Ciaspolata sull’Etna del 19 gennaio 2025Appuntamento alle 7,30 sotto la scalinata della chiesa di San Giovanni Decollato in via San Giovanni di Malta. Partecipanti : Sergio Bolignani, Angela Paratore, Bruno Manfrè, Veronica Gardelli- Carlo Panzera , Filippo Cavallaro, Sebastiano Occhino, Caterina Trovatello- Matteo Bolignani, Vittorio Manfrè, Alberto Altadonna, Fabio Giacobbe- Rosario Sardella, Teresa Vadalà , Manuela Scarcella, Alberto Borgia. Formazione degli equipaggi e partenza alle 7,40. Arrivo allo svincolo di Fiumefreddo alle 8,20, in attesa di Sergio e Matteo, che erano ancora a Taormina, abbiamo proseguito per Linguaglossa e alle 8, 45 ci siamo fermati al solito Garden bar per la sosta caffè. Quando sono arrivati i ritardatari, che non si sono fermati per il caffè, ci siamo messi in macchina in direzione Piano Provenzana. All’uscita del paese Sergio è stato fermato da una pattuglia di Carabinieri, che, probabilmente insospettiti dalla lentezza con cui viaggiavano , hanno controllato i documenti del guidatore e dei passeggeri. Salendo di quota si è incontrata la prima neve e all’incrocio con la strada per Randazzo tutte le macchine sono state fermate ad un posto di blocco dove gli addetti hanno verificato che le vetture avessero a bordo catene o calze da neve o che montassero pneumatici da neve.Alle 9, 50, arrivati in prossimità dei parcheggi di Piano Provenzana, si è formata una lunga fila di macchine ferme , dopo una attesa di una decina di minuti, Sergio è andato a piedi a ritirare le ciaspole e i bastoncini precedentemente noleggiati e una volta tornato alla macchina, nonostante nel frattempo la circolazione fosse tornata regolare, abbiamo deciso di cambiare destinazione perché a Piano Provenzana stavano arrivando centinaia di escursionisti a bordo di decine di pullman e auto. Siamo tornati indietro verso il rifugio Citelli e alle 10, 40 circa, sulla strada Mareneve, nelle vicinanze della entrata per il sentiero per Monti Sartorius, abbiamo parcheggiato le macchine sul bordo sinistro della strada. La neve era abbondante e compatta e si sarebbe potuto camminare con i soli scarponi, ma tutti, e in particolare i neofiti, hanno voluto provare l’esperienza con le ciaspole e, dopo averle calzate, alle 11, 00 ci siamo messi in marcia.I monti Sartorius, a circa 1650 metri di altitudine, sono costituiti da sette coni piroplastici allineati lungo le fratture eruttive dell’eruzione laterale del 1865 e, unitamente al gigantesco apparato eruttivo secondario di Monte Frumento delle Concazze , alto 2151 metri e all’esteso campo di lave caratterizzano il versante nord orientale dell’Etna. Prendono il nome dallo studioso tedesco Wilhelm Sartorius Freinman Waltershausen che fu tra i primi a riportare cartograficamente le più importanti eruzioni del vulcano. Il percorso, in lieve salita, si snoda tra boschi di betulla e pini larici ed è bellissimo in ogni stagione, ma con la neve assume una particolare dimensione fiabesca.Nel primo tratto abbiamo incontrato numerosi escursionisti provenienti da monte, ma successivamente eravamo praticamente soli.Con una piccola deviazione abbiamo raggiunto, dopo quasi un’ora di marcia, il piccolo rifugio forestale S.E.S., costruito interamente con blocchi di pietra lavica. Sergio ci ha spiegato che, come tutti i rifugi sull’Etna, davanti al fabbricato c’è un pozzo che attinge da una grande cisterna alimentata dall’acqua piovana ivi convogliata. All’esterno c’è un tavolo , una legnaia e una tettoia per accendere il fuoco al coperto. Alle 12,10, dopo avere avuto da Sergio le istruzioni di base per utilizzare le ciaspole ed i bastoncini sui pendii in salita , abbiamo ripreso la marcia in direzione Monte Baracca, camminando anche fuori dal sentiero perché la neve copriva tutta la lava che normalmente rende impossibile il cammino.Alle 12,30 abbiamo costeggiato una recinzione , in buona parte sommersa dalla neve , che delimita una costruzione con il tetto quasi completamente crollato. La strada è quasi sempre in salita, per brevi tratti anche piuttosto ripida, e in parte abbiamo camminato sotto un leggero nevischio. Alle 13,00 circa, abbandonando per alcune centinaia di metri il sentiero 724, siamo arrivati al rifugio del CAI di Linguaglossa Attilio Castrogiovanni, a quota 1784 mslm, sul sentiero 622 di piano delle Concazze , distante circa tre chilometri dalla partenza. Il rifugio è dedicato a Teresa Riggio, come ricorda una targa posta su una parete esterna, affissa dai suoi amici del CAI di Giarre. La costruzione è in muratura in pietra lavica e mattoni ed è a due piani.All’interno, al pianterreno, c’è una grande sala con un camino e un lungo tavolo con panche e al primo piano delle stanzette con reti a doghe di legno.Grazie all’ospitalità del responsabile di una comitiva che stava pranzando all’interno, siamo entrati e abbiamo consumato i nostri panini al caldo e comodamente seduti. Il vino ed il caffè corretto con la grappa, offerti da Angela e Bruno, insieme al cioccolato fondente portato da Sebastiano hanno allietato il nostro pranzo.Fatta una breve consultazione su quale percorso seguire per tornare alle macchine, si è scartata la proposta di Sergio che prevedeva altri sei chilometri di cammino e si è deciso di tornare dalla stessa strada.Alle 13,50, dopo la firma del registro del