Osservazione degli uccelli migratori del 10 maggio 2025Appuntamento alle 8.30 all’Immacolata, presenti : Rosario Sardella, Giuseppe Spanò, Mike Sfravara, Carmelo Geraci, Filippo Cavallaro, Ciccio Briguglio, Giancarlo Ziino,Gabriella Panarello, Antonella Zangla, Ninetta Coiro. Viste le condizioni meteo si è deciso di andare aDinnamare dove siamo arrivati alle 9.30 .Carlo Panzera si è unito al gruppo alle Quattro Strade. Alle 9.45 avvistato un esemplare riconosciuto da Rosario come Falco di palude maschio.Rotea adesso su di noi un corvo imperiale stanziale con a breve distanza una gazza ladra… Intorno alle 10,10la nebbia fa la sua comparsa nella valleed in un paio di minuti colma la valle riducendo la visibilità.Dopo un poco si è rarefatta, permettendo una discreta visibilità senza comunque sparire del tuttoAlle 10,25 Mike ha proposto un giro pedestre sino al Santuario e ritorno e, ammaliate dal suo fascino, lo hanno subito seguito Antonella , Gabriella e Ninetta , Carmelo e Ciccio.Nel frattempo,alle 10.15 è arrivato in sella ad uno scooter un conoscente di Rosario che si è fermato prima a parlare con lui, poi ad osservare il passaggio degli uccelli. Alle 10,35 avvistata una poiana e pochi minuti dopo due corvi imperiali stanziali.Alle 10:38 arrriva un altro amico di Rosario con qualifica di fotografo naturalistaAlle10:45 tornano dal mini giro Mike e compagnia e le tre donne, un poco infreddolite, salgono in auto e alle 11,06 tornano in città con Mike. Alle 10:54 Rosario avvista un altro corvo imperiale…ma si comincia a vociferare che trattasi sempre dello stesso corvo imperiale assunto dalla Lipu che ogni tanto compare su richiamo di Sardella. Avvistati altri due rapaci in lontananza, non identificatiPassato un fringuelloAlle 11,37 sparisce la nebbia, spazzata via da un vento sottile e freddo che rende l’ aria tersa e pungenteContemporaneamente sopraggiunge un gruppetto di trekkers che dopo aver scattato qualche foto va viaVerso le 11,38 ci sono Tre rapaci visibili in lontanza verso Milazzo a cui se ne aggiungono altri due per un totale di cinque. Si distinguono due pecchiaioli ed un palude maschioAlmeno altri 7 pecchiaioli si radunano per salire in quota e planare verso la Calabria. Nel frattempo arrivano altri due Osservatori interessati al passaggio dei migratorie aumentano gli avvistamenti, Rosario dice di vedere un nibbio e dopo un falco… noi ci fidiamo… possiamo comunque garantire che tutti hanno le ali.Intorno alle 12,00 gli avvistamenti aumentano, qualche esemplare si avvicina e persino Giuseppe riesce a distinguere sopra di se un nibbio con il sottoala bianca e la coda lungaAlle 12,12 aumentano ulteriormente gli avvistamenti, pecchiaioli e falchi tanto che c’è stato un momento in cui se ne vedevano contemporaneamente anche più di 30.Alle ore 12.28 saliamo sulle auto ed andiamo via.Nota aggiuntiva di Rosario Sardella Dopo il nostro rientro in città gli osservatori rimasti a Dinnammare hanno visto circa 1400##1500 esemplari di rapaci…Attualmente l’ultima conta di passaggi ammonta a circa 6500 rapaci e la cifra aumenta.Questo diario di bordo è stato redatto con le informazioni ricevute da Giuseppe Spanò.
Trekking del 11 maggio 2025 sull’Etna
Trekking del 11 Maggio 2025 a Piano Vetore Etna.Appuntamento all’Immacolata alle 7,45 e partenza puntuale alle ore 8.00 con il pullman di Giuntabus. Partecipanti della Recolapesce: Marcello Aricò, Giuseppe Spanò, Katia Parisi, Sebastiano Occhino, Caterina Trovatello, Ciccio Briguglio, Maurizio Inglese, Marcella De Francesco, Stefania Davì, Amica di Stefania, Serena Policastro, Maria Vinci, Nando Centorrino, Angela Trimarchi, Giovanni Barbaro, Carmela Morabito,Antonio Zanghì, Valeria Bilardo, Antonella Zangla , Rosario Sardella, Giancarlo Ziino e altri 23 soci di Architrekking.Uscita allo svincolo di Tremestieri all’ On the run per prendere alcuni residenti nella zona sud e successivamente uscita a Roccalumera per prendere Nando Centorrino e Angela Trimarchi.Alle 9.05 fermata all’autogrill ad Aci S. Antonio e ripartenza alle 9,30.Durante il viaggio Marcello ha letto e recitato la storia di Teseo scritta da Dominik Gilberto dell’Architrekking. Alle 10.30 arrivo al bivio per Piano Vetore e partenza per il trekking in direzione opposta alla strada che conduce al rifugio Sapienza.Arrivo, dopo 1 km, all’entrata del Demanio Forestale.Percorso circa 1 Km ci siamo accorti di avere superato il Teseo; tornati indietro , dopo 400 m , vediamo la grande statua raffigurante la testa di Teseo. Il 7 marzo del 2024 è “spuntata” sull’Etna una statua gigante. Un volto umano addormentato e spaccato per metà, che si eleva su un piedistallo in lamiera di acciaio a forma di cubo, in cima a una sciara. Sembra che ammiri dall’alto tutta la costa, con una espressione di pace serafica che invita a rilassarsi e a godersi pienamente l’aria di montagna. È un’opera itinerante che aumenta ogni anno di più la propria fama. Il Teseo è collocato nelle vicinanze dell’ingresso alla Pista Altomontana, in contrada Serra La Nave ed è stato realizzato dall’artista polacco Igor Mitoraj – lo stesso autore dell’Ikaro Caduto posizionato ai piedi del Tempio della Concordia di Agrigento.Il volto in bronzo appare screpolato perché è una reinterpretazione dell’estetica classica a favore della rappresentazione della fragilità dell’uomo contemporaneo.Di fronte all’ estetica delle proporzioni e dell’ armonia classica greca si contrappone l’ estetica della realtà della fragilità umana che nel tempo si deteriora, senza per questo perdere il valore intrinseco dell’ Essere che non è solo Forma, ma ancor di più Sostanza. Associata alla splendida vista del vulcano e della costa siciliana, diventa indubbia attrazione per i turisti. E vale la pena vederla! La statua resterà esposta fino a ottobre del 2025. Dopo le foto di rito riprendiamo il percorso. Entrati di nuovo nel bosco del Demanio regionale Filiciusa Melia, abbiamo camminato su sentieri e carrarecce dal fondo reso soffice per gli aghi di pino e pigne.Diverse volte abbiamo smarrito il sentiero, ricoperto di aghi di pino, ma per fortuna, con l ‘aiuto di Komoot, abbiamo ripreso il giusto cammino.Dopo un tratto in salita, alle 13.30 siamo arrivati al Rifugio Gualberto, (dopo circa 4 km) attrezzato in maniera lodevole (Rifugio