Trekking ai Piani di Vernà dell’8 giugno 2025.
Appuntamento allle 8,00 all’Immacolata. Presenti: Francesco Pagano, Sebastiano Occhino, Rosalba Fera, Teresa Vadalà. Partenza e arrivo a Tremestieri all’On the run dove ci siamo incontrati con Caterina Trovatello, Elena Serban, Anna Costalunga con la sua cagnetta Eia.
Successiva tappa a Roccalumera dove ci aspettava Giuseppe Fava.
Accompagnata Teresa Vadalà alla stazione di Santa Teresa perché ha deciso di tornare a Messina in quanto temeva di non farcela e non voleva essere di peso per tutti noi.
Francesco ha parcheggiato sul lungomare di Santa Teresa e con lui e Rosalba siamo saliti sulla macchina di Giuseppe per andare a Rimiti.
Mare splendido che invitava ad un bagno.
Da S. Teresa Riva si imbocca la S.P n. 23 per Rimiti, frazione di Casalvecchio Siculo distante circa 14 Km. Lungo il percorso si costeggia in parte il torrente Savoca con grandi alberi di noce e si attraversano le frazioni di Misserio Misitano, arrivando a Rimiti, tramite una strada a mezza costa molto suggestiva.
Da Rimiti si prosegue lungo la strada comunale per Antillo e dopo circa 1 Km., alle 9,50 ci siamo immessi nella strada a destra che conduce al Demanio Forestale Savoca. A circa 2 Km. dal predetto bivio, attraversando un bellissimo bosco a castagno, noci e diverse specie quercine si arriva all’area attrezzata Dominisia Cavagna, ubicata a mezza costa sul versante sud-est del torrente Misitano.
Qui ci sono panche e tavoli realizzati in legno, un grande sedile in pietra viva ed una fontanella con acqua sorgiva chiamata fontana del Forestale per il profilo del mascherone da cui fuoriesce l’acqua.
Alle 9,55 abbiamo parcheggiato le due macchine al lato della strada asfaltata che conduce ai Piani di Vernà e alle 10,05 abbiamo imboccato il sentiero in discesa in corrispondenza della suddetta fontana inoltrandoci nel bosco , arrivando alle 10:20 , a circa 680 metri dalla partenza, a fondo valle a quota 870 metri, dove scorre il bel torrente Misitano dalle acque trasparenti che si supera facilmente passando sulle grosse pietre del guado.
Si risale sul versante opposto tra alberi di varie essenze e alle 10:23 il sentiero si apre sulla vallata e tra gli alberi, in lontananza, avvolta in una leggera foschia, si vede la cima di Monte Kalfa e tutta la bellissima valle del Misitano.
Alle 10:32 , arrivati ad un piccolo bivio bisogna prendere il sentiero a destra.
Alle 10:45, a 1650 metri dalla partenza, alla fine di una breve discesa, si arriva ad un bivio: a destra la strada sale si imbocca invece a sinistra.
Alle 10,57, a 1950 metri dalla partenza, dopo un piccolo fuori pista di circa 200 metri che taglia un lungo tornante, si arriva alla Fridduzza, un’area attrezzata dove c’è un lungo tavolo con le panche sotto una quercia,una grande tettoia e una costruzione in muratura con la porta aperta e con all’interno due tavoli e un camino.
All’esterno, sul lato destro del fabbricato, c’è anche una fontanella da cui esce acqua.
Da qui si vede tutta la vallata , il pizzo Vernà e l’Etna fumante in fondo.
Dopo una breve sosta con foto di gruppo,
alle 11:15 abbiamo preso il sentiero che sale a destra incrociando due alberi di ciliegie non particolarmente buone , ma commestibili.
Dopo una decina di minuti si arriva alla strada con a destra una tabella in legno della Forestale che dà il benvenuto nel bacino montano di Savoca.
