcia sono state abbondantemente sottostimate.
Durante la marcia e successivamente quando  ci siamo fermati  ai tavoli in legno al Passo, Marcello ha avuto  da lui la piena disponibilità  a farci da guida in una escursione alla scoperta di Pietra Tonda, Pietra Cappa ed altre  particolari formazioni rocciose presenti  in zona.
Alle 16,40 abbiamo scattato una foto insieme a lui e l’abbiamo  inviata  a Rocco La Fauci, che si trovava a Montepiselli  con Carlo Panzera e ci siamo salutati seguendo  la strada a  destra che  conduce  a Canolo Nuova distante circa 2 km.
Dopo una ventina  di minuti, a sinistra , in posizione  sopraelevata  rispetto  alla strada, nell’aperta campagna , si incontra un campo di calcio e una bassa  costruzione che dovrebbe  ospitare  i servizi  annessi, ma i lavori di realizzazione dell’impianto  sportivo, di importo  pari a cieca 133.000 euro, non sono completati nonostante  un cartello che indica la fine  lavori  nel luglio di quattro anni  orsono, e tutto  versa in stato  di abbandono conni segni di atti vandalici, ennesima  dimostrazione di incapacità di gestire correttamente i fondi pubblici.
Giunti ad un chiosco all’inizio  dell’abitato, dove  qualcuno  ha preso una bottiglietta di succo di bergamotto, è arrivato un signore  con un fuoristrada che si è presentato  come Cosimo, titolare dell’omonimo ristorante  dove eravamo  diretti, che ci ha fatto  strada e ci ha sistemati nelle stanze  ricavate nei locali  in cui , fino ad alcuni  anni  orsono , c’era il ristorante.
Filippo, che  ricordava  quella via e quelle palazzine, ha chiesto a Cosimo  informazioni su un ragazzo di nome Nicodemo  che aveva  conosciuto al Policlinico a Messina dove era in cura perché non camminava bene per la malattia di Duchenne e che viveva lì.
Cosimo gli ha  indicato l’abitazione, situata proprio nella palazzina accanto,  e Filippo è andato a trovarlo , così come aveva fatto quasi 10 anni fa, incontrando tutta la famiglia che si  ricordava benissimo di lui e hanno fatto un selfie con cui hanno salutato i colleghi che oggi lo seguono a Messina.
Per la notte Stefania  e Rosalba erano insieme  in una camera doppia, Filippo, Carmelo  e Alberto  in una tripla, ed era previsto  che in altre due camere  doppie prendessero  posto Marcello  e Rosario in una e i due Giuseppe  nell’altra, ma , a seguito  della messa  a disposizione  di due camere  singole la sistemazione finale ha visto i due Giuseppe godersi per l’ ultima notte una singola ciascuno.
Alle 19,45 dopo aver fatto  la doccia ( Stefania e Alberto  con l’acqua fredda perché era stata  consumata tutta  dagli altri ) ci siamo incamminati  verso  il ristorante, distante  alcune  centinaia  di metri  dagli alloggi.
Alle 20,00 abbiamo iniziato a cenare.Il menù comprendeva piatti ottimi e abbondanti:
tagliere con salumi, tagliere con formaggi, zeppole, polpette di melenzane, carciofi fritti,  maccheroni al sugo, tagliatelle ai funghi, grigliata mista, patate lesse, fragole.
Durante  la cena si è  avvicinata la moglie  del titolare, che oggi  festeggiava il compleanno  e si è  fermata a parlare  con Marcello  della propria salute e di medici, ospedali, interventi  chirurgici subiti e nel corso della chiacchierata ha ottenuto qualche suggerimento  dal Presidente.
Dopo cena siamo  tornati agli  alloggi per dormire  il sonno dei giusti.
Lunghezza complessiva della strada percorsa  oggi, misurata con il pedometro di Alberto , 19 chilometri  e ottocento  metri.
Lunghezza indicata della tappa odierna 12 chilometri.

3 maggio
Sveglia alle sette e appuntamento alle 7,45, con gli zaini pronti, fuori dagli alloggi.
Ci siamo spostati  al ristorante  dove ci hanno servito la   colazione più  abbondante e  tra le più varie tra tutte quelle  del trekking. A tavola c’erano  latte, caffè  , te , marmellate, yogurt, biscotti e pane.