chiuso ma con spazi fuori ben attrezzati)L’area pic nic dispone di decine di tavoli per i viandanti. con una copertura tra due costruzioni per riparare dalla eventuale pioggia; lo spazio coperto è aperto da due lati, e sotto c’è un tavolo da pic nic e dei barbecue, una vera chicca per i viandante, che, alle nostre latitudini e’ impensabile.I tavoli dove abbiamo sostato si trovano immersi in un bosco di alti alberi di pini.Finito il pranzo alle 14.15 ripartenza in direzione rifugio Galvarins. Dopo 15 minuti, alle 14.30 , abbiamo imboccato il bivio a dx sulla strada di ritorno verso rifugio Carpentieri. Alle 14.45 passaggio sulla lava per poi arrivare al rifugio Carpentieri alle 15.40 a 4 km chilometri dalla partenza. Dal rifugio Carpentieri, proseguendo verso rifugio Santa Barbara, dopo 800 m siamo arrivati al rifugio Santa Barbara e da qui si percorrono altri 800 metri per arrivare fino alla strada asfaltata.Tutte le strade sono in pista con un fondo di polvere e di pietra lavica. 100 m prima di arrivare alla strada asfaltata, nella vasta area di Piano Vetore, c’è una chiesa dedicata alla Madonna della Neve con all’aperto panche da pic nic, un altare e una croce di legno di betulla dell’Etna dedicata a Giovanni Paolo II. Qui il pullman ci attendeva; recuperate alcune persone che si erano fermate per il pranzo al rifugio Sapienza, alle 17.05 abbiamo preso la strada verso casa. Alle 19.00 dopo un piccolo intoppo ( una fermata non autorizzata a Zafferana, e non concordata nè da Marcello nè da Michele ) siamo arrivati a Messina un po’ stanchi ma felici.Percorso complessivo di circa 13 km. Questo diario di bordo è stato redatto da Marcello Aricò
Tour a Mammola del 12 aprile 2025
Tour a Mammola del 12 aprile 2025Appuntamento alle 8,00 sulla N/T Elio.Presenti: Marcello Aricò, Carmelo Geraci, Letizia Inferrera, Filippo Cavallaro, Antonio Zampaglione, Rosario Sardella, Eleonora Sardella, Nando Centorrino, Francesco Maggio, Angela Trimarchi, Donatella Alber, Giovanni Barbaro, Giovanna Alibrandi, Mimmo Delia, Anna Scannapieco,Rosalba Fera, , Lucia Annunziata, Mike Sfravara, Nina Coiro, Maurizio Inglese, Luisa Inferrera, Gabriella Panarello, Antonella Zangla, Flavia De Carlo, Franco Privitera, Chiara Calarco, Giuseppe Spanò, Katia Parisi, Angelo Salvo, Katia Tribulato, Enzo Scarcella, Angela D’Arrigo, Loredana Crimaldi, Tonino Seminerio, Giusi Quartaronello, Alberto Borgia. Altri partecipanti non soci: Antonello Gemelli, Patrizia Micalizzi, Annamaria Rosta,, Giacomo Ruello, Cettina Inferrera, Carlos Shiran, Cettina Cardile, e altre cinque persone di cui non conosco il nome. Arrivati alle 8,25 a Villa San Giovanni e preso posto sul pullmann ATAM guidato dal signor Nino Amodeo, che era pronto ad aspettarci all’uscita. Partenza alle 8,30. Viaggio regolare e arrivo a Mammola alle 9,40 , parcheggio sotto un viadotto della Strada statale 682 alcuni piloni del quale sono stati decorati da volontari e studenti.Visita del museo MUSABA Silvana, la guida che ci aspettava all’ingresso, ha aperto il cancello e ci ha introdotti nel lungo camminamento disseminato da cartelli dal tono per certi versi un poco minaccioso e inquietante.Arrivati alla foresteria ci ha parlato di Nik Spatari e della sua compagna olandese Hiske Maas iniziando dalla sua biografia.Nicodemo Spatari detto Nik nacque a Mammola, il 16 aprile 1929 , primo di otto figli e lì morì all’età di 91 anni.Alla nascita aveva poco udito e successivamente, nel 1940, per un trauma causato dallo scoppio di un ordigno inesploso sulla spiaggia di Pellaro, dove suo padre era maresciallo dei Carabinieri, divenne completamente sordo.La famiglia lo istruisce personalmente, impara a leggere dalla Bibbia che aveva sua madre e di cui diventa grande conoscitore e fervente credente fino alla fine della sua vita. Studia come autodidatta e seguendo il padre nei propri giri sviluppa le proprie capacità anche in campo scultoreo partendo dai materiali con cui entrava in contatto.All’età di nove anni vinse a Berlino un premio internazionale di pittura . Nel 1955 un evento rivelò l’arte di Spatari alla critica: all’età di ventisei anni, espose circa duecento opere al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria durante la sua prima mostra personale. La mostra, che fu coronata da un brillante successo, lo spinse alla ricerca di ambienti più fertili per la propria arte.Durante gli anni cinquanta e anni sessanta viaggiò in Europa e nel 1958 espose alla Biennale di Venezia.Alla fine degli anni cinquanta, si stabilì a Losanna, dove creò il prismatismo. Incontrò una giovane collezionista, Hiske Maas, unica figlia femmina di una facoltosa famiglia olandese che, contrariamente al volere dei genitori, all’età di 18 anni si trasferì a Londra dove frequentò l’accademia e andò in giro per il mondo. Hiske lo invitò a Parigi dove i due si misero insieme e si stabilirono per qualche tempo.A Parigi Nik entrò in contatto con il mondo artistico e culturale e frequentò per circa due anni lo studio di Le Corbusier, congeniale alla sua inclinazione verso il primitivismo. Conobbe anche Jean Cocteau e incontrò Picasso e Max Ernst. Aderì al gruppo di artisti gravitanti intorno alla galleria CIGAPS (Centre international de groupement d’artistes peintres, sculpteurs).Tornato in Italia nel 1966, si stabilì per un periodo a Milano dove, insieme alla compagna aprì la galleria d’arte Studio Hiske, a Brera, che rimase attiva fino al 1978.Sul finire degli anni sessanta, Spatari decise di tornare in Calabria insieme ad Hiske Maas: si stabilirono per un breve periodo a Chiaravalle Centrale (CZ) dove su commessa dei Frati Minori Cappuccini e di qualche mecenate del luogo, dipinse l’abside e alcune cappelle laterali dell’antico Convento (alcune delle opere si possono ancora ammirare).Nel corso della sua carriera pittorica e scultorea, Spatari fu autore di numerose opere all’interno di luoghi di culto calabresi, tra i quali le vetrate, gli affreschi e il mosaico sull’altare della Chiesa del monastero di San Domenico a Reggio Calabria. Successivamente tornarono a Mammola suo paese natale, che aveva fatto conoscere a Hiske e di cui era rimasta affascinata , con l’intento di lavorare a un suo progetto: la realizzazione di un museo-laboratorio d’arte contemporanea .A partire dal 