rifugio, siamo usciti e abbiamo fotografato un bell’ esemplare di volpe che , senza alcun timore, si avvicinava per prendere il cibo quasi dalle nostre mani. Rimesse le ciaspole, alle 14,00, sotto una breve nevicata, abbiamo ripreso la via del ritorno. Dopo un quarantina di minuti Sergio ha proposto di lasciare il sentiero a valle e salire sulla cresta dei crateri per percorrere in quota parte del tratto finale. Non tutti hanno aderito e solo Matteo, Alberto A., Fabio, Vittorio, Veronica, Caterina, Angela e Alberto B. lo hanno seguito sul sentiero natura.La salita, anche se solo di una ottantina di metri, è piuttosto impegnativa e ad un certo punto Caterina ha deciso di tornare indietro accompagnata da Angela.Giunti in cresta il meraviglioso panorama che si apprezzava dall’alto ha compensato la fatica fatta. Matteo ci ha indicato i crateri che si sono aperti su una linea di frattura dove la pressione sulla lava era inferiore rispetto ad altri punti. Sul sentiero in cresta, in molti tratti, la neve non copriva la lava e
Cu c’è c’è a Reggio Calabria del 11 gennaio 2025
Cu c’è c’è del 11 gennaio 2025 a Reggio Calabria Partecipanti: Marcello Aricò, Filippo Cavallaro, Silvia Polito, Carmen Borgia, Alberto Borgia, Francesco Pagano,Antonella Rotondo,Antonella Arena, Danila Castiglione,Franco La Maestra, Antonio Zampaglione, Caterina Ioffrida,Lucia Annunziata, Anna Bellinghieri, Angelo Salvo, Katia Tribulato, Antonella Zangla, Gabriella Panarello, Mike Sfravara, Antonietta Coiro, Giusi Mandraffino, Grimaldo Piazza, Teresa Olivieri, Patrizia Olivieri, Ciccio Briguglio, Donatella Alber, Ivan Bolignani. Appuntamento alle 8,00 e partenza con la nave traghetto Elio delle 8,40Arrivo a Villa San Giovanni alle 9,0 e all’uscita di Arangea, davanti alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Nepomuscemo alle 9,40.Dopo la sosta al bar, ci siamo messi in macchina e alle 10, 15 circa siamo arrivati a destinazione allo stabilimento della Azienda Cilione. La nostra guida, Alberto Arrigo, amico di Antonio Z.e di Patrizia O. é il responsabile commerciale della ditta e nel piazzale destinato alla ricezione dei camion , ci ha parlato delle proprietà e delle particolarità del bergamotto,un agrume di origine incerta, coltivato quasi esclusivamente in una striscia della costa ionica nella provincia di Reggio Calabria, dove è prodotto circa l’80% della produzione mondiale. Ha illustrato sinteticamente le lavorazioni a cui è sottoposto per utilizzarlo integralmente, dalla produzione di oli essenziali , ai prodotti farmaceutici , cosmetici e per uso alimentare.La ditta per cui lavora da diversi lustri ha più di un secolo di vita perché è stata fondata nel 1820 ed è una delle piu importanti tra quelle di dimensioni industriali operanti in Calabria. I loro prodotti vengono apprezzati ed esportati praticamente in tutto il mondo.L’organico aziendale è di trentotto dipendenti , la maggior parte impegnati negli uffici, perché gli addetti alla produzione , grazie ai moderni impianti in gran parte automatizzati, sono ridotti al minimo. I bergamotti che lavorano sono solo in parte di loro produzione, ma la maggior parte è acquistata da coltivatori della zona. Ci sono due linee indipendenti di lavorazione , ognuna, in un turno di otto ore può processare circa 80 tonnellate di frutti. Per produrre un chilo di olio essenziale, venduto a 140 euro, occorrono 200 chili di frutti acquistati a 80 centesimi al chilo quindi , per avere un guadagno , occorre sfruttare al massimo la materia prima, inclusi gli scarti che in passato venivano utilizzati come pastone per i maiali.Quando finisce la stagione del bergamotto la fabbrica lavora i mandarini i cui oli essenziali hanno un mercato nella industria alimentare e cosmetica.Entrando in fabbrica si resta colpiti dalla pulizia degli ambienti e di tutte le attrezzature ed impianti, realizzati interamente in acciaio inox, che lavorano quasi sempre senza l’intervento umano.La spiegazione della nostra guida sulle varie fasi di lavorazione è stata condizionata dal fastidioso rumore di fondo dei macchinari e dal numero dei partecipanti che, dati gli spazi limitati, non sempre hanno potuto ascoltare quello che diceva.Sicuramente sarebbe stato utile visionare lo schema di funzionamento degli impianti in un locale silenzioso prima di accedere agli impianti. Prima di uscire abbiamo ammirato, in un piccolo museo aziendale, le bellissime macchine, veri capolavori di artigianato, impiegate fino agli anni sessanta del secolo scorso per la produzione dell’olio essenziale.Con il nostro cicerone ci siamo soffermati a chiacchierare di altri prodotti agrumari, ed abbiamo capito che il bergamotto non è coltivato in Sicilia non per motivi legati al clima o alla qualità della terra , ma perché non essendo destinato alla alimentazione umana non avrebbero potuto usufruire delle sovvenzioni dell’AIMA (più volte oggetto di truffa da parte dei nostri agricoltori).Ci ha parlato anche della produzione del chinotto e del nome di Neroli, attribuito all’olio essenziale delle arance amare che proviene da quello della principessa Anna-Maria de la Trémoille-Noirmoutiers, seconda moglie di Flavio Orsini, principe di Nerola e duca di Bracciano che la utilizzava ampiamente per profumare il suo bagno, i vestiti e gli ambienti.Prima di lasciare l’azienda