Dopo aver fatto apporre il timbro della tappa, abbiamo  pagato (aggiungendo ai 55 euro stabiliti altri cinque euro per il servizio  di trasporto che ci offrivano).
Fatta la foto di gruppo insieme ai signori Stalteri e presi i panini che avevano  preparato, alle  9,00 siamo  saliti su tre macchine , guidate da Federico, da sua madre e da una loro  amica , e , seguendo la SP 35, siamo  stati portati fino al Casello Barca dove siamo arrivati alle 9,15 circa.
La signora  Trimarchi ci ha raccontato la storia  del paese. La vecchia Canolo fu duramente colpita da una disastrosa alluvione nel 1951. A seguito di ciò si rese necessario trasferire il centro abitato sui Piani della Melia. Non tutti accettarono il trasferimento, cosi che nel borgo antico rimasero diverse famiglie. Con il passare degli anni, il nuovo centro divenne sempre più popoloso, grazie anche alla numerosa presenza di terreni per il pascolo e campi per la coltivazione. Successivamente però cominciò a  spopolarsi a causa  della emigrazione e al ritorno  a Canolo  vecchia di molti  abitanti.
I cartelli  presenti al Casello indicano  il Passo  del Mercante  distante 55 minuti (il che significa che , alla nostra  velocità  media, abbiamo  risparmiato almeno un’ora e mezza di marcia) e il Passo  della Limina a due ore di marcia.
Da qui è  quindi cominciata per noi  la quinta ed ultima  tappa del  trekking che prevede il percorso da Canolo nuova al   Passo  della Limina.
Al  Casello Forestale Barca (m.950) c’è  l’area per picnic Trippa Cotta, attrezzata con tavoli e barbecue vicino ad una sorgente d’acqua.
Qui inizia il sentiero  di Manganeji, come informa un cartello  del Comune  di San Giorgio  Morgeto, lungo un chilometro  e trecento  metri , che si addentra  nel bosco e conduce alla omonima cascata  alta circa 40 metri.
Da quello che si legge si apprende che la pendenza media  è  del 19%, ma alla  fine c’è una rampa con pendenza  del 70%!!!.
Sembra  che dal sentiero ci siano panorami stupendi con vista  sulla piana di  Gioia Tauro.
Alle 9,25 abbiamo  iniziato il cammino  a piedi seguendo la strada che inizialmente sale rettilinea per addentrarsi nella pineta , prosegue in piano e alla fine di  una breve discesa, dopo una ventina di   minuti,  intercetta la SP 35.
Attraversata la strada  s’imbocca il sentiero che corre rettilineo e che, dopo un brevissimo tratto, si perde in una più consistente strada sterrata. Si piega a sinistra, in leggera salita, e si segue la strada sterrata, immersa nella faggeta, che presto incrocia una seconda strada sterrata. Si attraversa e si prosegue lungo il Piano Mortelle (m. 960) avendo cura di tenersi sulla sinistra, a ridosso degli alberi. Giunti ai margini del Piano si piega a sinistra per scendere dolcemente fino a un pianoro e alla strada asfaltata che conduce a San Giorgio Morgeto, al Passo della Limina e Siderno (m. 882).
Attraversata la strada asfaltata s’imbocca il sentiero che, dopo una breve salita, piega a sinistra per snodarsi lungo la sommità di una formazione di arenaria, avendo sempre, alla sua sinistra, la SP 35 dir.
Ad un certo  punto  lo sguardo spazia  su una enorme vallata alberata che alla fine fa immaginare  il mare mentre a destra si innalza una imponente e ripida parete rocciosa.
Il sentiero  prosegue a lievi saliscendi  nel bosco e per un centinaio  di metri è quasi invaso  da alte ortiche che hanno massaggiato gli stinchi scoperti di Marcello  e Alberto.
Alle 10,30 ci siamo  fermati per una breve  sosta sedendoci su un grosso tronco  abbattuto dove abbiamo  scattato  alcune  foto.
Ripreso il cammino si percorre  il sentiero che  si avvicina fino a lambire, per la seconda volta, la SP 35 dir. e si prosegue  avendo alla propria sinistra la formazione di arenaria. Alle 10,54 si arriva a un cancelletto in legno a sinistra che da l’accesso ad una sorgente che raccoglie l’acqua in una adiacente depressione naturale.