Andando a sinistra si supera la barra della pista forestale di servizio e alle 11,35 a quasi 3 chilometri dalla partenza, si arriva al rifugio Cretazzo, a quota 990 metri, molto bello e caratteristico, curato nei particolari, lastricato con pietre e composto da diversi edifici realizzati in pietre e legno in uno stile che ricorda le costruzioni alpine.
Oltre al corpo principale ci sono altre tettoie che coprono due postazioni per il barbecue e un forno a legna, una che copre una fontana alimentata da un serbatoio in polietilene posto ad una cinquantina di metri in alto sul fianco del pendio e, particolare notevole, un locale con i servizi igienici perfettamente funzionanti.
Nell’area attrezzata ci sono diversi tavoli e panche in legno che permettono la presenza e l’uso a numerosi escursionisti contemporaneamente.
Proseguendo sul sentiero, dapprima per un centinaio di metri nel bosco, siamo arrivati alle 11,50 ad una sella senza alberi da dove si vedono, a sinistra Pizzo Vernà e a destra, dove c’è uno scavalco del reticolato, le montagne Pizzo Cavallo , Gotta Campana ( verificare) e pizzo Melia in lontananza, riconoscibile per la presenza di un ripetitore sulla cima.
In questo tratto abbiamo sentito il rumore di una carovana di fuori strada che stavano salendo sulla strada più in alto parallela a quella nostra ma non l’abbiamo incrociata.
Alle 11,55 , a 3,59 chilometri dalla partenza, siamo arrivati ad un bivio e abbiamo seguito la strada in discesa a destra da dove si vede la torretta di avvistamento di pizzo Cretazzo.
Seguendo Giuseppe ( che manifesta a volte la tendenza di prendere scorciatoie per ridurre il cammino ) abbiamo abbandonato il sentiero in corrispondenza di un tornante e percorso a destra un fuori pista in discesa di circa 200 metri, abbastanza ripido, che costeggia una rete di recinzione fino ad arrivare all’esterno del rifugio Brignolaro.
Vicino a una costruzione piuttosto spartana, con incongrui serramenti in alluminio, c’è una zona recintata con una vasta distesa di alti cardi dai fiori di un bellissimo colore viola.
Di fronte ci sono un paio di alberi di gelsi bianchi con i frutti in fase di maturazione.
Scavalcando la rete siamo entrati dalla parte laterale nell’area recintata del rifugio Brignolaro alle 12,17, a quota 840 m., a 4,4 chilometridallapartenza. .
La grande costruzione sorge su un ampio spazio ben curato da cui si gode il panorama della bellissima valle San Filippo. Dietro c’è una tettoia che copre un forno a legna , una grossa legnaia e un lavandino con un rubinetto e adiacente un grande e alto muro di contenimento realizzato a regola d’arte con pietre a secco.
Un grande albero di gelsi bianchi ci ha indotto a una sosta per fare una scorpacciata dei suoi dolci frutti.
Usciti dalla parte del cancello chiuso si prende la strada che sale a sinistra alle 12:55 siamo arrivati nuovamente al tornante al bivio che avevamo lasciato per scendere a rifugio Brignolaro, il mio Komoot segna 5 km e 500
m dalla partenza.
Alle 13,08, al lato del sentiero, abbiamo incrociato un albero con una serie di fori che ricordano la faccia di una strana creatura e Anna , Elena e Alberto hanno scambiato le loro esperienze con folletti ed esseri soprannaturali.
Dopo qualche minuto la strada si apre tra due pendici alberate e sullo sfondo, come in una cornice, svetta Pizzo Vernà.
Alle 13:20 a 6 km 300 metri dalla partenza, oltrepassando la recinzione su uno scavalco, siamo arrivati al rifugio Pagliarelli o Pietre Rosse, molto ben messo, con una vasta area aperta e una grande costruzione chiusa da reti e cancelli usata come deposito di tronchi tagliati.
Approfittando della sosta e della presenza di una fontana con acqua corrente alcuni di noi si sono rinfrescati ed hanno riempito le borracce.