è arrivato il titolare, il signor Enzo Cilione che, quando ci siamo complimentati, si è schermito dicendo di essere una persona normale, in una città dove la normalità è una eccezione .Di seguito , virgolettato, riporto l’articolo del 31 ottobre 2022 di Francesco Scopelliti che si trova in rete. ” Dal più di un secolo la famiglia Cilione è impegnata nella produzione della migliore qualità di oli essenziali di agrumi, quali bergamotto, limone, mandarino ed arancio. La storia nasce nel 1820 da un uomo, Antonino Cilione, cresciuto tra i campi coltivati ad agrumi e con una passione incommensurabile per questa tradizione.Ad oggi, la Cilione S.r.l., dopo sei generazioni, è guidata da Enzo Cilione, la cui attività manageriale, ha fatto dell’azienda uno dei maggiori leader del settore essenziero di agrumi, posizionandosi tra i principali specialisti del settore.L’esperienza ottenuta negli anni, la colloca tra i maggiori produttori ed esportatori del Paese di oli essenziali disponibili nelle versioni spremute a freddo, deterpenate, senza furocumarine, senza bergaptene, concentrate e frazionate che sono in grado di soddisfare le richieste dei clienti più esigenti e blasonati nel comparto dei profumieri e della cosmetica, degli aromi e della farmacopea. Varcando i cancelli della bellissima realtà, nella zona sud di Reggio Calabria, si scorge la forza e la “visione” dell’azienda: management e maestranze proiettate nel futuro, senza mai sacrificare la storia e l’ identità di un’azienda da sempre profondamente legata al territorio. In questo percorso Enzo Cilione, assieme alle figlie, presenti nella realtà produttiva, sta ricercando, con dedizione e attenzione, le attrezzature che secoli fa hanno caratterizzato la lavorazione del bergamotto, raccogliendole nel sito produttivo e facendo della sua passione per la tradizione e la cultura della lavorazione dell’agrume, un vero e proprio museo aziendale, in cui gli ospiti entrandovi, avranno la possibilità di rivivere secoli di storia reggina.Tecnicamente, l’azienda si occupa della trasformazione di agrumi per la produzione di oli essenziali, che, attraverso un procedimento costante nell’avanzamento tecnologico, riesce ad ottenere la migliore qualità di oli essenziali su mercato, catturando l’attenzione di grandiindustrie europee ed extra europee, che scelgono di investire nella qualità e nella sostenibilità di ‘Cilione’. Il cui incessante sforzo è quello di includere nel proprio business anche la dimensione sociale e ambientale.“Cilione S.r.l.” racchiude tutti i crismi delle grandi aziende; prerogative in grado di anticipare
Preescursione del 12 gennaio 2025 Dalla dorsale a case Maressa e a puntale La Ruttazza
Preescursione del 12 gennaio 2025 Appuntamento con Carlo Panzera e Filippo Cavallaro alle 8,00 all’edicola di via Palermo. Arrivati alle 8,40 ai ripetitori all’inizio della dorsale dei Peloritani e dopo la vestizione di dieci minuti con indumenti impermeabili ci siamo messi in cammino. Alle 9,30, sotto una pioggia costante ma non troppo forte e visibilità limitata a una cinquantina di metri, siamo arrivati al rifugio case Maressa, a circa tre chilometri dalla partenza. Alle 9,50, sempre sotto la pioggia, abbiamo imboccato il sentiero a mezza costa che conduce a Puntale La Ruttazza . Questo sentiero, scavato nella roccia, conserva un fascino particolare perché si addentra nella fitta vegetazione e a tratti si apre sulla costa ionica e sui villaggi di Tipoldo e Larderia. Da puntale La Ruttazza si potrebbe chiudere un anello che arriva fino al villaggio Mili San Pietro, la pista non è segnata sulla cartografia, ma è relativamente facile da identificare, sia in salita che in discesa, sul nostro sito, nell’area “tracce GPS” è ben documentata. Raggiunta la meta, a quota 955 metri, alle 10,20. Il vento sulla cima, con raffiche molto violente che hanno strappato letteralmente il poncho di Carlo, ci ha costretti a tornare subito indietro. Al ritorno abbiamo in parte seguito un ripido sentiero che zigzagando ci ha portati sulla carrozzabile alcune centinaia di metri prima della salita per Puntale Bandiera. A case Maressa , dove siamo arrivati alle 11,20, c’erano una decina di ragazzi con le moto da cross provenienti da Rometta. Dopo esserci cambiati i vestiti, completamente inzuppati, ci siamo riscaldati al fuoco che avevano acceso i ragazzi che nel frattempo erano ripartiti. Abbiamo trascorso un’oretta senza fare niente gustando i lupini ed altre sfiziosità portate da Filippo mentre Carlo asciugava al calore della fiamma il suo pantalone. Alle 12,15 abbiamo consumato il pranzo e alle 12,50 abbiamo ripreso la via del ritorno. La pioggia era cessata e le nuvole basse creavano un atmosfera da fiaba. Dalla parte del Tirreno era visibile capo Milazzo immerso in una luce molto bella. Incrociato un branco di capre, che secondo Filippo potrebbero appartenere al suo amico pastore di Gimello, con alcuni capretti nati da poco e qualche capra particolarmente fotogenica. Alle 14,00 abbiamo raggiunto la macchina, dopo pochi minuti da quando aveva ripreso a piovere, e alle 14,40 eravamo in città. Percorso complessivo di quasi 12 chilometri . Escursione molto piacevole nonostante la pioggia, o forse anche a causa di essa, su tracciati che , anche se percorsi diverse volte, conservano il loro fascino .