Poco più  avanti  i segnali sugli alberi  si confondono, ma il sentiero sul quale  proseguiamo  è  certamente giusto  perche ai lati  ci sono diverse macchine agricole  e una tettoia e subito dopo una masseria, visibile in basso a destra.
Qui  s’intercetta la SP 35 dir. che proviene da Canolo e S. Giorgio Morgeto e si dirige verso il Piano della Limina.
Sono le 10,56 ed è passata un’ora e mezza dalla partenza dal casello Barca mentre un cartello  lo pone a una distanza  di 1,05 ore.Lo stesso cartello  indica in dire opposta il passo della Limina a 40 minuti.
Percorsi una decina  di metri  sull’asfalto si piega a destra e, subito dopo a sinistra, per imboccare e percorrere il sentiero che si snoda tra gli alberi  lungo la linea mediana di una formazione di arenaria, seguendo l’andamento delle paline del metanodotto  per circa trentacinque minuti.
Quando si esce dal bosco e appare il fantastico panorama del Piano della Limina  si piega a destra e si scende per alcune decine di metri lungo un ripido sentiero appena accennato, con una pendenza del 16%,  che riporta alla SP 35 dir in corrispondenza di una curva a gomito.
Qui un cartello, incrociato  alle 11,33, indica la località Torre di Carditto a 10 minuti.
Ci siamo  fermati  per  fare una sosta e Filippo, Alberto, Marcello e  Stefania ne hanno  approfittato per andare sulla vicina parete di roccia sedimentaria a estrarre alcune conchiglie fossili affioranti.
Dopo  circa mezz’ora abbiamo ripreso  il cammino in discesa prendendo  una scorciatoia  che permette  di evitare un lungo tornante e , proseguendo sulla strada asfaltata,  dopo dieci minuti abbiamo raggiunto il cartello di Contrada Cardito e successivamente, alle 12,25 il Ristorante Passo del Mercante, luogo dell’appuntamento fissato  con Walter Pidalà, distante un paio di chilometri dal Passo della Limina (m 822) il cui nome   deriva dal latino “limen” ( confine) e indica il punto in cui finisce l’Aspromonte e cominciano le Serre segnando il confine settentrionale del Parco Nazionale dell’Aspromonte.
Il percorso che abbiamo fatto a piedi  stamattina è stato di circa 6,5 chilometri, poco più  della metà della lunghezza  totale della tappa.
L’appuntamento con i due ragazzi  incaricati da Walter per prenderci era fissato  alle 15, 00 e,  visto  il largo anticipo, abbiamo  deciso  di approfittarne per mangiare qualcosa di caldo.
Tutti, tranne  i due Giuseppe, siamo entrati  nell’accogliente sala, abbiamo  preso  posto ad un grande  tavolo  e abbiamo ordinato  un piatto  di spaghetti  al sugo e una bottiglia  di vino.
Mentre  aspettavamo  di essere serviti , Alberto  ha invitato un messaggio  a Francesco Galluccio, uno dei due ragazzi  che sarebbero  dovuti  venire  a prenderci, chiedendogli di anticipare  l’arrivo  al più  presto  possibile.
Dopo l’ottimo  pranzo ed il caffè  siamo  usciti  ad oziare nell’attesa e abbiamo fatto  l’ultima foto di gruppo.
Poco prima delle 14,00 è arrivato  Francesco alla guida di un pulmino  da nove posti  della Caritas di Polistena  dove ci siamo  accomodati.
Inizialmente avevamo chiesto  di essere  accompagnati a Rosarno , ma per strada, visto  che  Francesco avrebbe dovuto lasciare  il mezzo  a Gioia Tauro, abbiamo  proseguito  con lui.
Considerato che eravamo in largo anticipo  rispetto  ai programmi, Francesco, che sta facendo  il servizio  civile con la Caritas, ha fatto  una deviazione per mostrarci  dall’esterno la vasta tendopoli di San Ferdinando , un accampamento dove vivono in uno stato inimmaginabile di degrado alcune  centinaia  di migranti impiegati nelle campagne locali per i lavori più  gravosi.
Alcuni anni orsono la tendopoli ebbe un momento di notorietà  sulla stampa nazionale, ma ultimamente tutto è rientrato  e i poveri  cristi sono “invisibili ” alla gente  del luogo  e ricevono assistenza  solo dai volontari  della Caritas che cucinano e portano  loro  da mangiare  ogni giorno.