Alle 13:40 siamo arrivati in corrispondenza della imponente frana sulle pendici di monte Pietre Rosse bene visibile anche da lontano.
Da qui si vede il tetto del rifugio Fridduzza. Sulla pietraia della frana hanno attecchito grandi cespugli di ginestra coperti di bellissimi fiori gialli a dimostrazione della forza della natura che con queste piante pioniere, poco per volta si riappropria di quanto le spetta.
Dopo un quarto d’ora siamo arrivati ad un’altra sbarra della pista forestale di servizio dove si incontrano due strade, quella in discesa a sinistra , che prendiamo, arriva ai piani di Vernà,quella a destra , in salita , confluisce nella Dorsale dei Peloritani verso Antillo e Santa Venera del bosco e alla variante 164A per Pizzo Vernà che passa in cresta sotto il pizzo e si ricongiunge al sentiero descritto più avanti.
Alle 14, 05 si arriva, sotto Pizzo Santo Zaffaria, alla strada asfaltata proveniente dal punto in abbiamo parcheggiato le macchine e si prende a destra un’altra pista forestale di servizio costeggiata da una staccionata in legno in parte nuova.
Alle 14,18 siamo arrivati al cartello che indica il demanio forestale.
Il demanio forestale B.M Savoca è situato nel versante ionico dei monti Peloritani e si estende per circa 832 ettari. Comprende i comuni di Casalvecchio Siculo, e Furci siculo, una piccola superficie ricade nel comune di Antillo.
L’altitudine è compresa tra i 1287 m s.l.m. di Pizzo Polo e i 500 m. circa in prossimità delle case Zaraò.. Il B.M. Savoca è caratterizzato per l’orografia accentuata del suo territorio. Alle dorsali pronunciate che si diramano dal crinale dei Peloritani , si intervallano gli impluvi che danno luogo alle aste torrentizie.
La vegetazione più diffusa è costituita da latifoglie, in particolare da Castagno (Castanea sativa), Leccio (Quercus ilex), Roverella (Quercus pubescens), che hanno gradualmente sostituito i primi impianti di Pini mediterranei di cui restano, comunque, numerose presenze. Una presenza vegetale lungo alcuni corsi d’acqua è costituita dal Platano orientale allo stato spontaneo, una pianta insolita in Sicilia che conferisce all’ambiente con la sua chioma irregolare una nota vivace e briosa.
Il sottobosco è costituito da macchia mediterranea formata in prevalenza da Erica (Erica arborea), Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), Ginestra spinosa (Calicotome spinosa), Ginestra di Spagna (Spartium Junceum). Nelle zone più alte e poco alberate troviamo il Corbezzolo (Arbutus unedu) ed il Cisto (Cistus monspeliensis e Cistus salvifolius).
Subito dopo, alle 14,22, lasciata la strada dopo avere aperto un cancello sulla recinzione che delimita l’area e discesi lungo il pendio per una cinquantina di metri, siamo arrivati all’area attrezzata di piano Vernà, densamente alberata composta da diverse strutture ricettive quali tavoli, panche, punti cottura, fontana con acqua sorgente, spazio per giochi di bambini con altalena ( senza sedile) e cosa molto importante munita anche di servizi igienici integri e non vandalizzati e una costruzione in muratura con dentro un tavolo e un camino.
L’area è limitrofa al sentiero Vernà , lungo circa 1300 metri, alla cui progettazione hanno contribuito i ragazzi del Liceo Scientifico di S. Teresa di Riva e che da’ un’ampia spiegazione dei singoli alberi che si trovano lungo il percorso, costituiti da castagno, querce, Platano orientale, Douglasia, pino marittimo, pino nero, Cedrus atlantica e deodara e formazioni a macchia mediterranea con Erica arborea, Ginestre, Cisto e Corbezzoli.
Sosta per il pranzo comunitario consumato su uno dei tanti tavoli dell’area e riposo.
Alle 15 ,20 ci siamo messi in marcia e siamo tornati sul sentiero sopra descritto.