Preescursione del 5 gennaio 2025
Preescursione del 5 gennaio 2025Appuntamento con Carlo Panzera alle 8,00 alla solita edicola di via Palermo.Alle 8,20 siamo arrivati a Musolino ed abbiamo riempito d’acqua la bottiglia e cinque minuti dopo abbiamo parcheggiato la macchina nello spiazzo di Portella Armacera, quasi di fronte alla baracca in lamiera della provincia. Imboccato il sentiero di sinistra, segnato dal CAI, in salita con forte pendenza, per circa 300 metri superiore al 17%, che abbiamo abbandonato dopo quasi 800 metri dalla partenza, in corrispondenza di uno slargo dove c’è un traliccio dell’Enel e il tronco di un albero abbattuto, per procedere all’azimut verso la cima della collina. La traccia è visibile chiaramente, ma è pressoché un sentiero di capre, con fondo irregolare e pendenza accentuata intorno al 15 %. Dopo una quarantina di minuti dalla partenza siamo arrivati in cima. Da questo belvedere naturale si gode un panorama spettacolare sul porto e su tutto lo stretto da capo Peloro a Tremestieri sul versante ionico e su capo Milazzo, fino a Tindari su quello tirrenico.Sulla cima si vede la torretta di Pizzo Chiarino con le antenne dei ripetitori. Proseguendo in cresta, per continuare a ricrearsi l’anima con la vista favolosa del nostro stretto, si incontra il sentiero a mezza costa precedentemente abbandonato e si continua fino ad arrivare ad una recinzione che impedisce di proseguire sul sentiero segnato del CAI.A questo punto non si può fare altro che costeggiare la rete di recinzione , anche nell’ultimo tratto di un centinaio di metri, dove lo stretto sentiero, da percorrere con molta attenzione, si affaccia su un profondo vallone. Alle 9,25, a 1,5 chilometri dalla partenza, siamo arriva al cancello dell’area , da circa due anni rientrata nella disponibilità della Forestale che ha restaurato gli edifici abbandonati e vandalizzati per scopi non ancora definiti. Tornati sulla strada asfaltata, e percorso un centinaio di metri in direzione Quattro Strade, superata una piccola costruzione in muratura con la volta a botte, abbiamo imboccato, sul lato sinistro della strada, un sentiero non segnato che per circa un chilometro e mezzo si inoltra in un bellissimo bosco di castagni. Questo percorso è utilizzato per le gare di mountain bike e , considerata la pendenza e le condizioni del fondo, non si può fare a meno di ammirare i ragazzi che la percorrono a velocità sostenuta.Anche se distante solo poche centinaia di metri dalla SP 55 bis, il silenzio in cui si procede e il colore del muschio sugli alberi crea una atmosfera da favola .Arrivati alle 10,15 sulla strada che, a sinistra conduce al resort di Musolino, a circa settecento metri dall’area attrezzata che abbiamo raggiunto alle 10,30.Dopo una cinquantina di metri sulla strada asfaltata abbiamo deciso di percorrere il sentiero del CAI , che abbiamo imboccato di fronte all’ uscita dell’area attrezzata. Anche questo, in lieve salita, è sul versante ionico e completamente all’interno di un bosco di castagni.Alle 10,55, dopo un percorso complessivo di 5,53 chilometri registrati su Komoot, siamo arrivati al punto di partenza. Secondo la app il tempo di percorrenza registrato è stato di un’ora e trentuno minuti, ma in effetti abbiamo impiegato, incluse le brevi soste, due ore e mezzo. Il sentiero di oggi, sul versante ionico, si presta benissimo per essere inserito nel tracciato del sentiero Mare-Monte-Mare per la bellezza del panorama e, in primavera/ estate, una parte può essere percorsa in un trekking notturno. Prima di tornare in ci siamo andati oltre il centro Polifunzionalie dove inizia la strada per il bosco di Camaro e successivamente alla ex colonia Principe di Piemonte dove c’è l’Oasi San Francesco gestita dalla Legambiente dei Peloritani. Visto da lontano l’edificio sembra in buone condizioni, ma la linea elettrica è stata tranciata da un albero caduto sui cavi. Sarebbe utile rintracciare i responsabili della struttura per verificare la possibilità di collaborare per avere a disposizione i locali come luogo di pernottamento dei camminatori sul sentiero che stiamo definendo.Alle 12,15 arrivo in città.
Preescursione del 29 dicembre 2024
Preescursione del 29 dicembre 2024.Terza tappa del sentiero Mare-Monte-Mare da Campo Italia a Portella Castanea.Appuntamento alle 8,00 con Marcello Aricò, Tonino Seminerio e Antonio Zampaglione. Arrivati a Portella Castanea abbiamo parcheggiato la macchina di Tonino e proseguito tutti sull’altra fino al punto di partenza, a Campo Italia, all’incrocio tra la strada che porta all’ex polveriera e la strada provinciale 44 di Campo Italia. Inizia qui la terza tappa della preescursione per la verifica dei vari sentieri che formeranno il nostro sentiero Mare-Monte-Mare.Partenza alle 8, 35 immettendosi sulla strada, verso destra, in direzione Castanea. Dopo circa 200 metri si incontra ,sul lato sinistro della strada, uno slargo con una edicola votiva dove , più in basso rispetto al piano stradale, c’è una fontana dove si possono riempire le borracce . Superato l’ingresso della Comunità di recupero per tossicodipendenti FARO, a circa settecento metri dalla partenza, all’altezza di un rudere, si prende la strada asfaltata a sinistra che conduce ai ripetitori.La strada è in costante salita , con pendenza intorno al 12% e si godono bellissimi scorci della punta di Capo Peloro con i laghi di Ganzirri, la costa calabra e il mare Tirreno con Stromboli, Basiluzzo e Panarea.Ad una curva c’è uno slargo invaso dalla spazzatura che potrebbe diventare un belvedere panoramico per l’installazione di una BIG BENCH.Arrivati a monte Motterosse finisce la strada asfaltata . La traccia da seguire è quella a destra che costeggia il grande edificio del ripetitore con l’antenna più alta.Prendendo invece il sentiero di sinistra, dopo circa 250 metri, si raggiunge la cima di Pizzo Carbonaro da cui si gode una vista magnifica sulla falce del porto e dello Stretto verso Sud.Tornando sulla traccia la strada diventa un sentiero che si snoda, in leggera discesa, tra un boschetto.Alle 9,50 siamo arrivati ad un bivio, la strada a destra conduce alla provinciale 44, mentre il ramo di sinistra si inerpica sul fianco della montagna .Nel primo tratto si devono aggirare alcuni alberi di eucalipto incendiati, crollati sul sentiero, e dopo circa 150 metri di ripida salita, alle 10,00 siamo arrivati in cima a monte Ciccia, sotto il traliccio dell’Enel , ” sfrigolante” per l’effetto corona, distante circa 3,5 dalla partenza. Da questo punto il sentiero è in ripida discesa ed a causa del fondo, piuttosto sconnesso, si deve procedere con attenzione per evitare scivoloni. Dopo dieci minuti si arriva ad una sterrata e a un bivio.A sinistra la strada conduce verso monte Tidora da dove, proseguendo, si arriva a Ciaramita o a Forte San Jachiddu. Imboccata la strada di destra, in discesa. Sulla cresta della collina, a sinistra , ci sono una serie di piccole costruzioni in muratura utilizzate come postazioni fisse dai cacciatori che, fino a una trentina di anni fa , sparavano agli adorni ( falchi pecchiaioli) che si radunavano nella parte alta della vallata del torrente San Michele in attesa delle correnti ascensionali che li avrebbero portati in Calabria. Poco prima di arrivare al monte Ciaramellaro , c’è una breve rampa in salita e subito dopo il fondo della strada è in cemento con forte pendenza.Alle 10,50 , a cinque chilometri dalla partenza ( inclusa la deviazione di circa 250 metri per raggiungere Pizzo Carbonaro) e dopo due ore e quindici minuti, abbiamo raggiunto la macchina a Portella Castanea. Il nostro sentiero continua nel bosco della Candelara, a circa quattrocento metri sulla strada a destra per Salice, ma da Portella si può tornare a Messina imboccando il sentiero a sinistra , poco prima dell’edicola votiva con la statua della Madonna, che conduce alla località Pisciotto, distante poco più di un chilometro, e dopo al capolinea dell’autobus per la stazione ferroviaria.