1969 iniziò la realizzazione del Parco museo MUSABA ( acronimo che significa Museo Santa Barbara) a Mammola, sui resti di un monastero basiliano sul fiume Torbido, in una natura incontaminata, meravigliosa quanto ostile, Il primo step del progetto consistette nella trasformazione del casello ferroviario dell’ex stazione calabro-lucana in abitazione-studio: eliminando le porte e le finestre, Spatari realizzò un cubo con delle feritoie di differenti forme; qui è palese il rimando alla Cappella Ronchamp di Le Corbusier. La Foresteria, invece, costruita nel 2004-2005 oltre ad essere un’opera artistico-architettonica, è anche un residence con 11 stanze colorate e decorate con murales ispirati all’arte moderna e contemporanea, 22 posti letto e una sala da pranzo. Le pareti del chiostro della Foresteria sono caratterizzate da mosaici, realizzati con materiali di recupero come vetro e cemento colorato, ai quali Spatari dedicò gli ultimi 15 anni della sua vita studiando ogni figura e tagliando ogni frammento di ceramica, pezzo dopo pezzo.. L’artista faceva un bozzetto che riportava sul muro con una riga e una matita, poi iniziava a riempire le figure esterne e successivamente si dedicava allo sfondo. Il ciclo musivo è composto da 29 pannelli suddivisi in scene che rappresentano la storia dell’Uomo che inizia con Babilonia e dall’arte Sumera passando dal Vecchio Testamento al Nuovo Testamento. Di seguito si riportano solo i titoli dei pannelli senza farne alcuna descrizione. LO STENDARDO DI UR 1- Stendardo di UR : la guerra 2- Stendardo di UR : i prigionieri 3-I simbolici servi 4-Inanna dea dell’amore 5-Stendardo di ur: la pace 6-Stendardo di UR .I riti 7- Gilgamesh 8-Enkidu e l’amico caprone 9-Civiltà sumera : lavoro nei campi 10- Civiltà sumera: altri lavori.ANTICO TESTAMENTO 11- Caino uccide Abele 12- Sacrificio di Isacco 13- Abramo e Sarah alla corte del Re 14- Il rapimento e la Ziqqurat 15- Il diluvio universale 16- Eva 17- L’albero
Trekking notturno del 4 aprile 2025
Trekking notturno a case Maressa del 4 aprile 2025Appuntamento alle 19,30 all’Immacolata. Presenti Marcello Aricò, Carlo Panzera, Carmelo Geraci, Alberto Borgia, Rosario Sardella, Eleonora Sardella con la loro cagna Lola, Giovanni Barbaro, Melina Morabito, KatiaTribulato, Paolo Bossa, Giuseppe Finanze, Ciccio Briguglio, Angelo Salvo. Formazione degli equipaggi e partenza alle 19,35.Arrivati ai ripetitori sotto Dinnammare alle 20,20 e incontrati qui Filippo Cavallaro, Matteo Lorefice, Martina Bruno, Franco Privitera e Flavia De Carlo. Da questo punto si gode una vista straordinaria della città illuminata , del porto, di tutto lo stretto e della costa calabrese da Capo dell’Arme fino al porto di Gioia Tauro ed oltre.Telefonata ad Anna Costalunga che era andata, insieme ad Elena Serban e alla sua cagnetta Eja, al Santuario.Quando sono arrivate ed hanno parcheggiato ci siamo messi in marcia, alle 20, 40 circa.Imboccato lo stradone militare, una antica strada, probabilmente percorsa anche in epoca medievale , resa carrabile nei primi anni del ‘900 dal Genio Militare per raggiungere Portella Mandrazzi a Novara di Sicilia , e, da qui, immettersi sulla Strada di Randazzo fino alla città di Enna (antica Castrogiovanni), punto centrale e strategico per la difesa dell’Isola in caso di paventati sbarchi nemici. La strada in parte metteva anche in collegamento alcune batterie da costa nella fascia ionica, i cosiddetti Forti Umbertini realizzati fra il 1885 e il 1902 e cioè la Batteria Puntal Ferraro, la Batteria Dinnammare ( abbattuta a seguito dei lavori di sbancamento attorno al Santuario) e la Batteria Monte Gallo a Larderia, poi intitolata al generale Giovanni Cavalli.Oggi è la strada provinciale 50/bis che corre,in parte, fra panorami mozzafiato e paesaggi di incredibile bellezza.Il tracciato della provinciale parte dal quadrivio di Portella Castanea e, in direzione sud, si snoda ad incontrare il Monte del Telegrafo (505 m. s. m.), le Quattro Strade Colle Sarrizzo, il Puntale Ferraro (575 m. s.l.m.), Monte Bandiera (876 m.), Monte Croce Cumia (865 m.), Sentiero Vivaio Ziriò, Monte Dinnammare col Santuario (1130 m.)La dorsale dei Peloritani prosegue verso Pizzo Bottino (1077 m.), Piano Margi, Monte Poverello (1279 m.), Pizzo Barramanco, Monte Sereno (1075 m.) per concludersi a Portella Mandrazzi (1125 m.) dove inizia la catena dei Nebrodi. Si tratta di un ambiente ancora incontaminato, con la presenza di numerose specie ornitologiche da passo e stanziali , piante endemiche e panorami vertiginosi dove l’occhio si perde fra cielo e mare.A passo moderato, camminando da soli o formando piccoli gruppetti che si modificavano continuamente chiacchierando di vari argomenti e inebriandoci della bellezza di una fantastica notte primaverile, alle 21,40 abbiamo raggiunto il rifugio forestale Case Maressa, distante circa 2,8 chilometri dalle macchine.Il rifugio è costituito da due stanze, di cui una con un camino, e un piccolo bagno vandalizzato e da un locale separato adibito a ricovero di animali, e ,come tanti altri sui nostri colli, versa in completo stato di abbandono. Lo stesso si può dire dei tavoli in legno posti all’esterno e delle staccionate che avrebbero bisogno di continua manutenzione.Preso posto ai tavoli abbiamo consumato la nostra cena al sacco e, qui seduti, ci hanno trovato Angela Paratore, Romina Mondello e Cinzia Cavallaro, arrivate intorno alle 22,00. Durante la cena Filippo , sempre alla continua ricerca di fatti poco noti, ci ha raccontato la storia di queste zone. Fino agli anni 60 i Peloritani erano intensamente coltivati su piccoli terrazzamenti frammentati tra i contadini dei casali montani. Questa cura si andò perdendo e per evitare che le piogge sgretolassero i terreni si avviò una attività di rimboschimento anche con l’introduzione di essenze estranee al nostro territorio quali gli eucaliptus. In questa fase di forestazione il demanio cominciò a realizzare degli edifici per dare alloggio agli operai forestali. Le case costruite prima di Puntale Bandiera, zona di vedetta, furono occupate da un certo signor Maressa, che pur non avendo alcun rapporto con gli enti pubblici che operavano nel territorio, seppe imporsi ( camminava armato), e fu capace di governare la situazione.In questo luogo, di cui