Non c’è alcun presidio di pronto soccorso e i due containers dove c’era la Polizia sono  stati  abbandonati e occupati da alcuni residenti.
Viste le condizioni  c’è da meravigliarsi che all’interno regni un relativo ordine, mantenuto  dall’Imam.
Dopo aver  consegnato  due nostre  spillette e lasciati 90 euro a titolo di ringraziamento  per la loro  disponibilità, siamo scesi alla stazione e fatti i biglietti siamo saliti  sul treno per Villa San Giovanni delle 15,14 dove siamo arrivati dopo  mezz’ora.
Giuseppe S. è andato a prendere il traghetto della Caronte mentre tutti gli altri, nell’attesa della  nave  veloce  delle 16,10 abbiamo  divorato  il panino che non avevamo mangiato a pranzo.
Alle 16, 25 abbiamo  messo piede sull’isola dopo cinque giorni  di vita  sul Continente.
Anche questo trekking è stato molto bello, nonostante la disavventura del primo  giorno, con l’infortunio di Caterina, l’esperienza è stata pienamente positiva, ci ha permesso  di scoprire luoghi fantastici e ci ha fatto incontrare  persone di una gentilezza e  disponibilità  fuori  dal comune.
Lo spirito del gruppo  dei ” veterani” si è  rinsaldato ed è stata spontanea e naturale l’integrazione completa dei neofiti.
Un grazie di cuore a tutti e alla prossima.
Di seguito riporto le considerazioni di ognuno dei partecipanti.
Filippo
Un’avventura di fraternità che ha permesso di conoscersi meglio. Ognuno con la propria storia di vita, con il proprio carattere, mettendo a disposizione degli altri competenze ed abilità.
Stefania
Seconda esperienza di trekking di più giorni. Sempre positiva perché amo camminare ed anche condividere impressioni e sensazioni con compagni di viaggio vecchi e nuovi di cui scopro sempre qualcosa di diverso.
Carmelo
Prima di intraprendere il percorso, immaginavo un itinerario non molto impegnativo:  poco più di una passeggiata con amici. La realtà è risultata diversa e ciò ha sicuramente arricchito l’incanto e la magia del cammino sia  dal punto di vista fisico che interiore. La “terapia immateriale della strada”, il trovarsi con amici immersi nella natura,  l’attraversare meravigliosi e suggestivi paesaggi, il condividere fatica e riflessioni,  la connessione con sé stessi negli affascinanti suoni della natura  lascia sempre un senso di bellezza e di serenità tale da far risultare  quasi incantevole anche il ritmo delle vibrazioni dei tessuti molli nella respirazione durante il sonno.
Caterina
Un cammino inizia con un rito: la preparazione dello zaino. Ci metti dentro i beni materiali, cerchi di essere minimalista , di lasciare spazio. Già perché uno zaino non è un semplice bagaglio ma un contenitore che dovrà arricchirsi durante il viaggio di sensazioni, stupore , bellezza , stanchezza , sudore  , condivisione. E così inizia il Cammino del Brigante. Un gruppo di “ persone  “ che conosci più o meno ma che condividono la stessa passione.  1 Tappa da Gambarie ai piani della Carmelia . Il sentiero si mostra subito in tutta la sua bellezza . Boschi, ruscelli con e senza ponticelli da attraversare, la fatica  delle salite e delle discese, il rumore dell’acqua , una grandinata improvvisa. L’attesa di chi ha sbagliato il sentiero, un panino con delizie calabresi condiviso. La ripartenza dopo una sosta , una chiacchierata, una risata  e così le persone diventano gruppo. In una escursione non sai mai cosa ti aspetta, gli imprevisti sono all’ordine del giorno……sbagliare un sentiero, arrivare col buio, una caduta imprevista che spesso hanno qualcosa da insegnare. Una caduta…..e già proprio quella dietro l’angolo e non vi sto a dire il nome di quell’ultimo torrente  che è stato fatale. Una scivolata, dolore atroce al piede …non riesco a camminare. In questi momenti scopri cosa significa camminare in gruppo. La prontezza , l’esperienza di chi ti sta accanto sono fondamentali. Il PANICO CI STA TUTTO . , ma deve durare un attimo . Bisogna arrivare a destinazione costi quel che costi . Il buio scende , le torce illuminano un sentiero accidentato in salita , qualcuno va avanti, c’è chi si carica due zaini in spalla , cade, chi prova a telefonare non