Preescursione sul sentiero Mare-Monte-Mare del 22 dicembre 2024
Preescursione su un tratto del sentiero Mare-Monte-Mare del 24 dicembre 2024.Arrivati alle 8,30 al Parco avventura di Portella Piano Verde e parcheggiata la macchina. Temperatura esterna +5° C , vento debole; tempo variabile dopo due giorni di pioggia.Partenza alle 8,35.Presa la strada sterrata di sinistra, dopo 10 minuti , a settecento metri dall’inizio si trova , sul lato destro, un punto doMare-Monte- Mare del 22 dicembre 2024Appuntamento con Tonino Seminerio alle 8,00 all’edicola di via Palermo.ve poter riempire le borracce, l’acqua sgorga da un tubo di plastica che esce da un muretto a secco. La strada è larga e comoda, con ottimo fondo e in leggera discesa. Alle 8,52 siamo arrivati ad un bivio dove c’è una tabella in legno che indica il percorso per mountain bike verso piano verde ( da dove siamo venuti). Si prende la strada a sinistra e, dopo una decina di minuti, si raggiunge una costruzione in muratura, con la porta in ferro scardinata, all’ interno della quale ci sono tre vasche di raccolta dell’acqua convogliata da un canale che proviene dal fondo di un cunicolo. La strada si snoda , in leggera salita, in mezzo ad alberi di alto fusto. Alle 9,14 arrivo a Porte Cassarini dove c’è altro bivio, sulla strada di destra c’è una tabella in legno con l’indicazione “Lacco-Saponara ” mentre quella di sinistra, non indicata, conduce dopo, avere superato una frana, e percorso diversi chilometri alla dorsale dei Peloritani all’altezza di Portella Larderia. Un sentiero ( sentiero Campanaro) sale sulla cima dell’ omonimo colle, da cui lo sguardo spazia sullo splendido panorama di capo Milazzo , delle Isole Eolie di tutta la costa tirrenica e sulle montagne dei Peloritani. . Nello spiazzo alle 9,15 , abbiamo imboccato il sentiero ( poco più di una traccia) che risale il fianco della montagna coperto di vegetazione in direzione Dinnammare. Il sentiero passa all’inizio tra cespugli spinosi di ginestra e piante di erica, perdendosi in più punti tra la vegetazione. La pendenza è piuttosto accentuata e in certi tratti arriva anche intorno al 30%. Proseguendo si entra in un bosco di castagni e successivamente in uno di conifere.Dopo 45 minuti, alle 10,00, abbiamo intercettato la strada provinciale 50 bis che conduce a Dinnammare, dove siamo arrivati alle 10,10.La lunghezza del percorso da Portella Piano Verde a qui è di tre chilometri, gli ultimi 800 metri sono fuori strada, in caso di nebbia ( abbastanza frequente a quest’altezza) in mancanza di punti di riferimento è bene tenersi al centro della salita. Al ritorno abbiamo seguito le indicazioni del CAI, seguendo lo sterrato in discesa e alle 10,45 abbiamo raggiunto la macchina. La lunghezza complessiva del percorso ad anello è di circa 5 chilometri. Visto che era ancora presto ci siamo spostati in macchina a Portella Castanea ed abbiamo parcheggiato la macchina vicino alla costruzione in muratura sul lato sinistro della strada in direzione Salice.Percorsi a piedi alcune decine di metri, di fronte all’ ingresso di sinistra del bosco della Candelara, abbiamo imboccato la larga strada in discesa che si inoltra per quasi un chilometro nel bosco misto dove questa estate è passato il fuoco. La strada non ha sbocco e nella parte finale è delimitata da una incongrua staccionata.Al ritorno, all’altezza, di un tornante, abbiamo imboccato un sentiero, non segnato, che “a naso” si sarebbe dovuto congiungere alla strada .Le prime centinaia di metri sono state facilmente percorribili, ma verso la fine il sentiero non era praticabile a causa dei numerosi alberi incendiati crollati che lo bloccavano . Risalendo alla meglio abbiamo raggiunto la strada asfaltata poco sopra il punto in cui era posteggiata la macchina. Il percorso, da non fare ad anello,ma a/r, si presta bene per un trekking notturno perché ad un certo punto c’è un tavolo della Forestale dove possono prendere posto una quindicina di persone e la lunghezza complessiva non supera i tre chilometri.