divenne di fatto proprietario, faceva trovare ogni conforto a chi in mezzo alla montagna aveva di bisogno di un tetto, un pò di acqua, un pezzo di pane, ed anche , mettendo a frutto la professione più antica del mondo, una “coperta”.Successivamente ci ha parlato del territorio dei Peloritani di cui Salvatore Quasimodo diceva sinteticamente ” Ferma è l’antica voce”.Ferma perché le montagne sono ferme, antica voce la leggenda, il mito che ne tratta l’origine.La leggenda di Peloro è ricordata e narrata dalla notte dei tempi quando Terra e Cielo si incontrarono e da questa unione vennero i Titani, i Ciclopi, i Giganti, tra cui il gigante Peloro, figlio di Urano e Gea.Da qui prende il nome anche la ninfa Pelorias che, vivendo a Taormina, il limite sud dei Peloritani, aveva dominio fino a Patti, il limite ovest sempre della stessa catena montuosa. Peloro è sempre stato il limite nord della Trinacria e dei Peloritani. Peloro è il luogo dove venne sepolto il nocchiero di Annibale, ucciso perché il suo comandante, nella fuga dai Romani durante le guerre puniche, si era convinto che lo stretto non avesse sbocco sul Tirreno . Da quanto detto non si può accettare che il nocchiero Peloro sia colui che ha dato il nome a ciò che ha una storia molto più antica ed affascinante.Peloro che quale faro, come il gigante di Rodi, secondo l’iconografia antica, segnalava la punta settentrionale della Sicilia e c’è da augurarsi che il mare restituisca qualche frammento della statua gigantesca che guidava i naviganti.Accogliendo la proposta di Rosario, una dozzina dei presenti hanno deciso di fare un fuori programma e , partendo alle 22,15, hanno percorso le poche centinaia di metri necessari per raggiungere il vicino Puntale Bandiera. Da qui si resta ammutoliti per quanto ci circonda e atmosfere come queste, che nel corso di una vita si presentano raramente, ti fanno riappacificare con il Creato.La luce della luna in fase crescente, l’immensità del cielo stellato, l’aria calma e trasparente, il mare lontano, il profilo delle montagne , il silenzio della notte, ti portano a ringraziare con tutta l’anima perché sei vivo, qui ed ora, ed il canto “Signor tra le tende schierati” è sgorgato quasi spontaneamente dal profondo del cuore di quanti hanno avuto la
Trekking a Monte Scuderi del 23 marzo 2025
Trekking a Monte Scuderi del 23 marzo 2025.Appuntamento alle 8,00 all’Immacolata. Presenti: Marcello Aricò, Antonio Zampaglione , Carmelo Geraci, Alberto Borgia, Rosario Sardella, Stefania Davì, Serena Policastro, Francesco Policastro e la sua ragazza Andrea Golzi, Tonino Seminerio, Francesco Briguglio, Giuseppe Spanò. Dopo l’arrivo di Giuseppe formati gli equipaggi e partiti alle 8,15.Alle 8,40 arrivo al bar Ausilia e sosta di circa 15 minuti per fare colazione.Risaliti in macchina ci siamo diretti a Itala superiore.Superato il cimitero, seguendo le indicazioni stradali, abbiamo proseguito per circa 10 chilometri sulla strada male asfaltata fino ad arrivare all’ inizio della sterrata dove abbiamo parcheggiato alle 9,45 in uno slargo in località Culma Caravaggi. Partenza per la destinazione , non visibile a causa delle nuvole basse, proseguendo in un nebbione sempre più fitto che in certi tratti limitava la visibilità a poche decine di metri e non faceva vedere nulla del panorama circostante. Il vento non era particolarmente forte, nonostante le previsioni , ma una elevata umidità in poco tempo ha inzuppato i capelli e ricoperto i maglioni di una specie di rugiada. La strada è a tornanti in costante salita, con pendenza contenuta tra l’otto e il dodici percento.Dopo circa un’ora e dieci minuti siamo arrivati al punto panoramico di Puntale Crimastò, dove si trova un largo spazio recintato e una postazione con le parallele per fare training, che insieme ad altre precedentemente incontrate per strada, visto i luoghi dove sono posizionate, è sicuramente un appalto per sprecare denaro pubblico.La nebbia non permetteva la vista di nulla e sembrava di essere immersi in un mare di panna, ma al ritorno, con la visibilità ripristinata, ci siamo fermati per apprezzare il panorama che si godeva.Dopo cinque minuti, alle 11,00 circa, siamo arrivati a Portella Salice a quota 1005 , a 3,5 chilometri dalla partenza. Qui un grande cartello del Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale evidenzia i sentieri ricadenti nella riserva orientata di Fiumedinisi e Monte Scuderi, istituita nel 1998 per preservare la pregiata flora e la fauna locali a rischio estinzione, in cui ci troviamo. I cartelli del CAI posizionati sui pali infissi indicano la direzione e i tempi per raggiungere le varie mete: Monte Scuderi 1,30 ore, Altolia 3 ore, Sentiero 116 1,45 ore, Rifugio Mandrazza 35 minuti, Case Vernia 1,0 ora, Itala 1,50 ore ,Fossa ‘a Lupa dieci minuti,Puntale Cimmerio 20 minuti, Sentiero 101 mezz’ora. Ripreso il cammino, dopo circa duecento metri, siamo arrivati ad un piccolo abbeveratoio con una fontana alimentata da una sorgente che sgorga tra i cespugli di capelvenere all’interno di una grotticella scavata nella parete sovrastante. La targa identificativa, posizionata sulla vasca, era stata rotta da vandali per cui non è stato possibile sapere come si chiama. Alle 11,17, dopo un ampio tornante, abbiamo raggiunto la località Fossa ‘a Lupa, a quota 1020 metri, segnalata da un cartello. Nelle adiacenze ci sono i muri perimetrali di una costruzione ridotta a rudere e nel pianoro sottostante, tra la nebbia, si scorgeva una superficie orizzontale che abbiamo scambiato per il tetto di una casa, mentre in effetti, quando al ritorno la visibilità era normale, ci siamo accorti che si trattava del ripiano di un lungo tavolo.Alle 11,28 siamo arrivati alla fossa della neve, una delle tante disseminate in questa zona e in altri punti dei Peloritani. Si tratta di ampie e profonde buche a pianta quadrata o circolare, rivestite di pietre a secco, utilizzate dai cosiddetti nivaroli fino a metá del secolo scorso per produrre e conservare il ghiaccio. I nivaroli raccoglievano la neve caduta in inverno e la pestavano e compattavano in modo da formare una grande massa di ghiaccio che veniva coperta da uno spesso strato di foglie di felce e terra in modo da potersi conservare fino ai mesi estivi.In questa stagione i nivaroli andavano a