Alle 15, 40 dalla strada si vede il massiccio di pizzo Stramaci e in lontananza la torretta di avvistamento di pizzo Cretazzo e Monte Cavallo e , dietro, la cima di Monte Scuderi.
Dopo 5 minuti si arriva ad una grossa “gebbia” e immediatamente dopo ad una fontana.
poche centinaia di metri ci siamo fermati lasciando la strada che prosegue verso Antillo e ci siamo spostati fuori dal bosco per vedere le montagne circostanti. Sulla parete di Pizzo Vernà è evidente una grossa frana che forse interessa il sentiero che sale in cima.
Tornati indietro sulla stessa strada Alberto ha fatto una breve deviazione ed è arrivato, alle 16,20, alla vedetta antincendio di Pizzo Pasaleo dove fino a qualche tempo fa c’era una grande vasca utilizzata per l’approvvigionamento dell’acqua da parte degli elicotteri impegnati nello spegnimento degli incendi.
Nella casa c’era un operaio della Forestale che stava dormendo mentre un suo collega stava prendendo il fresco affacciato sulla vallata .
Alberto ha scambiato quattro chiacchiere con lui ammirando lo splendido panorama che spazia sui Nebrodi, con la caratteristica cima di Rocca Salvatesta e sull’Etna.
L’operaio si lamentava dello stato di relativo abbandono di tutta l’area e della mancanza di una politica di valorizzazione del territorio.
Questa postazione è facilmente raggiungibile da Antillo da cui dista solo sette chilometri.
Quando gli ho detto che avevamo le macchine alla fontana del Forestale si è meravigliato per la distanza che abbiamo coperto.
Gli ho chiesto notizie sulle condizioni del sentiero che arriva sulla vetta di Pizzo Vernà, e ha detto che il sentiero che si imbocca in corrispondenza della gebbia che abbiamo superato non è interessato dalla frana ed è percorribile senza particolari problemi.
Tornato indietro ha raggiunto i compagni di strada e alle 17,00 abbiamo nuovamente raggiunto la strada asfaltata dove eravamo arrivati alle 14,05.
Sebastiano, Rosalba e Francesco hanno seguito la comoda strada a tornanti, mentre Caterina, Elena,Anna e Alberto hanno seguito Giuseppe su un ” facile” fuoripista di alcune centinaia di metri che passa a sinistra del Pizzo Santo superando dei brevi tratti con pendenza del 29% e hanno raggiunto, dopo circa mezz’ora il sentiero percorso all’andata e pochi minuti dopo, alle 17,25 , quasi contemporaneamente al resto del gruppo, le macchine.
Sulla via del ritorno abbiamo incrociato i pellegrini che , a piedi o a cavallo erano di ritorno dal pellegrinaggio a Tindari.
Una signora ci ha detto che sono partiti giovedì scorso dalla chiesa di S. Vito.
Secondo la tradizione ( fonte web) al grido “Tutti in armonia non ni scuddamu u nomi di Maria. Viva la Gran Signura Maria!” (Tutti in armonia non ci dimentichiamo il nome di Maria. Viva la Gran Signora Maria), la processione con lo stendardo avanti percorre viottoli e trazzere di campagna attraverso i Monti Peloritani per poi fermarsi, dopo un lungo percorso, a Grotta Campana per consumare una cena e riposare. Alle 2 di notte ripartono al suono del tamburo e per un percorso erto e difficoltoso raggiungono Bafia, quindi Mazzarà, Falcone e finalmente il al Santuario della Madonna bruna di Tindari.
Questa tradizione che permette una grande esperienza di fede e devozione dura dal 1890 da Misserio e da Santa Teresa di Riva dal 1952.
La piacevolissima escursione si è conclusa con una sosta al bar ” Peppe ” sul lungomare di Santa Teresa dove abbiamo gustato una granita o un gelato prima di tornare in città dove siamo arrivati intorno alle 19,30.
Lunghezza complessiva del facile percorso di circa 16 chilometri tra paesaggi inaspettati di grande bellezza.