Serata conviviale per scambio di auguri natalizi 2024
Scambio di auguri di Natale nella sede della comunità greca 18 dicembre 2024.Partecipanti: Marcello Aricò, Giusi Mandraffino, Manuela Scarcella, Salvatore Rotondo, Angelo Salvo, Daniela De Domenico, Giancarlo Foti, Gaetano Messina, Tonino Seminerio, Antonella Rotondo, Ciccio Briguglio, Francesco Pagano, Sebastiano Occhino, Gabriella Panarello, Giovanni Barbaro, Melina Morabito, Carmelo Geraci, Ileana Padovano, Nina Coiro, Mike Sfravara, Chiara Calarco, Antonella Zangla, Alberto Arena, Mario Sibilla, Paolo Bossa, Antonio Zampaglione, Rosalba Fera, Antonello Gemelli, Lucia Annunziata, Danila Castiglione, Franco La Maestra, Rosario Sardella, Patrizia Olivieri, Donatella Alber, Santinella Rotondo, Luisa Inferrera, Maria Grazia Freni, Caterina Ioffrida, Giuseppe Finanze, Giusi Quartaronello, Alessia Seminerio, Cettina Tricomi, Rossana Gardelli, Angela Paratore, Bruno Manfrè, Loredana Crimaldi, Eros Giardina, Katia Tribulato, Nando Centorrino, Angela Trimarchi, Liliana Chillè .Paolo Bossa ha portato due alberelli di Natale da lui realizzati in lamiera Corten, la cui patina rossatra li rende particolarmente eleganti, ed impreziositi dalle ceramiche di Francesca e Carmen Borgia , ed ha illustrato il suo impegno per la Fondazione Siciliana per l’Oncologia che opera all’interno del reparto di Oncologia Medica del Papardo, con il Presidente Prof. Adamo e la coordinatrice dell’attività supporto al paziente Oncologico Dott.ssa Cacciola.Con il ricavato delle vendite , devoluto interamente alla Fondazione, si acquisteranno creme, trucchi e parrucche per chi è in trattamento chemioterapico e non ha la possibilità di acquistare questi presidi. Presentazione di Marcello della bozza delle attività previste nel primo semestre del 2025 , che riprendono in parte le proposte fatte durante la festa d’autunno del 13 ottobre scorso. Oltre ai classici trekking ci sono gli Happyrecola, i Cu c’è c’è, i trekking notturni i tour urbani che permettono ad una vasta platea di soci di partecipare alle proposte per loro possibili o più congeniali.Ha elencato nuovamente le attività di lunga durata in cui siamo impegnati, a cominciare dal completamento del Sentiero mare- monte-mare , che ,dopo la mappatura e la realizzazione di un libretto esplicativo , verrà proposto, in primis, ai soci e poi a tutti gli interessati. Altre attività in itinere sono gli “Otto mille”,cioè la scoperta di otto cime dei Peloritani di altezza superiore ai 1000 metri e l’ARS Recolapesce una app che permette di inserire le foto di quadri di artisti messinesi o comunque presenti in chiese e altri edifici in città e provincia. Quando è arrivata la focaccia tutti i presenti l’hanno apprezzata, insieme ai dolci, molti dei quali preparati dai soci.Il brindisi finale ha suggellato una piacevole serata conviviale che è stata una occasione per rafforzare i legami tra tutti i soci e fare sentire l’ Associazione una struttura a servizio di tutti.I dolci in eccesso sono stati portati da Francesco e Antonella ai bambini di S.Antonio e sotto è riportato il messaggio postato il giorno dopo sulla chat da Francesco Cari amici dell’ASD Re Colapesce, Grazie a tutti per aver partecipato ieri al nostro incontro di Natale e per aver contribuito con i vostri dolci! La generosità di ciascuno ha reso l’evento davvero speciale. Dato che la quantità di dolci era superiore al necessario, abbiamo deciso di portare quelli in eccesso ai bambini di S. Antonio. Li hanno accolti con grande gioia e gratitudine. Un piccolo gesto che ha reso il Natale ancora più significativo. Grazie ancora a tutti e auguri di cuore!
Trekking a Pezzolo del 15 dicembre 2024
Trekking a Pezzolo del 15 dicembre 2024Appuntamento alle 8,00 all’Immacolata.Presenti: Marcello Aricò, Filippo Cavallaro, Carmelo Geraci,Rosalba Fera, Antonello Gemelli, Francesco Pagano, Antonella Rotondo, Ciccio Briguglio, Lucia Annunziata, Maria Cadili, Manuela Scarcella, Eros Giardina, Maurizio Inglese, Antonio Micali, Rosario Sardella, Sebastiano Occhino, Patrizia Olivieri, Alberto Borgia e due ospiti: Lucia Guarino e Nicola Guarino. Formazione degli equipaggi e partenza alle 8,10. Marcello e Carmelo sono andati a Giampilieri dove hanno lasciato le macchine e, insieme a Rosalba Fera sono tornati a Pezzolo dove li aspettavano tutti gli altri. Alle 9,15, sotto una leggera pioggia , ci siamo incamminati verso la ” prima calata” del secolare sentiero detto“a calata di Bettaci” tornato percorribile da alcuni mesi grazie all’impegno di una decina di giovani del paese che lo hanno ripulito dalla vegetazione che lo aveva invaso negli ultimi decenni e messo in sicurezza alcuni tratti con la realizzazione di gradini, passerelle, ringhiere in canne di bambù etc., rendendolo fruibile a tutti. All’ inizio del percorso , indicato dall’indice di una mano scolpita in un blocco di legno, c’è una antica carta geografica della Sicilia in cui è indicato anche il piccolo paesino di Pezzolo, a testimonianza dell’importanza del borgo nei secoli passati.Il sentiero, che attraversa il paesaggio collinare fino alla contrada Bettaci, era in passato una delle principali vie di collegamento per gli abitanti del villaggio per raggiungere gli agrumeti e le terre coltivate.Arrivati, dopo una mezz’ora di strada , all’inizio della “seconda calata” , abbiamo incontrato Gaetano Girasella, nativo di Pezzolo, professore di matematica e fisica in pensione, persona dalla vasta