prelevarlo tagliandolo a blocchi a forma di parallelepipedo , lo avvolgevano in teli di juta e lo trasportavano a valle per venderlo.Carmelo ricorda che, quando era piccolo, questo ghiaccio era usato nella ghiacciaia di casa ( un mobiletto in legno con un vano rivestito di lamierino di zinco, con un foro per fare defluire l’acqua) per conservare al fresco gli alimenti.Dopo qualche centinaio di metri la comoda strada si restringe e diventa un sentiero sempre più impervio, con il fondo irregolare in parte a scaloni e ciottoli e con il tratto finale parzialmente scavato sul fianco della montagna e indicato approssimativamente solo con qualche sbiadito segnale bianco e rosso del CAI.Intorno alle 12,00 abbiamo affrontato le ultime centinaia di metri arrampicandoci letteralmente e superando tratti con pendenze intorno al 25 percento Finalmente, sempre immersi nella nebbia, siamo arrivati ad un picchetto che segna l’inizio del pianoro e alle 12,25 , a sei chilometri da Culma Caravaggi, abbiamo raggiunto la croce in legno con vicina una panchetta in legno dove qualcuno ne ha approfittato per fare un veloce spuntino.Scattate le inevitabili foto siamo andati a zonzo a cercare la famosa grotta che, secondo Marcello e Tonino che l’hanno vista è identificabile per la presenza di numerosi santini in prossimità dell’entrata.Alberto, in una fenditura distante meno di cento metri dalla croce in direzione est, ha trovato una grotta che ha percorso per una decina di metri senza peraltro trovare nessun segno identificativo.Visto il perdurare della nebbia abbiamo deciso di ridiscendere per trovare un luogo riparato per pranzare, ma alle 13,00 in punto , come preannunciato da Ciccio, le nuvole hanno improvvisamente iniziato a diradarsi ed è uscito il tanto agognato sole, salutato dai nostri applausi. Siamo tornati indietro e abbiamo raggiunto il cippo improvvisato che identifica la cima più alta di Monte Scuderi a 1253 metri, distante solo un centinaio di metri dalla croce, ma prima invisibile nel mare di nuvole. Trovato un punto riparato , intorno alle 13,10 ci siamo fermati a pranzare. Un nutrito gruppo del CAI di Catania, composto da quasi trenta escursionisti provenienti dalla Santissima ci ha raggiunto mentre mangiavamo e Marcello, che aveva appena finito di distribuire le spille a tutti noi, ha regalato
Preescursione del 22 marzo 2025
Preescursione a Monte Ciccia del 22 marzo 2025Appuntamento all’edicola di via Palermo alle 8,00 con Antonio Zampaglione e Caterina Iofrida e partenza. Arrivo a San Michele e al Pisciotto dove abbiamo parcheggiato la macchina e alle 8,15 ci siamo messi in marcia risalendo per un brevissimo tratto il torrente fino a immetterci sulla trazzera comunale per Portella Castanea, che, superata la fontana sulla curva , nella parte iniziale, è, ridotta ad una traccia tra la vegetazione infestante.Dopo un centinaio di metri, dove il muro di contenimento è crollato insieme alla strada , bisogna arrampicarsi sul terreno scosceso per una decina di metri. Successivamente il fondo è malmesso perché non è stato ripristinato dopo i lavori eseguiti in passato per la posa di tubazioni, ma è percorribile senza problemi. La linea telefonica, in più punti , è al livello della strada in quanto numerosi pali di sostegno sono crollati a causa degli incendi che nelle ultime estati sono divampati nella valle distruggendo anche i pochi alberi rimasti di cui restano i tronchi carbonizzati. Superati i bunker che ci sono nella parte alta della trazzera siamo arrivati a Portella Castanea alle 8,55, a poco più di un chilometro dalla partenza. Il percorso, anche se breve, richiede un mini di allenamento perché la pendenza in brevi tratti raggiunge anche il 16 percento. Vento forte e fastidioso che non accennava a calare. Durante la successiva salita per Monte Ciccia, dopo Monte Ciaramellaro, ha telefonato Tonino Seminerio che era partito dal viale della Libertà e , percorrendo la strada da Ciaramita, ci aspettava all’incrocio sotto l’ultima rampa.Alle 9,30 ci siamo incontrati e mentre Antonio e Caterina si sono fermati a prendere fiato, lui ed io abbiamo proseguito per l’ultimo tratto di un centinaio di metri e alle 9,35 siamo arrivati sotto il traliccio di Monte Ciccia, a quota 608 m.s.l.m., a 2,62 chilometri dalla partenza. Cielo coperto e vento molto forte che rendeva difficoltoso anche l’uso del telefonino per scattare foto del sempre suggestivo panorama del porto e dello Stretto.Ripresa la discesa e arrivati alla deviazione abbiamo scambiato le destinazioni finali : noi abbiamo proseguito in direzione Ciaramita e Tonino verso Portella Castanea e il Pisciotto.Discesa sulla larga e comoda strada della Forestale che nel primo trattocosteggia Monte Tidora. Alle 10,25 a 5,11 chilometri dalla partenza, dopo un tornante che supera il ramo iniziale del torrente Ciaramita, si incrocia a destra , nei pressi di una curva, un sentiero in salita tra gli alberi che, secondo la cartina, dovrebbe arrivare al torrente San Michele. Alberto l’ha percorso per circa cinquanta metri , ma si incontrano quasi subito degli alberi crollati che ostacolano il cammino. Potrebbe essere interessante verificare la percorribilità fino alla fine in modo da poter realizzare un giro ad anello.Alle 10,34 , a 5,5 chilometri dalla partenza, siamo arrivati al bivio con la strada che, a destra, conduce al Forte San Jachiddu . Proseguendo a sinistra lungo la strada che costeggia l’alveo del torrente, poco dopo aver superato il cancello della Forestale passando dallo scavalco sulla recinzione, su un terrazzamento sul lato sinistro, all’altezza di un muro di contenimento del costone realizzato a regola d’arte con mattoni e grosse pietre, coltivato ad agrumeto, ma evidentemente abbandonato , abbiamo raccolto dei dolci mandarini , anche se un poco asciutti. Dopo aver superato alcune serre abbandonate e la località case Fornace, alle 11,10, a 7 chilometri dalla partenza, siamo arrivati alla nostra meta sulla strada asfaltata all’incrocio con via Sofia Idelson dove iniziano i palazzi e il torrente è irreggimentato.Dopo una ventina di minuti è arrivato Carmelo, a cui avevamo telefonato durante la salita per Monte Ciccia che, con molta disponibilità, ci ha accompagnati a riprendere la macchina al Pisciotto per tornare in città.