c’è campo  e poi finalmente una luce , quei fari che illuminano il cammino…è Antonio il locandiere del rifugio dove avremmo dovuto passare la notte che avvisato da chi era andato avanti è venuto in soccorso . Tiriamo tutti un sospiro di sollievo. Si arriva al rifugio… Teresa e Antonio padroni di casa si sono subito prodigati per mettere tutti a proprio agio. Sono stata coccolata , una tisana calda , il cambio vestiti inzuppati  e freddi , il fuoco del camino riscalda il cuore  e allontana la paura. Adesso si cena poi domani come diceva qualcuno “ è un altro giorno “. Per me fisicamente  il Cammino del Brigante finisce  al mattino con una bella colazione ma, ho continuato a vivere le sensazioni  con le foto , i commenti  dei miei compagni di viaggio che , hanno arricchito la mia convalescenza. Scrutavo nelle foto il loro stupore per la bellezza di un lago , le loro risate dopo aver sbagliato un sentiero e aver allungato di 5 chilometri , la loro stanchezza alla fine della giornata , i commenti  sulla cena migliore. E cosi indistintamente dico ai Briganti e alle Brigantesse:  grazie amici  il mio cammino  è stato breve ma  mi sono divertita nonostante tutto .
Marcello
E sono tre l’esperienza di Cammino che ho fatto con i soci della nostra associazione. Tre esperienze diverse che mi hanno fatto uscire dalla solita routine per trovare l’avventura con vecchi e nuovi amici. Quest’anno la full immersion nella natura mi ha completamente inebriato fino a farmi quasi ubriacare di verde. Questo nostro Grande Fratello è stata positivo mettendo a nudo pochi dei nostri limiti e difetti. L’ho vissuto con una certa fatica fisica, sintomo che gli anni passano, ma rinfrancato dal sorriso e dai lazzi di un gruppo ben rodato. Va bene così, pronto per la prossima avventura.
Giuseppe F.
Anche se lontano dall’Italia,mi piace partecipare a questa serie di interventi individuali che esprimono le sensazioni che questa escursione di 5 giorni ci ha fatto provare.
Confesso che qualche domanda, sui motivi che mi avevano spinto a questa avventura , me la sono fatta, soprattutto nei primi 2 giorni. Non ho trovato immediatamente delle risposte. O forse erano risposte semplici. Oggi a distanza di circa un mese vedo molto meglio quanto questa esperienza ( assolutamente nuova per me) mi abbia arricchito.
Vorrei dire anch’io che sono pronto per la prossima avventura ma sono un po’ frenato dalla mia ragguardevole età.
Diciamo che mi tengo pronto.A giorni rientro in Italia e sarò felice di rivedervi alla prima occasione.
Giuseppe S.
Il Sentiero del Brigante calabrese.
La mia terza esperienza con gli amici della ReColapesce di un trekking di più giorni, dopo i due da “Pellegrino siculo”.
Il trekking è un’ esperienza con svariate sfaccettature.
Immersi nella natura, si chiacchiera via via con i vari compagni di camminata ed ogni chiacchierata racchiude qualcosa di diverso, si spazia da argomenti frivoli a quelli più impegnati, si scambiano esperienze di vita e si confrontano visioni della vita.
E quando si resta soli:
si ammira la Natura e la mente e l’ anima si librano leggere fra passato, presente e futuro, talvolta raggiungendo le nostre vette e talvolta i nostri abissi. In quei momenti la Natura ed il Tempo solo per noi ci mettono di fronte a noi stessi come non può accadere nella vita quotidiana.
Aggiungerei senza dilungarmi oltre che le tante varie esperienze arricchiscono di emozioni e ricordi la nostra memoria e rendono le vite: vite vissute.
Il trekking di più giorni, il Cammino del Brigante, è un moltiplicatore di tutto questo ed aggiunge altre più forti emozioni ed esperienze facendo condividere anche le sere, le notti e tutte quelle situazioni che si creano stando lontani da casa più giorni.
Il Cammino del Brigante ci ha fatto soffrire il primo giorno per lunghezza, asprezza, durata del percorso e condizioni metereologiche avverse: prima grandine, poi pioggia e vento ed infine una fastidiosa pioggerellina che ci ha accompagnato sino al tramonto. Abbiamo perso per infortunio Caterina, accompagnata dall’ amorevole marito e grande compagno di trekking Zamps.