e poliedrica cultura e soprattutto appassionato ed esperto cultore di storia patria , che ci ha fatto da guida per il resto dell’ escursione, dandoci una gran quantità di informazioni, inframezzate da simpatici aneddoti riferiti a personaggi del paese, molti dei quali da lui conosciuti quando era bambino.Alle 10,10 siamo arrivati al torrente, pieno d’acqua, proveniente dalla sorgente di San Calogero, dove i nostri giovani accompagnatori, coordinati da Giuseppe Spuria, avevano sistemato pedane in legno per rendere agevoli i numerosi attraversamenti. Il professore Girasella ci ha spiegato in che modo, partendo dai materiali esistenti sul posto , con un pesantissimo e rischioso lavoro manuale, veniva prodotta la calce che serviva , mischiata alla sabbia e all’acqua, a preparare la malta.Si partiva dalle grandi rocce di carbonato di calcio, frantumate con l’impiego di cariche di dinamite o polvere da sparo, inserite in fori, lunghi un metro, praticati a colpi di mazza battuti su lunghi scalpelli.Le pietre ottenute a seguito dell’esplosione venivano disposte in ” caccare”, costruite sul posto, in modo da realizzare delle strutture semisferiche successivamente ricoperte da pietre di piccola pezzatura, mattoni e tegole. Su questa base si disponevano 120 fascine di legno povero, per un peso complessivo di quasi dieci tonnellate, a cui veniva dato fuoco.La combustione durava 24 ore e alla fine si otteneva ossido di calcio puro ( calce viva) che, mescolata alla sabbia che si trovava in quantità nel greto del torrente e all’acqua formava la malta usata per cementare i mattoni, portati dalle fornaci della zona, e le pietre di costruzione. L’ imponente ponte , che si presenta quasi all’improvviso,è costruito in pietra e mattoni e risale alla fine dell’Ottocento. È perfettamente conservato e faceva parte di un complesso sistema di irrigazione che alimentava gli agrumeti della zona.Non è stato trovato il progetto, ma il ponte è un vero capolavoro, e colpisce anche per il luogo in cui è stato realizzato.Ha due contrafforti in mattoni, ancorati sui due pendii, larghi due metri e alti cinque metri su cui grava un primo arco del diametro di dieci metri. Sopra a questo ci sono altri tre archi, di diametro inferiore e in alto il camminamento dove c’era il sifone che portava acqua da una sponda all’altra tramite una condotta realizzata con i ” caduzzi” (tronchi di tubi in coccio lunghi circa 80 centimetri, con estremità a maschio e femmina innestati in modo da ottenere una tubazione).L’altezza complessiva raggiunge i ventuno metri e il visitatore è colpito dalle dimensioni e dall’eleganza del manufatto. Il Professore ci ha raccontato vividi episodi relativi al duro lavoro dei contadini e al loro rapporto con i proprietari ( spesso una danarosa famiglia cittadina , Bettaci, Sollima, Crisafi, Langher , che aveva acquistato i terreni espropriati con le leggi eversive al monastero benedettino di San Placido Calonerò) a cui li legava un contratto detto ” a un terzo” che garantiva al proprietario due terzi del ricavato e un terzo al colono che però aveva l’obbligo di ” scugnari ‘u terrenu” , fare i muretti a secco, realizzare le rasole e portare la terra ” a nocciolo” cioè alle dimensioni non superiori di quelle di un nocciolo. In questo stato di pesante sfruttamento, quando la paga giornaliera di un bracciante consisteva in un secchio di limoni, c’era anche chi, con la complicità del sacrestano allungava la giornata lavorativa scandita dal suono delle campane.Il sacrestano , dietro compenso, suonava il Padrenostro a notte fonda , un quarto d’ora prima del dovuto, e quando il bracciante si accorgeva dell’inganno osservando la posizione della stella Venere , doveva sorbirsi questa imprecazione : ” CHI MMI HAVI MALANOVA ‘U SACRISTANU, C’HAVI QUAGGHIARI ‘U SANGU A IDDU, A SO MUGGHIERI E I SO FIGGHI.I SO QUATTRU FIGGHI FIMMINI C’HANNU ARRISTARI INTRA E HANNU ADDIVINTARI CHIU’ ACIDI DU ZZUCU DU LIMIUNI”.Alle 10,45,discendendo il torrente per un breve tratto siamo tornati alla confluenza con il torrente proveniente da Iaddizzi e risalendolo abbiamo raggiunto, intorno alle 11,10, i ruderi di un mulino ad acqua cinquecentesco. Questo mulino veniva utilizzato per la macinazione dei cereali raccolti in zona, ed era un punto di riferimento per l’intera comunità contadina della valle. È rimasto in funzione per quasi quattrocento anni, dal 1568, come testimonia la data scolpita su una pietra , fino al 1955 e il Professore ricorda l’ impressione che faceva , a lui ragazzino, l’ enorme ruota che girava a folle.La ruota in legno, con quindici raggi, aveva un diametro di sei metri e sessanta
Happyrecola del 11 dicembre 2024