Trekking notturno del 21 marzo 2025
Trekking notturno al vivaio Crupi del 21 marzo 2025.Appuntamento alle 20,00 all’Immacolata. Presenti: Marcello Aricò, Carmelo Geraci, Sebastiano Occhino, Giuseppe Finanze, Ciccio Briguglio, Giovanni Barbaro, Maurizio Inglese, Filippo Cavallaro, Rosario Sardella, Alberto Borgia e tre ospiti, Eleonora Sardella con la sua cagna Lola, Martina Bruno e Matteo Lorefice.Formazione degli equipaggi e partenza. Arrivo alla sbarra del passaggio a livello, alla curva a sinistra sulla SS 113, dopo circa un chilometro dall’Istituto Neurolesi, alle 20,30. Iniziato il cammino sulla larga pista di servizio, abbandonata dopo un centinaio di metri per imboccare, a destra, un sentiero, inizialmente piuttosto ripido, dall’alto Filippo si accorge che conviene sistemare meglio la macchina parcheggiata per cui torna indietro e la sposta. Il sentiero passa nel bosco e si congiunge al percorso dell’ABC proveniente, da destra da forte Ferraro.Seguendo il tratto di sinistra, e superata l’area attrezzata, si arriva alla strada proveniente dall’ex colonia Principe di Piemonte.Continuando in discesa verso sinistra, alle 9, 20 siamo arrivati alla chiesa della Madunnuzza a 1, 160 chilometri dalla partenza.Il piccolo santuario è stato costruito nel 1911 dai fedeli di Camaro e dedicato a Maria S.S. Addolorata. La ricorrenza è celebrata la terza domenica del mese di settembre e prevede una processione che si conclude alla vecchia colonia dove la Madonna viene accolta da salve di spari di cacciatori, per tale motivo la festa viene anche chiamata “festa dei cacciatori “.La parrocchia di Camaro è dedicata anche ai Cavalieri dell’ordine militare di San Giacomo, gli stessi di sant’Jago a Compostella, che hanno nel loro stemma la spada con impugnatura in alto come croce.La zona è molto frequentata, soprattutto nel periodo estivo, il maggior pregio è costituito principalmente dalla copertura vegetale formata in prevalenza da roverella, pini e castagneti affiancati da macchia mediterranea con Cisto ed Erica arborea. La zona è confinante con la Foresta vecchia di Camaro, un bosco naturale sicuramente il più antico di tutto il complesso montuoso e costituito prevalentemente da querce, castagni e roverelle.Preso posto ai tavoli per consumare la cena al sacco. Il fastidioso e freddo vento che ha soffiato sin dalla partenza, ci ha costretti a rimetterci in marcia dopo una ventina di minuti e alle 21,50 abbiamo superato il cancello che chiude la strada per il vivaio Crupi incamminandoci sulla larga strada di servizio abbiamo apprezzato, tra gli alberi, la vista dello Stretto e della costa calabrese illuminata come un presepe e dopo meno di mezz’ora siamo arrivati, alle 22,15, all’edificio a due piani dove sono gettati alla rinfusa, in completo stato di abbandono e degrado una gran quantità di faldoni contenenti documenti relativi alla attività della Forestale dello scorso secolo e centinaia di copie di pubblicazioni su Messina. Dopo una decina di minuti, alle 22, 27, abbiamo oltrepassato il cancello di accesso al vivaio dalla parte della statale e poco dopo abbiamo raggiunto la sbarra del passaggio a livello e le macchine con cui siamo tornati in città intorno alle 23,00. Percorso complessivo dell’anello circa 3,5 chilometri.
Escursione a Pezzolo del 16 marzo 2025
Escursione a Pezzolo del 16 marzo 2025 alla scoperta delle piante alimurgiche.Appuntamento alle 8,15 all’Immacolata. Presenti: Marcello Aricò, Carmelo Geraci,Francesco Pagano, Ciccio Briguglio, Manuela Scarcella, Maurizio Inglese, Rosario Sardella, Stefania Davì, Serena Policastro, Katia Tribulato, Giuseppe Spanò , Katia Parisi, Caterina Iofrida, Antonio Zampaglione, Alberto Arena, Letizia Inferrera, Mike Sfravara, Antonella Zangla, Gabriella Panarello, Giovanna Mangano, Placido Cucinotta, Tindari Ceraolo, Franca Esposito, Alberto Borgia,Angela Giuffrida,Anna Costalunga N.E., Mimmo Delia N.E., Anna Scannapieco N.E. Romina Mondello,Irene Crisafulli e due ospiti. Formazione degli equipaggi e partenza alle 8,25. Arrivo al capolinea dell’autobus a Pezzolo alle 9,05 dove ci aspettava Giuseppe Spuria insieme ad altri tre ragazzi del loro gruppo.Arrivo di Pinella Dini, Tuccio Novella, Maria De Carlo , Teresa Olivieri e altri due esterni. Poco dopo è arrivato il professore Girasella, simpatico e preparato cittadino di Pezzolo, che abbiamo conosciuto nella escursione al ponte Bettaci del 15 dicembre 2024, che anche oggi ci ha fatto da guida. Lungo la strada per arrivare alla chiesa madre il professore Girasella ha spiegato nuovamente in che modo veniva prodotta la calce che serviva , mischiata alla sabbia e all’acqua, a preparare la malta. Si partiva dalle grandi rocce di carbonato di calcio presentiin abbondanza nella zona, frantumate con l’impiego di cariche di dinamite o polvere da sparo, inserita in fori, lunghi un metro, praticati con lunghi scalpelli battuti a colpi di mazza. I massi ottenuti a seguito dell’esplosione venivano spaccati a pezzi relativamente piccoli ( le pietre arrivavano a pesare anche 90 chili) con una mazza da 14 chili e venivano messe nella ” caccara” in modo da formare una cupola e poi ricoperte da pietre di piccola pezzatura, mattoni e tegole. Su questa base si disponevano 120 fascine di legno povero, per un peso complessivo di quasi dieci tonnellate, a cui veniva dato fuoco. La combustione durava 24 ore e alla fine si otteneva ossido di calcio puro ( cauci in petra) che, mescolata alla sabbia e all’acqua diventava una ottima malta utilizzata per cementare i mattoni.Arrivati lla chiesa madre abbiamo preso posto sui gradini del sagrato per ascoltare le spiegazioni del professore sulle erbe selvatiche che aveva raccolto e sistemate su un tavolino. Ma prima di iniziare ha raccontato diversi episodi legati alla storia quotidiana del paese iniziando a parlare del palmento le cui mura si affacciano sul sagrato. Il palmento era ancora in funzione negli anni sessanta del secolo scorso e il Professore ci andava a pigiare l’uva. La fossa aveva una profondità di 2,8 metri e un diametro di 3,0 e si riempiva diverse volte nel corso dell’anno. Gli addetti prendevano il mosto con la quartara da 11 litri e quando si arrivava ad un certo livello dentro la fossa scendeva