Appuntamento allle 8,00 all’Immacolata. Presenti: Francesco Pagano, Sebastiano Occhino, Rosalba Fera, Teresa Vadalà. Partenza e arrivo a Tremestieri all’On the run dove ci siamo incontrati con Caterina Trovatello, Elena Serban, Anna Costalunga con la sua cagnetta Eia.
Successiva tappa a Roccalumera dove ci aspettava Giuseppe Fava.
Accompagnata Teresa Vadalà alla stazione di Santa Teresa perché ha deciso di tornare a Messina in quanto temeva di non farcela e non voleva essere di peso per tutti noi.
Francesco ha parcheggiato sul lungomare di Santa Teresa e con lui e Rosalba siamo saliti sulla macchina di Giuseppe per andare a Rimiti.
Mare splendido che invitava ad un bagno.
Da S. Teresa Riva si imbocca la S.P n. 23 per Rimiti, frazione di Casalvecchio Siculo distante circa 14 Km. Lungo il percorso si costeggia in parte il torrente Savoca con grandi alberi di noce e si attraversano le frazioni di Misserio Misitano, arrivando a Rimiti, tramite una strada a mezza costa molto suggestiva.
Da Rimiti si prosegue lungo la strada comunale per Antillo e dopo circa 1 Km., alle 9,50 ci siamo immessi nella strada a destra che conduce al Demanio Forestale Savoca. A circa 2 Km. dal predetto bivio, attraversando un bellissimo bosco a castagno, noci e diverse specie quercine si arriva all’area attrezzata Dominisia Cavagna, ubicata a mezza costa sul versante sud-est del torrente Misitano.
Qui ci sono panche e tavoli realizzati in legno, un grande sedile in pietra viva ed una fontanella con acqua sorgiva chiamata fontana del Forestale per il profilo del mascherone da cui fuoriesce l’acqua.
Alle 9,55 abbiamo parcheggiato le due macchine al lato della strada asfaltata che conduce ai Piani di Vernà e alle 10,05 abbiamo imboccato il sentiero in discesa in corrispondenza della suddetta fontana inoltrandoci nel bosco , arrivando alle 10:20 , a circa 680 metri dalla partenza, a fondo valle a quota 870 metri, dove scorre il bel torrente Misitano dalle acque trasparenti che si supera facilmente passando sulle grosse pietre del guado.
Si risale sul versante opposto tra alberi di varie essenze e alle 10:23 il sentiero si apre sulla vallata e tra gli alberi, in lontananza, avvolta in una leggera foschia, si vede la cima di Monte Kalfa e tutta la bellissima valle del Misitano.
Alle 10:32 , arrivati ad un piccolo bivio bisogna prendere il sentiero a destra.
Alle 10:45, a 1650 metri dalla partenza, alla fine di una breve discesa, si arriva ad un bivio: a destra la strada sale si imbocca invece a sinistra.
Alle 10,57, a 1950 metri dalla partenza, dopo un piccolo fuori pista di circa 200 metri che taglia un lungo tornante, si arriva alla Fridduzza, un’area attrezzata dove c’è un lungo tavolo con le panche sotto una quercia,una grande tettoia e una costruzione in muratura con la porta aperta e con all’interno due tavoli e un camino.
All’esterno, sul lato destro del fabbricato, c’è anche una fontanella da cui esce acqua.
Da qui si vede tutta la vallata , il pizzo Vernà e l’Etna fumante in fondo.
Dopo una breve sosta con foto di gruppo,
alle 11:15 abbiamo preso il sentiero che sale a destra incrociando due alberi di ciliegie non particolarmente buone , ma commestibili.
Dopo una decina di minuti si arriva alla strada con a destra una tabella in legno della Forestale che dà il benvenuto nel bacino montano di Savoca.