Happyrecola del 11 dicembre 2024Emozioni delle traversate dello Stretto– Partecipanti Marcello Aricò, Salvo Rotondo, Ileana Padovano, Gianmichele Sfravara, Giancarlo Foti, Pippo Finanze, Maria De Carlo, Ciccio Briguglio, Mario Sibilla, Gabriella Panarello, Rosalba Cucinotta, Filippo Cavallaro, Angelo Salvo, un amico del relatore Nino Fazio. Inizialmente una presenza scomoda, grazie ad Aurelio, ha rischiato di vanificare l’incontro; risolti dopo intervento personale. Presentazione del relatore da parte del Presidente che ricorda che il primo incontro con Nino Fazio è avvenuto nel 1987 in occasione della sua traversata Vulcani Calava’. Da allora è nato un sodalizio di amicizia pieno di emozioni e avventure. Il relatore, per più di un’ora e mezzo, ci ha intrattenuti con un racconto appassionato. Ha ripercorso la storia delle traversate di cui si ha contezza e che dal 1930 hanno dominato la scena. Primo tra tutti un certo Dominici che all’età di 17 anni, accompagnato da una barca a remi, ha effettuato la prima traversata cronometrata. Via via un notevole impulso e’ stato dato dal gruppo dei calabresi che già dal 1949 hanno iniziato a organizzare gare con traversate di gruppo. Ha parlato dei vari protagonisti di quegli anni, e ha sottolineato la presenza monumentale di Nino Musciumarra, chiamato, non a caso, lo Squalo dello Stretto, che da allora ha formato decine di nuotatori e lui stesso è stato protagonista di numerose imprese. Delizioso aneddoto del 1963 per la partecipazione di una donna americana, Mary Margaret Revell, con una doppia traversata e che Nino è riuscito a rintracciare nel 2008 e con cui ha avuto dei rapporti epistolari simpatici. Negli anni ‘80 le organizzazioni calabresi si sono rivolte al nuoto pinnato e sono aumentate le traversate singole alla ricerca, anche, di battere il record che fece Giovanni Fiannacca nel 1975 con un tempo stratosferico di 30’ 50”. Record che resistette per circa 40 anni. Nino ha anche sottolineato che le performance dello Stretto non dipendono solo dal valore dell’atleta ma da una serie di componenti quali il barcaiolo, la lettura delle correnti, il vento, la pressione atmosferica ecc, perché lo Stretto,quasi nel suo unicum, e’ dominato dalle correnti (montante, dallo Ionio al Tirreno e dalla discendente che va dal Tirreno allo Ionio) in un continuo alternarsi dominato dalla luna. E ancora tante foto e tanti personaggi che sono stati i veri protagonisti degli ultimi 40 anni. Un accenno al nuovo record di traversata individuale ottenuto dal figlio di Nino, Andrea che in una splendida giornata ha fatto fermare il tempo in 30’ 06” e al record della doppia ( andata e ritorno) con 1 h 22’ 23” ottenuto da Nino stesso all’età di 49 anni, nel Settembre del 2010. Poi ha parlato delle traversate di gruppo che in questi ultimi anni hanno avuto un impulso notevole e come la sua organizzazione rivolge una attenzione particolare ai gruppi di disabili. Dal suo racconto trapelava la forte emozione con cui condivideva certi ricordi. Peccato per le poche persone presenti, perché per l’intensità e l’aneddotica, avrebbe meritato un pubblico più numeroso. L’Happy hour puntuale ci ha deliziato con polipo e patate bollite e una insalata di calamari, accompagnata da un buon vino bianco.Questo diario di bordo è stato redatto da Marcello Aricò
Trekking notturno del 6 dicembre 2024 a Musolino
Trekking notturno del 6 dicembre 2024 a Musolino.Partecipanti: Marcello Aricò, Carmelo Geraci, Giuseppe Finanze, Antonella Rotondo, Francesco Pagano, Teresa Freni, Angela Giuffrida, Sebastiano Occhino, Eros Giardina, Manuela Scarcella, Caterina Sartori, Chiara Calarco, Stefania Davì, Serena Policastro, Filippo Cavallaro, Angelo Salvo, Carlo Panzera, Rosario Sardella, Carmela Morabito, Giancarlo Ziino, Antonella Zangla, Maurizio Inglese, Salvatore Cingari, Matteo Lorefice (uno studente di Filippo)Appuntamento alle 20, 00 all’Immacolata, formazione degli equipaggi e partenza. Arrivo all’area attrezzata di Musolino , dove erano parcheggiati due camper, con turisti stranieri, alle 20,35.I ragazzi del camper hanno chiesto a Filippo se potevano restare lì parcheggiati e hanno voluto sapere dove saremmo andati. Lui ha risposto che quello spazio era fruibile e che il nostro trekking sarebbe stato su un percorso ad anello, prima in discesa e poi in salita per tornare lì dove avevamo lasciato le nostre macchine, accanto ai loro mezzi. È stata l’occasione per imparare che il termine inglese ” trekking notturno” non é night trek, come pensava Filippo, ma dark trek. Marcello e Carmelo si sono fermati sul posto ed hanno acceso il fuoco mentre gli altri si sono messi in cammino sulla strada provinciale in direzione Forte Ferraro. Francesco e Antonella, in ritardo sulla tabella di marcia, hanno raggiunto il nutrito gruppo dei camminatori, guidati da Carlo, lungo la strada. Marcello e Carmelo hanno nel frattempo apparecchiato i tavoli e preparato tutto prima del loro ritorno, riscaldando la pentola con i fagioli sulla brace del fuoco acceso in precedenza mentre per Il vin brulè si è utilizzato un fornellino a gas. Il tempo é stato fantastico, non c’era né freddo né vento, cielo stellato con uno spicchio di luna e con la luminosa bellezza della costellazione di Cassiopea sulle nostre teste. Alle 21,30 sono tornati i camminatori, che hanno fatto un percorso ad anello di circa tre chilometri. Matteo, che con Filippo, al buio, chiudeva il gruppo è stato incantato dai tanti funghi che sembravano rifrangere la luce lunare e si avvicinava ad ammirarli e fotografarli.Dopo un quarto d’ora, accomodati nei tavoli della Forestale si è potuta gustare la zuppa di fagioli con i crostini e il vino caldo, insieme ad una ottima torta di mele portata da Angela. Distribuzione delle spillette della attività e alle 22,30 rientro in macchina a Messina. Tutti i presenti, specialmente le new entry, hanno apprezzato la bella serata e la piacevole atmosfera di convivialità. In particolare Matteo é rimasto contentissimo e sorpreso perché tutto per lui è stato inaspettato, compresa la quota, decisamente economica per partecipare alla fagiolata. Questo diario di bordo è stato redatto sulla base delle informazioni ricevute da Carmelo , da Carlo e da Filippo.