un uomo nudo che riempiva la quartara e la porgeva a quello di sopra . A Pezzolo c’erano 11 palmenti per lavorare l’uva prodotta su 150 ettari di vigneti. Al tempo a Pezzolo c’erano circa 1300 abitanti, quando il professore è andato via ce n’erano 900 e c’erano circa 50 ettari coltivati ad agrumeto in una zona terrazzata dove l’armacia era alta tre metri e la rasola era di un metro e mezzo.I braccianti, con un carico di 50 chili di limoni sulle spalle faticavano come muli e fino agli anni sessanta erano l’unico mezzo di trasporto esistente. In queste condizioni la vita media era bassissima , da uno studio dei registri il professore ha rilevato che dal 1892 al 1932 ci furono 800 morti, di cui 491 bambini che morivano principalmente di polmonite o intossicati dall’amido dal ” pappacino”, un sacchetto di tela in cui veniva messa della mollica. Il liquido che filtrava era dato come alimento ai bambini di pochi mesi quando la madre era senza latte. Il pappacino si utilizzò fino agli anni 40.Un’altra pratica usata era il decotto di prezzemolo, il timovo, ingerito dalle donne per abortire e che spesso provocava un ritardo mentale nei bambini che riuscivano a nascere.Nella chiesa c’è un bellissimo altare caginesco in pietra di carrara e, a destra, una statua della Madonna di Loreto. Entrando, sulla destra, c’è una originale acquasantiera di forma ottagonale proveniente dalla chiesa che c’era fuori dal paese che probabilmente era un ospedale gestito dai cavalieri dell’ordine di Malta che hanno tra le caratteristiche, la croce a otto punte. Sul bordo è incisa una scritta cinquecentesca in latino che significa ” non intinga la mano il ladro” dove il ladro era il povero disgraziato che, per sfamare i propri figli , era costretto a rubare qualche frutto o erba commestibile di proprietà dell’importante monastero benedettino di San Placido Calonerò. Il monastero infatti, per privilegio reale risalente al 1400 e in vigore fino al 1843, aveva il privilegio del pascolo su tutto il territorio di Altolia, Molino, Giampilieri, Pezzolo, Briga, Santo Stefano Briga e Santo Stefano medio. Tale privilegio costituiva una sorta di sovranità limitata su tutti i possedimenti perché in relazione alla qualità del terreno, alla presenza di acqua, all’esposizione etc. il gabelloto stabiliva la percentuale da consegnare, ma per due prodotti fondamentali, il grano e l’olio la tassa era del 50% . Poi c’era la decima, cioè il 10% per il sostentamento della chiesa, la tassa per il regio demanio, che variava in funzione delle esigenze delle casse reali e alla fine il naturale, cioè l’abitante di Pezzolo, portava a casa al massimo il 30 percento di quanto aveva prodotto. In queste condizioni di sfruttamento il ” furto” di qualunque prodotto commestibile utilizzato per sfamare i propri figli diventava quasi la prassi. In fondo alla chiesa, dietro una bella acquasantiera, c’era una apertura chiamata “u purtusu du catalettu” nel quale venivano inseriti i cadaveri che finivano in un grosso ambiente sotterraneo prima della costruzione del cimitero, avvenuta nel 1892. Il Professore ricorda che quando aveva sedici anni crollò un muro di contenimento e lui, insieme ad un gruppo di amici, muniti di torce elettriche, entrarono nella cavità e videro mucchi di femori, teschi ed altre ossa umane. Sollecitato dal Presidente finalmente il Professore ha iniziato a descrivere
Happyrecola del 12 marzo 2025 Monili artigianali
Happyrecola del 12 marzo 2025 sui monili artigianali. Soci presenti: Marcello Aricò, Stella Barone, Salvatore Rotondo, Ileana Padovano, Angelo Salvo, Katia Tribulato, Franco Mastroeni, Ciccio Briguglio, Francesco Pagano, Tindari Ceraolo, Filippo Cavallaro, Rosalba Cucinotta, Antonella Zangla, Gabriella Panarello, Loredana Crimaldi, Giusi Mandraffino, Giovanni Consolo ,Maria Paola Scarcella,Sebastiano Occhino,Gaetana Giardina , Mariella Brancati, Rosario Sardella , Maria De Carlo , Giuseppe Finanze, Alberto Borgia. Marcello presenta Lilli Zaccone, una sua amica di vecchia data che si è appassionata alla creazione di monili utilizzando un materiale particolare , la pasta polimerica o argilla polimerica, pasta modellabile sintetica termoindurente, una sorta di plastilina “speciale” che non secca all’aria ma, che indurisce con una cottura al forno. Lilli, architetto,curiosa ed intraprendente, ha raccontato come ha scoperto questa attività,in cui ogni pezzo viene lavorato a mano ed è quindi unico ed irripetibile.La realizzazione del manufatto parte da un progetto in cui si disegnano forma e dimensioni e si scelgono i colori di quanto si vuole realizzare. La pasta polimerica costituisce il materiale principale, si acquista su internet perché in zona non ci sono più negozi che la vendono.Scelti i colori da utilizzare, viene “condizionata” manualmente, lavorata con un piccolo mattarello in plexiglass e con una macchina manuale per fare la pasta e modellata e sagomata in varie fogge e colori per poi essere cotta in forno a 110°/130° per circa 30 minuti. Dopo la cottura subisce uno shock termico in acqua e ghiaccio che provoca l’indurimento e il manufatto diventa leggero e idrorepellente.Si procede quindi togliendo le eventuali asperità con una leggera carteggiata e si finisce con la lucidatura con resina UV.Il filo d’alluminio, piatto e di vario spessore, colore argento o rame battuto col martelletto viene utilizzato per le chiusure e tutte le rifiniture previste.Anche se la descrizione della lavorazione appare semplice, per realizzare gli oggetti occorre fare attenzione sia durante la manipolazione, che deve essere accurata per evitare inclusione di bolle d’aria, che nella scelta dei colori in quanto la loro combinazione, l’accostamento, le proporzioni, richiedono esperienza e grande immaginazione. Ha poi presentato una serie di foto di monili da lei realizzati illustrandone le caratteristiche distintive insieme ad altri esposti per la vendita. La relazione è stata sicuramente interessante, ma più di qualcuno dei presenti si aspettava qualcosa di più coinvolgente. Per la parte Happy Marcello ha preparato due teglie di riso con ingredienti diversi ,una con salmone e zucchine e un’altra classica con tonno, peperoni, cacoiocavallo, piselli, olive ed erba cipollina.