Andando a sinistra si supera la barra della pista forestale di servizio e alle 11,35 a quasi 3 chilometri dalla partenza, si arriva al rifugio Cretazzo, a quota 990 metri, molto bello e caratteristico, curato nei particolari, lastricato con pietre e composto da diversi edifici realizzati in pietre e legno in uno stile che ricorda le costruzioni alpine.
Oltre al corpo principale ci sono altre tettoie che coprono due postazioni per il barbecue e un forno a legna, una che copre una fontana alimentata da un serbatoio in polietilene posto ad una cinquantina di metri in alto sul fianco del pendio e, particolare notevole, un locale con i servizi igienici perfettamente funzionanti.
Nell’area attrezzata ci sono diversi tavoli e panche in legno che permettono la presenza e l’uso a numerosi escursionisti contemporaneamente.
Proseguendo sul sentiero, dapprima per un centinaio di metri nel bosco, siamo arrivati alle 11,50 ad una sella senza alberi da dove si vedono, a sinistra Pizzo Vernà e a destra, dove c’è uno scavalco del reticolato, le montagne Pizzo Cavallo , Gotta Campana ( verificare) e pizzo Melia in lontananza, riconoscibile per la presenza di un ripetitore sulla cima.
In questo tratto abbiamo sentito il rumore di una carovana di fuori strada che stavano salendo sulla strada più in alto parallela a quella nostra ma non l’abbiamo incrociata.
Alle 11,55 , a 3,59 chilometri dalla partenza, siamo arrivati ad un bivio e abbiamo seguito la strada in discesa a destra da dove si vede la torretta di avvistamento di pizzo Cretazzo.
Seguendo Giuseppe ( che manifesta a volte la tendenza di prendere scorciatoie per ridurre il cammino ) abbiamo abbandonato il sentiero in corrispondenza di un tornante e percorso a destra un fuori pista in discesa di circa 200 metri, abbastanza ripido, che costeggia una rete di recinzione fino ad arrivare all’esterno del rifugio Brignolaro.
Vicino a una costruzione piuttosto spartana, con incongrui serramenti in alluminio, c’è una zona recintata con una vasta distesa di alti cardi dai fiori di un bellissimo colore viola.
Di fronte ci sono un paio di alberi di gelsi bianchi con i frutti in fase di maturazione.
Scavalcando la rete siamo entrati dalla parte laterale nell’area recintata del rifugio Brignolaro alle 12,17, a quota 840 m., a 4,4 chilometridallapartenza. .
La grande costruzione sorge su un ampio spazio ben curato da cui si gode il panorama della bellissima valle San Filippo. Dietro c’è una tettoia che copre un forno a legna , una grossa legnaia e un lavandino con un rubinetto e adiacente un grande e alto muro di contenimento realizzato a regola d’arte con pietre a secco.
Un grande albero di gelsi bianchi ci ha indotto a una sosta per fare una scorpacciata dei suoi dolci frutti.
Usciti dalla parte del cancello chiuso si prende la strada che sale a sinistra alle 12:55 siamo arrivati nuovamente al tornante al bivio che avevamo lasciato per scendere a rifugio Brignolaro, il mio Komoot segna 5 km e 500
m dalla partenza.
Alle 13,08, al lato del sentiero, abbiamo incrociato un albero con una serie di fori che ricordano la faccia di una strana creatura e Anna , Elena e Alberto hanno scambiato le loro esperienze con folletti ed esseri soprannaturali.
Dopo qualche minuto la strada si apre tra due pendici alberate e sullo sfondo, come in una cornice, svetta Pizzo Vernà.
Alle 13:20 a 6 km 300 metri dalla partenza, oltrepassando la recinzione su uno scavalco, siamo arrivati al rifugio Pagliarelli o Pietre Rosse, molto ben messo, con una vasta area aperta e una grande costruzione chiusa da reti e cancelli usata come deposito di tronchi tagliati.
Approfittando della sosta e della presenza di una fontana con acqua corrente alcuni di noi si sono rinfrescati ed hanno riempito le borracce.
Alle 13:40 siamo arrivati in corrispondenza della imponente frana sulle pendici di monte Pietre Rosse bene visibile anche da lontano.