Il secondo giorno, percorso e clima ci hanno addolcito il cammino e fatto riconciliare con la Natura ed il trekking.
Il terzo giorno è stato diverso dagli altri perché smarrita la strada, con grande stupore di noi tutti, proprio dal migliore dei Trekker, si sono improvvisati passaggi in automobile e si è arrivati tutti alla spicciolata.
Il quarto giorno si è fatto trekking in maniera finalmente “normale”, anche se un po’ di fatica ha cominciato ad affiorare.
Il quinto giorno è stato leggero perché il cammino si è accorciato e la fine delle fatiche era vicina.
Finito questo Cammino la mia considerazione è la stessa degli altri precedenti trekking con gli amici delle ReColapesce:
“Soddisfatto per averlo fatto 😎 !
Non lo rifarei di nuovo 😳 ! !
Non vedo l’ora di fare quello dell’ anno prossimo 🤗😎 ! ! !
Un abbraccio forte a chi è stato Brigante, a chi è stato Brigante e Pellegrino e chissà cosa saremo l’ anno prossimo🤔💪😎
Rosalba
Che dire altro rispetto a quello che hanno espresso i meravigliosi compagni di avventura. Ogni cammino ti fa assaporare la dolcezza, solidarietà, affetto dei compagni di viaggio. Questo in particolare è stato più vissuto perché siamo stati tutti più vicino a Caterina per quello che le è successo, a Marcello vittima della processionaria, ad ognuno di noi dolorante alla fine di ogni giornata,ma sempre felici di stare insieme e di avere superato i più impervi percorsi, sempre aiutandoci uno con l’altro. È questo il bello del cammino, ci si aiuta reciprocamente e si instaurano amicizie e rapporti che non si dimenticheranno mai 💕
Antonio
I nostri padri davano importanza ai  ” presentimenti” . Noi pensiamo invece che sono solo cattivi pensieri.   Dopo mesi di attesa e preparativi, siamo partiti per il  cammino del brigante. Il “mignotta” è stato non solo un torrente ,ma anche l’appuntamento con un pensiero mancato. Gli imprevisti immaginati  sono,purtroppo, accaduti. Al calare dell’oscurità  del primo giorno, Caterina,cadeva e per poco non lasciava un piede nel torrente il cui nome avrebbe dovuto insospettirci se lo avessimo saputo.  Il panico ha lasciato spazio all’euforia quando il buio si è illuminato di una luce che sembrava soprannaturale, invece erano i fari di una jeep. Antonio, il gestore del rifugio ci sembrò Superman quando ci ha prelevati lungo il sentiero per accompagnarci al rifugio , dove al caldo del camino l’euforia si tramutò in speranza che non ci fosse nulla di rotto. Il giorno dopo alla speranza sopraggiunse la rabbia, quando le strade si sono divise. Io e Caterina  rientravamo a casa il resto della combriccola, zaino in spalla proseguiva .Poi sopraggiunse l’accettazione, in fondo poteva andare peggio. All’accettazione si sostitui’ la gioia nel vedere le foto dei miei compagni che tra fatiche inaspettate ,errori di percorso, tappa dopo tappa scoprivano boschi,torrenti e laghi dal sapore magico e fiabesco. Ho vissuto il cammino, la fatica, e il meritato riposo dai loro racconti  dalle loro risate e dalle loro foto. Purtroppo non ho potuto  condividere i sapori della cucina che li ha sempre ripagati della fatica giornaliera. Orgoglioso nel sapere la loro soddisfazione per la calorosa ospitalità calabrese, ringrazio chi ha saputo dare non solo una mano fisica , (e che mano)ma anche e soprattutto un sostegno morale nel momento del bisogno. Un grazie ideale anche ad Antonio,la sua jeep e sua moglie Teresa che da vera donna del sud ha saputo dare a Caterina ,con discrezione e generosità quel ‘ aiuto che solo da donna a donna si riesce a percepire. Un cammino condiviso crea legami umani , sottili ,invisibili, ma duraturi. La prossima avventura sarà ancora più bella e la affronteremo con lo stesso entusiasmo,maggiore consapevolezza e un anno in più all’anagrafe,ma ancora insieme.

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