Escursione al lago Maulazzo del 9 marzo 2025
Escursione al lago Maulazzo del 9 marzo 2025Appuntamento alle 7,15 in via San Giovanni di Malta al “muro dei capperi”.Presenti: Carlo Panzera, Sebastiano Occhino, Alberto Borgia, Rosario Sardella, Salvatore Cingari, Antonio Zanghì, Valeria Bilardo. Formazione degli equipaggi e partenza alle 7,35.Giornata primaverile, visibilità ottima, con le isole Eolie che sembravano a portata di mano. Alle 8,30 uscita dall’autostrada allo svincolo di Sant’Agata di Militello. Arrivo a San Fratello alle 8,55, sosta caffè in un bar fino alle 9,12. Dopo circa venticinque minuti siamo arrivati a Portella Femmina Morta e abbiamo proseguito in macchina sulla strada asfaltata, con il fondo in pessime condizioni, posteggiando a Portella Calacudera, all’inizio della strada per Monte Soro, alle 9,40 circa.Cambio scarponi, vestizione e inizio cammino dopo dieci minuti.Temperatura intorno a 8 gradi e nebbia. Percorso in leggera salita nel bosco di faggi su una strada cosparsa da numerose e profondebuche piene d’acqua. Dopo una decina di minuti abbiamo lasciato alla nostra sinistra uno stagno creato dalle acque di scioglimento della neve e alle 10,20 abbiamo abbandonato la strada che conduce a Monte Soro imboccando la deviazione a sinistra.La neve inizialmente era presente solo a piccole chiazze, poi sempre più estese, ai lati della strada e tra gli alberi del bosco, ma andando avanti la copriva interamente e poco per volta tutto era completamente bianco. Alle 10,52 siamo arrivati alla stazione meteo AForClimate e alle 11,10 abbiamo raggiunto la sella di contrada Sollazzo Verde da cui, tra gli alberi, si intravvede la costa tirrenica.La strada da qui in poi è in discesa e sgombra di neve.Finalmente alle 11,20 è sbucato un pallido sole e, poco per volta le nuvole sono sparite e lo scenario, fino ad ora dai toni poco vivaci, si trasforma per una esplosione di colori dalle bellissime sfumature. Dopo un quarto d’ora di strada dalla sella abbiamo superato la deviazione che, a sinistra, conduce al lago Maulazzo e abbiamo proseguito sulla strada principale.Numerosi piccoli corsi d’acqua, prodotti dallo scioglimento della neve, attraversano la strada. Alle 11,32, su uno spiazzo alberato Rosario ha avvistato un’upupa che abbiamo provato a fotografare con scarsi risultati.Dopo qualche minuto abbiamo incrociato il primo dei laghetti naturali denominati sulle cartine ” laghetti di Monte Soro ” ricchi di meravigliosa vegetazione, che ospitano varie specie di piccoli anfibi e sono ricoperti da suggestive piante acquatiche. Il piccolo specchio d’acqua, illuminato dal sole, sembra un diamante incastonato nel bosco, con i colori bellissimi dell’acqua trasparente, tra il blu intenso e il verde e con lo sfondo marrone delle foglie di faggio, il grigio del tronco degli alberi e l’azzurro brillante del cielo. Fatta una breve breve sosta in silenzio per apprezzare l’indescrivibile bellezza del posto. Dopo le numerose foto dedicate a questo gioiello dalle mille sfumature abbiamo ripreso il cammino e dopo alcune centinaia di metri, alle 11,50 abbiamo raggiunto il secondo laghetto, più grande e anche questo bellissimo.Proseguendo nella splendida faggeta, con le foglie che frusciano sotto gli scarponi e il cinguettio degli uccelli si avanza in una atmosfera da favola e immaginare il bosco tra un paio di settimane, con gli alberi coperti dalle verdi foglioline, fa venire voglia di ritornare. Presa la deviazione a sinistra verso il lago, e, in continua discesa, si attraversano diversi ruscelli che scorrono verso valle, su una comoda strada che in alcuni tratti è lastricata a regola d’arte con grosse pietre.In questa parte del bosco, insieme ai faggi, si trovano numerosi alberi di agrifoglio con le foglie di colore verde intenso che contrastano con il marrone dominante.Alle 12,55 abbiamo abbandonato la strada principale e dopo un centinaio di metri ci siamo fermati su un dosso soleggiato a quasi sei chilometri di distanza dal punto di partenza.Consumato il pranzo e fatte un paio di foto, alle 13,32 abbiamo ripreso la marcia e dopo una ventina di minuti siamo arrivati sul Sentiero Italia, dal fondo molto fangoso , e al lago Maulazzo.Da qui, andando a destra, secondo le indicazioni del CAI, si arriva al bivio per Alcara in mezz’ora e a Portella Biviere in un’ora e dieci minuti .Un bellissimo cartello su una bacheca indica tutti i principali sentieri nel Parco dei Nebrodi, dove ci troviamo e quelli del Parco dell’Etna. Il lago è un bacino artificiale, frutto di un intervento risalente agli anni 80 del secolo scorso.Nelle vecchie carte IGM si può trovare il Pizzo Maulazzo, separato da Monte Soro da un vallone che oggi è occupato da questo placido specchio d’acqua, nato grazie alla costruzione di una diga da parte della Forestale. Non è un’opera fortemente impattante, si scorge appena, e nasce per allentare la pressione dei pascoli sulle faggete e favorirli più a valle.Ma per la sua bellezza, per il contesto pregevole in cui si trova, per la facilità con cui lo si può raggiungere, è diventato una delle principali attrazioni della zona.In inverno cade frequentemente la neve e in alcuni giorni l’anno, quando le temperature scendono sotto lo zero, lo specchio d’acqua si può trovare totalmente ghiacciato.Avvistato un falchetto e due folaghe nel lago dove si sente il gracidare dei rospi.Alle 14,05 imboccata la strada di ritorno, pressoché tutta in salita.La tabella del CAI indica in quaranta minuti il tempo di percorrenza per arrivare da qui a Portella Calacudera, ed il dato effettivamente è realistico , Alberto ha voluto provare e, a passo sostenuto, è arrivato alle macchine alle 14,35 e gli ultimi alle 14,50.La lunghezza complessiva del percorso ad anello che abbiamo fatto, rilevato dalle diverse app utilizzate, è di circa 9, 5 chilometri.Dopo esserci cambiati e messi in macchina abbiamo preso la via di casa arrivando a Portella Femmina Morta alle 15,05, a San Fratello alle 15,30 e a Messina, alle macchine lasciate stamattina, alle 17,05.Anche questa esperienza, che ha permesso a molti di scoprire la bellezza dei nostri territori è stata pienamente gratificante per tutti i partecipanti.