Da qui si vede il tetto del rifugio Fridduzza. Sulla pietraia della frana hanno attecchito grandi cespugli di ginestra coperti di bellissimi fiori gialli a dimostrazione della forza della natura che con queste piante pioniere, poco per volta si riappropria di quanto le spetta.
Dopo un quarto d’ora siamo arrivati ad un’altra sbarra della pista forestale di servizio dove si incontrano due strade, quella in discesa a sinistra , che prendiamo, arriva ai piani di Vernà,quella a destra , in salita , confluisce nella Dorsale dei Peloritani verso Antillo e Santa Venera del bosco e alla variante 164A per Pizzo Vernà che passa in cresta sotto il pizzo e si ricongiunge al sentiero descritto più avanti.
Alle 14, 05 si arriva, sotto Pizzo Santo Zaffaria, alla strada asfaltata proveniente dal punto in abbiamo parcheggiato le macchine e si prende a destra un’altra pista forestale di servizio costeggiata da una staccionata in legno in parte nuova.
Alle 14,18 siamo arrivati al cartello che indica il demanio forestale.
Il demanio forestale B.M Savoca è situato nel versante ionico dei monti Peloritani e si estende per circa 832 ettari. Comprende i comuni di Casalvecchio Siculo, e Furci siculo, una piccola superficie ricade nel comune di Antillo.
L’altitudine è compresa tra i 1287 m s.l.m. di Pizzo Polo e i 500 m. circa in prossimità delle case Zaraò.. Il B.M. Savoca è caratterizzato per l’orografia accentuata del suo territorio. Alle dorsali pronunciate che si diramano dal crinale dei Peloritani , si intervallano gli impluvi che danno luogo alle aste torrentizie.
La vegetazione più diffusa è costituita da latifoglie, in particolare da Castagno (Castanea sativa), Leccio (Quercus ilex), Roverella (Quercus pubescens), che hanno gradualmente sostituito i primi impianti di Pini mediterranei di cui restano, comunque, numerose presenze. Una presenza vegetale lungo alcuni corsi d’acqua è costituita dal Platano orientale allo stato spontaneo, una pianta insolita in Sicilia che conferisce all’ambiente con la sua chioma irregolare una nota vivace e briosa.
Il sottobosco è costituito da macchia mediterranea formata in prevalenza da Erica (Erica arborea), Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius), Ginestra spinosa (Calicotome spinosa), Ginestra di Spagna (Spartium Junceum). Nelle zone più alte e poco alberate troviamo il Corbezzolo (Arbutus unedu) ed il Cisto (Cistus monspeliensis e Cistus salvifolius).
Subito dopo, alle 14,22, lasciata la strada dopo avere aperto un cancello sulla recinzione che delimita l’area e discesi lungo il pendio per una cinquantina di metri, siamo arrivati all’area attrezzata di piano Vernà, densamente alberata composta da diverse strutture ricettive quali tavoli, panche, punti cottura, fontana con acqua sorgente, spazio per giochi di bambini con altalena ( senza sedile) e cosa molto importante munita anche di servizi igienici integri e non vandalizzati e una costruzione in muratura con dentro un tavolo e un camino.
L’area è limitrofa al sentiero Vernà , lungo circa 1300 metri, alla cui progettazione hanno contribuito i ragazzi del Liceo Scientifico di S. Teresa di Riva e che da’ un’ampia spiegazione dei singoli alberi che si trovano lungo il percorso, costituiti da castagno, querce, Platano orientale, Douglasia, pino marittimo, pino nero, Cedrus atlantica e deodara e formazioni a macchia mediterranea con Erica arborea, Ginestre, Cisto e Corbezzoli.
Sosta per il pranzo comunitario consumato su uno dei tanti tavoli dell’area e riposo.
Alle 15 ,20 ci siamo messi in marcia e siamo tornati sul sentiero sopra descritto.
Alle 15, 40 dalla strada si vede il massiccio di pizzo Stramaci e in lontananza la torretta di avvistamento di pizzo Cretazzo e Monte Cavallo e , dietro, la cima di Monte Scuderi.
Dopo 5 minuti si arriva ad una grossa “gebbia” e immediatamente dopo ad una fontana.
poche centinaia di metri ci siamo fermati lasciando la strada che prosegue verso Antillo e ci siamo spostati fuori dal bosco per vedere le montagne circostanti. Sulla parete di Pizzo Vernà è evidente una grossa frana che forse interessa il sentiero che sale in cima.
Tornati indietro sulla stessa strada Alberto ha fatto una breve deviazione ed è arrivato, alle 16,20, alla vedetta antincendio di Pizzo Pasaleo dove fino a qualche tempo fa c’era una grande vasca utilizzata per l’approvvigionamento dell’acqua da parte degli elicotteri impegnati nello spegnimento degli incendi.
Nella casa c’era un operaio della Forestale che stava dormendo mentre un suo collega stava prendendo il fresco affacciato sulla vallata .
Alberto ha scambiato quattro chiacchiere con lui ammirando lo splendido panorama che spazia sui Nebrodi, con la caratteristica cima di Rocca Salvatesta e sull’Etna.
L’operaio si lamentava dello stato di relativo abbandono di tutta l’area e della mancanza di una politica di valorizzazione del territorio.
Questa postazione è facilmente raggiungibile da Antillo da cui dista solo sette chilometri.
Quando gli ho detto che avevamo le macchine alla fontana del Forestale si è meravigliato per la distanza che abbiamo coperto.
Gli ho chiesto notizie sulle condizioni del sentiero che arriva sulla vetta di Pizzo Vernà, e ha detto che il sentiero che si imbocca in corrispondenza della gebbia che abbiamo superato non è interessato dalla frana ed è percorribile senza particolari problemi.
Tornato indietro ha raggiunto i compagni di strada e alle 17,00 abbiamo nuovamente raggiunto la strada asfaltata dove eravamo arrivati alle 14,05.
Sebastiano, Rosalba e Francesco hanno seguito la comoda strada a tornanti, mentre Caterina, Elena,Anna e Alberto hanno seguito Giuseppe su un ” facile” fuoripista di alcune centinaia di metri che passa a sinistra del Pizzo Santo superando dei brevi tratti con pendenza del 29% e hanno raggiunto, dopo circa mezz’ora il sentiero percorso all’andata e pochi minuti dopo, alle 17,25 , quasi contemporaneamente al resto del gruppo, le macchine.
Sulla via del ritorno abbiamo incrociato i pellegrini che , a piedi o a cavallo erano di ritorno dal pellegrinaggio a Tindari.
Una signora ci ha detto che sono partiti giovedì scorso dalla chiesa di S. Vito.
Secondo la tradizione ( fonte web) al grido “Tutti in armonia non ni scuddamu u nomi di Maria. Viva la Gran Signura Maria!” (Tutti in armonia non ci dimentichiamo il nome di Maria. Viva la Gran Signora Maria), la processione con lo stendardo avanti percorre viottoli e trazzere di campagna attraverso i Monti Peloritani per poi fermarsi, dopo un lungo percorso, a Grotta Campana per consumare una cena e riposare. Alle 2 di notte ripartono al suono del tamburo e per un percorso erto e difficoltoso raggiungono Bafia, quindi Mazzarà, Falcone e finalmente il al Santuario della Madonna bruna di Tindari.
Questa tradizione che permette una grande esperienza di fede e devozione dura dal 1890 da Misserio e da Santa Teresa di Riva dal 1952.
La piacevolissima escursione si è conclusa con una sosta al bar ” Peppe ” sul lungomare di Santa Teresa dove abbiamo gustato una granita o un gelato prima di tornare in città dove siamo arrivati intorno alle 19,30.
Lunghezza complessiva del facile percorso di circa 16 chilometri tra paesaggi inaspettati di grande bellezza.